Agreekment manda in soffitta Grexit?

di Massimo Persotti

Sarà che dopo 17 ore di trattative serrate una concessione alla battuta serve anche per sdrammatizzare l'atmosfera. Sarà che nell'epoca di Twitter e Facebook la ricerca del colpo 'linguistico' a effetto garantisce facile visibilità sul web. Sta di fatto che lunedì mattina, 13 luglio, raggiunto l'accordo sul debito, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk entra in sala stampa per dare l'annuncio e così si rivolge ai giornalisti presenti: "Good morning. Today, we had only one objective: to reach an agreement. After 17 hours of negotiations, we have finally reached it. One can say that we have 'agreekment'" … "Qualcuno potrebbe dire che abbiamo un agreekment", dice Tusk e un velato sorriso, il massimo che i più si attendono dai grigi frequentatori dei salotti istituzionali di Bruxelles, si accenna sul viso del presidente polacco.

L'hastag #Agreekment in poche ore si diffonde velocemente su Twitter. D'altra parte, pareva illogico pensare che il più lungo vertice della storia dell'Unione Europea non potesse essere suggellato da un neologismo, ultima di una serie di parole macedonia che la crisi di Atene ha ispirato: Grexit, Grimbo, Greferendum, solo per citare le più diffuse.
Che sia un segno del destino che tale feconda attività creativa aperta da un economista (E. Rahbari di Citigroup, suo il Grexit nel febbraio 2012) trovi la parola finale per bocca di un politico, Tusk appunto?

Poche illusioni, la crisi greca è tutt'altro che risolta e Agreekment potrebbe essere solo una ulteriore tappa di questa complicata vicenda e dei suoi fantasiosi neologismi.

 

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