Cronaca

A Roma il corteo “Non una di meno” e a Partinìco donna incinta uccisa da amante

Oggi a Roma il corteo organizzato dal movimento “Non una di meno” sta riempiendo le piazze e colorando le strade di rosa, per dire basta a uno dei drammi sociali del nostro temo: la violenza sulle donne. La manifestazione di denuncia e sensibilizzazione si sta muovendo dalle 14:00 in piazza della Repubblica, e passerà da via Cavour, via Merulana e piazza Vittorio per arrivare fino a piazza San Giovanni alle 20:00 di questa sera. Sono attese circa 50mila persone.

La violenza sulle donne ha raggiunto dei numeri impressionanti e spaventosi: il rapporto della polizia pubblicato ieri 22 novembre in occasione di questo evento capitolino, su “Il fatto quotidiano”, ci dice che le vittime e i carnefici di questo massacro sono soprattutto italiani e non stranieri, che l’82% dei casi di violenza e abuso sono compiuti da parenti e partner i quali possiedono le chiavi di casa o la porta gli viene aperta, e non si introduce dunque a casa della donna con la forza.

Proprio oggi, a Partinìco (Palermo) una donna incinta è stata uccisa a coltellate e il suo amante ha confessato l’atroce delitto, il movente sembrerebbe risiedere nel fatto che la donna voleva confessare la relazione clandestina. Un crimine efferato che deve portarci a riflettere con ancora maggior coraggio sul rapporto tra uomo e donna, sui problemi strutturali del loro dialogo e nella comprensione non solo verbale ma emotiva tra loro. 

Lo slogan della manifestazione è ‘Contro la vostra violenza, saremo in rivolta’, un motto che sembra più una bandiera ideologica che la coscienza di una tragedia sociale profondissima, che va affrontata con la comunicazione pubblica, la sensibilizazione mediatica, ma anche con l’autoanalisi. 

Ne abbiamo parlato con la docente di psicologia e psicoterapeuta Angelica Maoddi: “Viviamo in un’epoca di crisi dei ruoli di genere: l’uomo è diventato padre confidenziale e la donna subisce un processo di emancipazione che però la rende socialmente più mascolina, e questo mette in difficoltà entrambi, sia l’uomo che la donna. Si tratta sempre di un intreccio tra fattori culturali e collettivi e fattori personali legati sicuramente alla prima infanzia, all’accudimento, ai primi imprinting di sicurezza affettiva”. Continua ancora la dottoressa “il messaggio che le donne hanno ricevuto storicamente è quello delle pressioni sociali e degli stereotipi per cui la donna ha bisogno di un uomo”, inoltre continua “anche le donne utilizzano la violenza verbale per provocare, umiliare e mettere in cattiva luce il proprio uomo, e questo crea un corto circuito di vendette e insicurezze reciproche”, infatti “Ia mancanza di un dialogo genuino e spesso anche di una sessualità libera e affettuosa, portano una coppia all’aggressività e spesso purtroppo alla violenza fatale”. Un dato interessante che ci dice, è che sono molte di più le donne a rivolgersi allo strumento della psicoterapia, le donne cercano di comprendere cosa provano davvero e cosa le spinge a comportarsi in diversi modi verso il partner o i figli.

Ricordiamo che esistono consultori psicologici e centri di ascolto per chi sia vittima di abusi e maltrattamenti, ma anche per coloro che sono autori di gesti aggressivi; perché la salute della società passa dalle piazze e dalla riflessione autentica dentro se stessi.

Giulia Bertotto

Laurea magistrale in Filosofia e master in “Consulenza Filosofica e Antropologia Esistenziale". Collabora con il "Lucania Film Festival" e ha pubblicato una raccolta di poesie dal titolo "In caso di Apocalisse" e il saggio "Westworld la coscienza in serie", presentato alla fiera editoriale “Più libri più liberi” di Roma.

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