Cronaca

A Roma e nel Lazio 59 femminicidi negli ultimi 5 anni, triste primato in Italia

A Roma e nel Lazio 59 femminicidi negli ultimi 5 anni, triste primato tra le città italiane. Nella Capitale 11 stupri ogni 100mila abitanti, una media più alta di quella regionale (9,9) e nazionale (10,7). Diamo i contorni quantitativi del fenomeno violenze sulle donne mentre forse qualcosa si muove nella società civile.

Forse qualcosa è cambiato nell’opinione pubblica, in seguito al femminicidio di Giulia Cecchettin. Saranno stati l’efferatezza del delitto con le oltre venti coltellate, la probabile premeditazione, il tentativo di fuga, il goffo occultamento del cadavere. Il fatto che fossero due bravi ragazzi, poco più che ventenni, di buona famiglia e descritti come degli adolescenti. Saranno state le parole forti e coraggiose di Elena, che invece di commiserarsi per la perdita della sorella, ha lanciato un’accusa contro il Patriarcato ancora imperante. E il padre Gino, che ci ha mostrato un uomo come vorremmo fosse ogni padre. “Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere”.

Femminicidi: insegniamo ai figli ad accettare le sconfitte

Gino Cecchettin ha dimostrato di essere una persona eccezionale, capace di un grande amore per i figli, non prigioniera del sentimento di vendetta e di odio. Con una dignità umana ammirabile. Comprensivo perfino del dolore della famiglia dell’assassino di sua figlia. Tutte qualità che sembravano scomparse nella società italiana di adesso. Qualcosa forse è cambiato negli uomini, che si rendono conto che non si può lasciare sole le donne ad affrontare questo problema. Che i primi a farsene carico debbono essere loro.

A chi è genitore come me, parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possesso e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro”.

A oggi sono 103 i femminicidi in Italia, 8 nel Lazio

Sono 285 gli omicidi verificatisi quest’anno in Italia, di cui 103 donne, compresa Giulia. I dati del Viminale sono di metà novembre. Si fa fatica a stare aggiornati perché ogni due o tre giorni si aggiungono nuove vittime. È il Servizio analisi criminale della direzione centrale della polizia criminale che elabora queste informazioni e ce le restituisce come un bollettino di guerra che riguarda tutte le regioni d’Italia, indistintamente. Dal Piemonte alla Calabria, è una piaga sociale insopportabile anche e soprattutto perché, nel caso dei femminicidi si tratta di uccisioni che avvengono in ambito familiare o affettivo: per mano del partner o ex, per mano di un fratello, un padre, un parente. Un dramma che non si differenzia per ceto sociale o per latitudine mentre l’età si sta abbassando.

Questo è un campanello d’allarme, significa che le nuove generazioni non sono immuni da questa violenza e che non riescono a superare le difficoltà e le crisi affettive in altra maniera. Certo non stiamo parlando della maggioranza dei giovani, ma rendiamoci conto che i femminicidi, gli stupri, gli atti violenti sono pur sempre la punta di un iceberg che galleggia nel tessuto sociale. Non tutti sono di fatto assassini ma probabilmente cresce il numero di chi lo sarebbe in potenza, anche se, per motivi diversi, poi non arriva a compiere il gesto.

I casi più recenti avvenuti a Roma e nel Lazio

L’ultima è stata Silvana Aru, a Roma il 13 ottobre. Egidia Barberio a Primavalle il 30 settembre e Rossella Nappini il 4 dello stesso mese. Maria Michelle Cuso sempre a Primavalle il 28 giugno. Pier Paola Romano di San Basilio il 1° giugno, un omicidio avvenuto nell’ambito delle forze di Polizia, per mano di un collega della Romano, con cui aveva avuto una relazione affettiva. Gli agenti erano entrambe separati dai rispettivi coniugi ma l’uomo non ha accettato la volontà della donna di interrompere la relazione. Oltretutto l’agente Romano era da poco a conoscenza di essere malata di tumore.

C’è poi il caso di Yirel Natividad Peña Santana, uccisa a Cassino il 27 maggio, 34enne dominicana, uccisa con dodici coltellate dal suo ex fidanzato. Agnese Oliva di 94 anni, una madre uccisa dal figlio 61enne il 29 marzo a Roma. Lui si è suicidato e i corpi sono stati trovati in avanzato stato di decomposizione. Martina Scialdone, anche lei 34 enne, uccisa dall’ex compagno per strada al Tuscolano, il 13 gennaio, dopo una lita scoppiata al ristorante, per il solito ultimo incontro chiarificatore. L’episodio destò molta impressione perché la donna s’era rifugiata nel bagno del ristorante e poteva essere salvata, ma quando poi è uscita per strada ha trovato lui con la pistola in mano che aspettava.

