Boom di visite al Complesso del Vittoriano con Alphonse Mucha

Una nuova primavera, quella del Vittoriano, per le esposizioni firmate Arthemisia Group

Il primo fine settimana ha registrato complessivamente 6466 presenze. I tanti visitatori hanno riempito le sale della sede espositiva romana che con la doppia offerta – Mucha e Barbie – ha accolto un pubblico eterogeneo composto anche da famiglie e bambini. Queste le ottime premesse al Vittoriano per il nuovo weekend alle porte.

Sotto l’egida dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano e con il patrocinio della Regione Lazio e di Roma Capitale, la prima grande retrospettiva dedicata all’artista ceco Alphonse Mucha è organizzata e prodotta da Arthemisia Group in collaborazione con la Fondazione Mucha. Curata da Tomoko Sato, curatrice della Fondazione Mucha dal 2007, che ha realizzato numerose mostre su Alphonse Mucha, la mostra al Complesso del Vittoriano – Ala Brasini fino all’11 settembre 2016, presenta oltre 200 opere tra dipinti, manifesti, disegni, opere decorative, gioielli e disegni preparatori degli arredi della Boutique Fouquet a ripercorrere l’interno percorso creativo del massimo esponente dell’Art Nouveau.

Iole Siena, Presidente di Arthemisia Group, presente la scorsa settimana in conferenza stampa, ne ha parlato così:“ La copiosa selezione di opere, presentate per la prima volta a Roma, dà luogo a un'esposizione monografica così completa da ricostruire per intero il percorso figurativo e umano di un grande artista. Un obiettivo impossibile da raggiungere se non avessimo avuto accanto ad accompagnarci in questa ambiziosa iniziativa la Fondazione Mucha che da anni opera per diffondere in tutto il mondo la conoscenza dell’artista.

Un onore per noi lavorare con John Mucha, suo nipote, e la moglie Sarah, che ci hanno guidato e sostenuto con il loro entusiasmo, i racconti e gli aneddoti nella realizzazione di una mostra straordinariamente ricca non solo per il numero ma per l'importanza delle opere. Un privilegio per noi presentarla al Vittoriano, che con questa esposizione si apre a un profondorinnovamento, con l'avvio di una nuova visione imprenditoriale e culturale.” 

Alphonse Mucha (1860-1939) fu uno degli artisti più celebri dell’Europa a cavallo tra ‘800 e ‘900: combinando immagini di donne seducenti a composizioni e layout tipografici innovativi creò originalissimi manifesti. Il nuovo genere di arte visiva presto considerato “stile Mucha”, diventò un’icona dell’Art Nouveau, ad indicare tutta una serie di opere grafiche e oggetti decorativi, caratterizzati dall’uso di linee morbide, forme floreali e richiami fitomorfi per le case liberty dei cultori dell’arte e più tardi come un vero e proprio fenomeno moda.

Nato a Ivančice, città della Moravia meridionale allora sotto l’amministrazione austriaca, dopo una prima formazione pittorica avvenuta in patria e poi a Monaco di Baviera, nel 1887 si trasferisce a Parigi, cuore pulsante dell’arte e della cultura europea, ragione per la quale il suo nome viene spesso associato alla Francia. Qui frequenta Paul Sérusier, conosce Gauguin e i Nabis, i “profeti” simbolisti che intorno a lui si raccoglievano.

Durante il Natale del 1894 il fortunato incontro che cambiò la sua vita e il suo percorso artistico: quello con Sarah Bernhardt, alla ricerca di un cartellonista che per il manifesto dell’opera in cui stava per debuttare e senza qualcuno che la soddisfacesse. L’unico rimasto nel periodo natalizio in città era proprio Alphonse Mucha che in tutta fretta produsse il manifesto. Lo stampatore ne rimase sconcertato: non aveva mai visto nulla del genere: nella sua originale fusione di influssi bizantini e stilemi Art Nouveau, il poster appariva spaventosamente moderno. 

“Sicuramente”, pensò Mucha, “Non piacerà all’attrice”. La reazione di Sarah Bernhardt fu invece immediata, chiedendo di incontrare Alphonse nel suo boudoir. Non appena lui entrò, lei si alzò e gli disse abbracciandolo:“Signor Mucha, lei mi ha reso immortale”. Da quel momento in poi si fece ritrarre solo da lui. Il poster per la nuova pièce teatrale, Gismonda (1894), consacra Alphonce Mucha come il più grande cartellonista del suo tempo: in Francia si comincia a parlare oltre al già citato “Stile Mucha”, della “Donna di Mucha” per definire l’inconfondibile stile delle sue immagini. 

Quando nel 1900 riceve l’invito all’Esposizione Universale di Parigi il pittore ceco è all’apice della sua fama, su tutti i muri si incrociano le sue creazioni, il brand Mucha venne scelto per le più grandi campagne pubblicitarie. Nel 1904, durante una visita negli Stati Uniti, i mass media descrissero Mucha il più grande artista decorativo del mondo.

Al di là di un’opulenza di facciata e di una visione modernista l’artista, poliedrico e versatile nonché un grande sperimentatore di stili e soluzioni diverse, credeva anche nell’universalità dell’arte, auspicando la creazione di un’unione spirituale dei popoli slavi e di tutto il genere umano. L’amore di Mucha per la propria terra e per gli ideali utopici infatti si manifestano nel suo capolavoro, l’Epopea slava (1911-28). 

La mostra, ripercorre con dovizia di particolari e pluralità di opere l’intero percorso creativo dell’artista attraverso sei sezioni tematiche che tratteggiano le diverse sfumature stilistiche e i diversi ambiti di azione ma anche sei aspetti della sua personalità: l’identità boema, la creazione di immagini per il grande pubblico, il cosmopolitismo, il misticismo, il patriottismo e la speculazione filosofica.

Alphonse Mucha fu un artista straordinariamente prolifico e versatile che ha lasciato il segno in diversi campi: a lui si devono infatti non solo manifesti, gioielli, allestimenti d’interni, scenografie teatrali, packaging, articoli di design, ma anche dipinti, volumi illustrati, sculture e fotografie. Noto in patria anche come il “grande ceco”, disegnò le prime banconote e i francobolli della Repubblica ceca. Fu inoltre membro di spicco della massoneria e, dopo la prima guerra mondiale, si adoperò attivamente per la pace e il progresso spirituale dell’umanità. 

“Speriamo  che  sia  gli  ammiratori  di  vecchia data  sia  i  neofiti  trovino  la  mostra  non solo  interessante, ma anche sorprendente, stimolante, esaltante. Mio padre era fermamente convinto che si dovesse rendere l’arte facilmente accessibile al grande pubblico e che un numero più vasto possibile di persone dovesse ammirarla e goderne. Ci auguriamo che la mostra tenga fede ai suoi insegnamenti e riesca ancora una volta a illustrare ai romani gli interessi, le passioni ele inquietudini che animavano la sua visione artistica.” John Mucha – Presidente Fondazione Mucha

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