Cesare Prandelli rinnova il contratto da commissario tecnico della nazionale italiana di Calcio. Prenderà un ingaggio del 20% più alto di quello attuale e con clausole che prevedono l'inserimento del figlio nello staff e anche il controllo delle nazionali giovanili, subentrando di fatto ad Arrigo Sacchi. Inoltre i campionati si svolgeranno seguendo le sue indicazioni, privilegiando l'attività della nazionale a discapito di quella dei club.
Ma non finisce qui; il grande Cesare detta codici etici e regole personalizzate che usa a proprio piacere a seconda del calciatore e della situazione contingente. In realtà con questo contratto egli non di siede sulla panchina della Nazionale ma direttamente sulla poltrona del presidente della FIGC. Con quali titoli, con quali meriti? Non è dato sapere. Un secondo posto agli europei ed un terzo in confederation cup ed una qualificazione per la fase finale in Brasile è forse sufficiente per attraversare l'Atlantico ma non per appropriarsi dell'intero Calcio nazionale.
Lo stile esibito non è dei migliori, aumentarsi lo stipendio e favorire il proprio figliolo stride in maniera assordante con l'inversione di tendenza che il nostro Paese sta disperatamente cercando di attuare. Proprio quello che si contesta ad una classe politica dalla quale gli italiani vogliono dissociarsi. La ciliegina sulla torta è poi che, se la spedizione in Brasile dovesse andar male, Prandelli comunque non rischierà di essere esonerato dall'incarico; comunque vada avrà il futuro assicurato e non è cosa da poco in un mondo dove la precarietà sembra ormai essere diventata una regola fissa.
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