Camorra, maxi sequestro tra Lazio e Campania

La Gdf ha sequestrato beni per 44 mln al clan Mallardo, molto attivo anche a Roma e provincia

A pochi mesi dai sequestri eseguiti nei confronti dei fratelli Dell' Aquila prima e dei fratelli Ascione poi, il G.I.C.O. (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma, in data odierna, ha posto sotto sequestro beni mobili ed immobili per un valore complessivo di stima pari a oltre € 44.000.000 riconducibili agli "imprenditori" Palumbo Michele, Sequino Angela e Russo Francesco Biagio, stretti fiduciari del capoclan Mallardo Feliciano, indiziati di aver organizzato, nel territorio della Regione Lazio, una cellula camorristica federata con il clan di camorra Mallardo, egemone nel comune di Giugliano in Campania (Napoli) e nei territori limitrofi, per conto del quale i proposti reimpiegavano i proventi delle molteplici attività delittuose del clan medesimo.

Le complesse indagini, avviate nel 2013 su delega della Procura della Repubblica di Roma – D.D.A. (Direzione Distrettuale Antimafia), traggono origine dalle investigazioni che il G.I.C.O. ha posto in essere, nel corso degli anni, in particolare sotto la direzione della Procura della Repubblica di Napoli, nel cui ambito sono state approfondite le dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia in ordine all’esistenza di una cellula camorristica associata al clan Mallardo, con ramificazioni estese fino alla Capitale.

Gli accertamenti patrimoniali hanno permesso di ricostruire un vero e proprio gruppo imprenditoriale, composto da diverse società, attraverso le quali i proposti hanno effettuato molteplici ed ingenti investimenti, principalmente nel settore delle costruzioni edilizie – da qui il nome dell’operazione – nonché in quello della distribuzione di combustibile per uso domestico, il tutto per conto della predetta organizzazione malavitosa di stampo camorristico.

In tale contesto, attraverso il portato dichiarativo dei collaboratori di giustizia, è stato svelato, altresì, il cosiddetto "sistema dei mutui", utilizzato per l’effettuazione degli investimenti camorristici, volto non solo a dare un’apparente liceità agli investimenti effettuati che, altrimenti, non avrebbero trovato giustificazione sotto il profilo economico ma, soprattutto, a schermarli e giustificarli, preservandoli da eventuali provvedimenti ablativi. In pratica il mutuo viene acceso soltanto per creare una giustificazione apparentemente lecita all’apporto di denaro liquido. Tale operatività ha consentito ai proposti, ai loro sodali ed ai soggetti giuridici dagli stessi diretti, di mimetizzarsi abilmente con il tessuto sociale ed economico legale, soprattutto in quelle zone situate nell’area nord-est della Capitale, ove non si registravano situazioni di particolare allarme sociale connesse alla criminalità organizzata, realizzando una effettiva commistione tra l’economia lecita e quella illecita.

Come dimostrato dalle investigazioni delle Fiamme Gialle, sono stati infatti effettuati significativi investimenti immobiliari/edilizi, soprattutto nell’area della Capitale e nei comuni a ridosso della stessa (Fonte Nuova, Mentana, Guidonia Montecelio, Monterotondo e Sant’Angelo Romano), oltre che in alcuni comuni della provincia di Napoli, servendosi, per tale scopo, di soggetti giuridici spesso intestati a prestanome.

Proprio partendo da tale assunto, il G.I.C.O. di Roma, interpretando concretamente le direttive impartite dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, ha sviluppato 94 accertamenti economico-patrimoniali, nei confronti di altrettante persone fisiche e giuridiche, finalizzati all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati.

In definitiva, le riportate attività delittuose hanno consentito alla "holding" criminale investigata, di accumulare un ingente patrimonio mobiliare ed immobiliare, del tutto incongruente con il modesto profilo reddituale emergente dalle dichiarazioni dei redditi.

Tale sproporzione, unita alla qualificata pericolosità sociale, ha permesso di richiedere, ai sensi del dettato normativo ("Codice Antimafia"), l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ed il sequestro finalizzato alla confisca dell’intero patrimonio, direttamente o indirettamente riconducibile a Palumbo Michele, Sequino Angela e Russo Francesco Biagio.

I risultati di tali investigazioni, quindi, sono stati partecipati al Tribunale di Roma – Sezione Misure di Prevenzione, il quale, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ha disposto il sequestro di:

– patrimonio aziendale e relativi beni di n. 8 società, con sede nelle provincie di Roma e Napoli, di cui 4 operanti nel settore della costruzione di edifici, 1 in quello della compravendita di immobili, 3 nel commercio al dettaglio di combustibile per uso domestico;

– quote societarie di 4 società, con sede nelle provincie di Napoli e Caserta, di cui 1 operante nel settore della costruzione di edifici, 1 in quello della compravendita di immobili, 1 nel settore della locazione di immobili e 1 nel commercio al dettaglio di combustibile per uso domestico;

– 152 unità immobiliari (fabbricati e terreni), site in Roma e nelle provincie di Roma, Napoli e Caserta;

– 14 autoveicoli;

– numerosi rapporti bancari/postali/assicurativi/azioni.

Il tutto per un valore complessivo di stima dei beni sottoposti a sequestro pari ad oltre 44.000.000 di euro.

Le operazioni in parola, aventi valenza strategica rispetto all’aggressione ai patrimoni accumulati dalle consorterie criminali, al fine di contrastare l’immissione di denaro di provenienza illecita nei circuiti legali dell’economia, hanno comportato l’impiego di oltre 100 finanzieri nel Lazio e in Campania.

Aggredire i patrimoni illecitamente accumulati dalle mafie significa fargli perdere prestigio all’interno del proprio ambiente delinquenziale, privandole del fondamentale strumento di condizionamento delle realtà socio economiche, tradizionalmente occupate e soffocate dall’indisturbata presenza delle loro risorse e del loro controllo.

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