Primato a Roma e Lazio nei femminicidi negli ultimi 5 anni

Sabato 25 novembre è stata la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne”, giornali, istituti di ricerca, istituzioni a Roma e nel Lazio hanno prodotto molti più dati e proposte del solito. Nel Lazio, negli ultimi cinque anni, si sono registrati 59 femminicidi e 2.530 violenze sessuali contro le donne, stando alle denunce riportate dalle analisi di Eures per la Uil locale. Il picco massimo di stupri è stato registrato lo scorso anno 2022: 566 su tutto il territorio laziale, di cui 465 a Roma e che fanno registrare alla Capitale una crescita del 25 per cento degli stupri rispetto al 2021. Rielaborati, con una media ponderata, i numeri restituiscono il volto più preoccupante del fenomeno nella Capitale: 1,3 donne stuprate al giorno e 11 stupri ogni 100 mila abitanti. Un dato superiore alla media nazionale (10,7) e regionale (9,9). 

I dati tornano soprattutto con quelli del Dipartimento comunale per le Pari opportunità. Tra il 2021 e il 2022, le strutture residenziali romane dedicate alle donne vittime di violenza e ai loro figli, hanno registrato un aumento del 42,5 per cento di presenze. Alla fine dello scorso anno le donne seguite dai servizi anti violenza, nello stesso periodo, erano il 19,5 per cento in più degli anni precedenti per un totale di 3.214: di queste, 2.066 erano quelle prese in carico dagli assistenti, professionisti e operatori sociali.

Maltrattamenti e persecuzioni sono reati spia della violenza di genere

Il Ministero dell’Interno valuta quelli che vengono definiti come reati spia della violenza di genere. Ovvero quei crimini che sono indice di una situazione che può degenerare in qualcosa di più grave. Si tratta degli atti persecutori e dei maltrattamenti nei confronti di familiari o conviventi. Il dato dei maltrattamenti mostra un incremento preoccupante essendo più che raddoppiati dal 2013 al 2022: passando da 9.713 a 19.902. Il Ministero non può che considerare i reati denunciati. Un aumento delle denunce non sempre va considerato un dato negativo.

Può essere infatti che i reati fossero estesi anche prima ma adesso c’è la volontà da parte delle donne di denunciare. Lo scorso anno il 91% delle persone che hanno sporto una denuncia per il reato di maltrattamenti erano donne. Anche le vittime di atti persecutori, come stalking e simili, sono aumentate dal 2013. Erano 9.689 e dopo dieci anni sono 13.817. Voglio sperare che questo aumento sia dovuto a una diversa consapevolezza da parte delle donne, che denunciano più di prima.

Le violenze sessuali in Italia invece sono state 4.084 (dato delle forze di Polizia) nel 2013. Lo scorso anno sono salite a 5.725! Più 40,2% in dieci anni. Mentre le violenze sessuali di gruppo ammontano a 129 nel corso del 2022 e 136 nel 2023.

Le donne denunciano di più, ma sono ancora poco aiutate

A fronte di questo coraggio tuttavia ancora non c’è stata da parte istituzionale e del senso comune una risposta adeguata ad accogliere e aiutare queste vittime di violenze, maltrattamenti e persecuzioni. Si continua a intervenire sempre e solo in emergenza. La legge richiede che accada il fatto, che ci sia reato, altrimenti non si riesce a bloccare l’uomo che magari è marito o ex, padre dei figli della coppia, per cui conserva dei diritti che pure la legge deve considerare. Ci vuole la flagranza di reato. Purtroppo in questo anche le stesse donne non sono le migliori alleate di sé stesse. Molte sono disposte a giustificare, perdonare, comprendere in nome della famiglia, dei figli, di un’ipotesi di amore ormai tramontata, ma nella quale ancora confidano. Prima di denunciare il padre dei loro figli si fanno massacrare.

Quando una donna denuncia deve esporre prove, date, testimonianze e sottoporsi a interrogatori in cui quasi deve giustificare il proprio comportamento provocatorio nei confronti del compagno. Bisognerà escogitare un meccanismo che consenta di intervenire, in maniera preventiva e coercitiva per tutelare la vita delle donne e quella dei figli, che sono vittime due volte. Resta poi una ulteriore considerazione. Un iter legislativo dura anni in Italia. Comporta spese non indifferenti. Un carico che spesso una casalinga rimasta sola e con i figli, non riesce a sostenere. E dopo la sentenza di condanna? Quando risulterà evidente che l’uomo finirà in carcere o allontanato e lei non riceverà nemmeno l’assegno di mantenimento, che succederà a lei e ai figli?

