Addio a Pietro Mennea, la “Freccia del sud”

Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha disposto l’allestimento della camera ardente presso la sede del Coni a Roma per questo pomeriggio

Si è spento stamattina in una clinica di Roma Pietro Mennea, 61 anni, ex campione olimpionico e velocista azzurro, il più grande velocista della storia dell’atletica italiana, primatista mondiale dei 200 metri piani dal 1979 al 1996, medaglia d’oro nella specialità alle Olimpiadi di Mosca del 1980.

Nato a Barletta il 28 giugno 1952 da padre sarto e madre casalinga, da tempo lottava contro un male incurabile.

Mennea iniziò la sua carriera sportiva nel 1971, quando debuttò ai Campionati europei, manifestazione in cui ottenne il terzo posto nella staffetta 4×100 metri e il sesto nei 200 metri. Nel 1972 debuttò alle olimpiadi di Monaco di Baviera, dove raggiunse la finale dei 200 m: suo il terzo gradino del podio, primo classificato il sovietico Valerij Borzov e secondo l’americano Larry Black. Per altre tre volte consecutive (da Monaco 1972 a Los Angeles 1984) riuscì a conquistarsi la finale olimpionica nella specialità dei 200 m, evento mai accaduto prima.

Nel frattempo si classificò primo ai Campionati europei di Roma del 1974 nei 200 m; nei 100 m invece arrivò secondo, dietro al suo rivale storico Borzov. Seguirono prestazioni deludenti, tanto che Mennea decise di non presentarsi ai Giochi Olimpici del 1976. Il pubblico italiano protestò e allora il velocista decise di prendervi parte. Ottenuta la qualificazione per la finale nei 200 m, ottenne il quarto posto. Stesso risultato nella staffetta 4×100.

Nel 1978 a Praga giunse la riscossa: dopo aver difeso il titolo europeo nei 200 m, vinse anche nelle gare a distanze più brevi. Nello stesso anno si aggiudicò anche l’oro nei 400 m piani agli europei al coperto.

Nel 1979 Pietro Mennea, allora studente di scienze politiche, partecipò alle Universiadi che in quell’anno si disputavano a Città del Messico. In quell’occasione non solo vinse i 200 m piani, ma stabilì anche il record mondiale per un tempo di 19″72, oggi ancora record europeo e italiano.

L’anno successivo riuscì a conquistarsi alle Olimpiadi la finale dei 200 m, e vinse anche i 100 m, aggiudicandosi l’oro per 2 centesimi di secondo. Ottenne anche il bronzo nella staffetta 4×400 m.
Il 22 marzo 1983 stabilì il primato mondiale dei 150 metri piani, con 14″8 sulla pista dello stadio Comunale di Cassino, primato ancora imbattuto.

Ai Mondiali di Helsinki vinse la medaglia di bronzo nei 200 e quella d’argento con la staffetta 4×100. Nel 1988 a Seul, occasione in cui Mennea fu anche alfiere portabandiera della squadra azzurra durante la cerimonia d’apertura, dopo aver superato il primo turno delle batterie, decise di ritirarsi.

In tutto quindi il campione azzurro ha conquistato un oro e due bronzi olimpici, un argento e un bronzo ai Mondiali, tre medaglie d’oro, due d’argento e una di bronzo ai campionati europei.

Il velocista ha esercitato anche la professione di avvocato, è stato professore universitario e eurodeputato dal 1999 al 2004. Ha prodotto 20 libri. Nel 2006, inoltre, Pietro Mennea insieme alla moglie Manuela Olivieri ha dato vita alla “Fondazione Pietro Mennea”, una Onlus a scopi filantropici per effettuare donazioni e assistenza sociale a enti caritatevoli o di ricerca medico-scientifica, associazioni culturali e sportive. Grazie a questa Onlus, Mennea è riuscito anche a diffondere lo sport e i suoi valori e a promuovere la lotta al doping.

La camera ardente – Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha disposto l’allestimento della camera ardente presso la sede del Coni a Roma per questo pomeriggio.
Appresa telefonicamente la notizia della morte del campione azzurro, Malagò è subito rientrato da Milano, dove si trovava per impegni di lavoro, annullando così tutti gli impegni istituzionali.

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