Chi parla di maschicidi mente per offuscare la realtà delle cose

Ogni qualvolta l’onda della protesta si trasforma in consapevolezza, senso di responsabilità, voglia di cambiare e di fare, subito c’è chi tenta di sporcare il tentativo e bloccare l’avvio di atteggiamenti virtuosi con falsità, luoghi comuni infondati, con frasi fatte. È una tendenza molto in voga di questi tempi da parte di esponenti del pensiero più conservatore e patriarcale, che ancora alligna nella nostra società. Alcuni giornali e giornalisti, che non perdono occasione per mostrare teorie sfacciatamente maschiliste, hanno colto l’occasione per parlare di “maschicidi”: “Le donne vengono uccise dagli uomini quanto gli uomini vengono uccisi dalle donne, solo che non se ne parla“. È un concetto falso.

Le donne rappresentano meno del 3,5 per cento degli autori di omicidi familiari, quelli alla base di un femminicidio. La quasi totalità dei delitti legati al genere avvengono per mano maschile. Come non è vero che siano in aumento gli omicidi di uomini per mano delle donne. Nei rari casi in cui sia la donna ad uccidere un uomo, non sempre si tratta di delitti passionali. Le cause possono essere le più diverse. Al massimo possono essere reazioni a situazioni di violenza, legittima difesa, volontà di tutelare i figli.

Come nel caso di Alessia Mendes, ballerina di lap-dance italo-brasiliana di 39 anni, che uccise il coniuge Alessio Rossi, meccanico disoccupato trentacinquenne, la mattina del 22 giugno 2017. Alessia dimostrò che l’uomo aveva usato più volte atteggiamenti violenti contro di lei e quella mattina “Lui mi voleva ammazzare a coltellate, io l’ho disarmato e colpito a mia volta per proteggermi. Mi aveva già pestato troppe volte in passato”.

Uomini uccisi da donne, per fortuna in calo

A Nuvolento, nel bresciano, a gennaio di quest’anno, una casalinga di 56 anni, Raffaella Ragnoli, ha ucciso il coniuge Romano Fagoni, metalmeccanico, con una coltellata alla carotide davanti al figlio 15enne. Al pm Flavio Mastrototaro la donna ha poi confermato la propria responsabilità. Voleva proteggere il figlio, pesantemente insultato e minacciato dal padre solo pochi minuti prima. Il ragazzo avrebbe confermato agli inquirenti quanto detto dalla madre. Anche l’altra figlia di 25 anni, che vive a Gardone Riviera, avrebbe descritto il padre come una persona autoritaria e poco tollerante.

In termini di valori assoluti, il numero di uomini uccisi da donne è calato nel tempo, passando da 30 a 26 omicidi all’anno. Stando ai numeri, il cambiamento più significativo che si è registrato dagli anni ’90 ad oggi è stato il calo di omicidi tra uomini, che sono passati da 342 a 201 all’anno. Anche le donne uccise da uomini sono diminuite in termini assoluti, ma essendo stata la flessione molto minore, da 149 a 131, il peso percentuale di questo tipo di omicidi è aumentato. In termini percentuali, la media di uomini che uccidono le donne è aumentata nel tempo del 7%, passando dal 28% a oltre il 35%. Quella delle donne che uccidono gli uomini è aumentata dell’1,4%, passando dal 5,6% al 7%.

I negazionisti del femminicidio sono come quelli che “non credono” al cambiamento climatico

Speriamo con questi dati di porre la parola fine al bieco e sciocco tentativo di opporsi al problema del femminicidio con questo patetico vittimismo di uomini dell’ottocento. Mi ricordano tanto i negazionisti del cambiamento climatico, che neanche davanti al 99,9% di scienziati che ne affermano la esistenza, riescono ad ammetterlo e tentano disperatamente di trovare qualche ipotesi contraria, dubbi o reticenze, per poter consentire a chi inquina e minaccia la salvaguardia dell’ambiente, di continuare a incassare profitti e godere dei propri vantaggi a scapito dell’intera umanità.

Carlo Raspollini

Autore e regista televisivo, responsabile marketing, consulente gastronomo e dello spettacolo, viaggiatore.

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