Politica

Carige. Di Maio e M5S al massacro: “Hanno fatto come Gentiloni con Mps”

Tesi dell’accusa: gli interventi predisposti dal governo Conte per evitare il fallimento di Carige sono pressoché identici a quelli che vennero adottati da Gentiloni nel dicembre 2016, per andare in soccorso di Mps. All’epoca il M5S si scagliò contro i provvedimenti tacciandoli di essere dei favori ai banchieri. Oggi si muove allo stesso modo, ma non dà alcuna spiegazione sul cambio di atteggiamento.

Questa omogeneità, prosegue la requisitoria, è di per sé la dimostrazione inoppugnabile che le promesse di palingenesi del M5S sono solo delle chiacchiere vuote. Per cui coloro i quali le hanno fatte, proclamate, strombazzate con estrema sicurezza (e con estremo disprezzo degli avversari) non sono attendibili. Delle due, l’una. O erano in malafede, raccontando mirabilie che sapevano essere impossibili, oppure ci credevano davvero, senza rendersi conto di non avere le competenze necessarie a trasformarle in realtà.

Nell’uno e nell’altro caso, dunque, la bocciatura è totale. E inappellabile. Il MoVimento nel suo insieme, ma in particolare il gruppo dirigente capitanato da Di Maio, è una massa di dilettanti velleitari. Per non dire di peggio.

Se queste contestazioni arrivassero solo dall’esterno, ossia dai detrattori abituali che sono più o meno legati al PD o al PDL, saremmo nel campo dell’ovvio. La novità, invece, è che il “salvataggio” di Carige ha scatenato le polemiche anche all’interno, inducendo numerosi sostenitori a scagliarsi contro la decisione. E a considerarla un tradimento.

“Carige come Mps. Di Maio come Gentiloni”

La difesa ha validi argomenti. Ma validi a una condizione: di vedere le cose in prospettiva futura. Accettando cioè l’idea, o almeno l’ipotesi, che questa sia una mossa obbligata che è legata alle circostanze odierne. Ma che non smentisce affatto l’intenzione di modificare profondamente, nel tempo a venire, i rapporti tra politica e mondo bancario.

Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, lo ha detto in maniera piuttosto chiara durante il question-time di ieri alla Camera: “È stato fatto notare che il decreto legge è analogo al decreto del 2016. È così infatti poiché non è cambiata la cornice normativa dell’Unione Europea in cui il supporto alla liquidità si iscrive”.

Di Maio, a sua volta, aveva pubblicato il giorno prima un post sul Blog delle Stelle, nel quale smentiva a spada tratta qualsiasi analogia sostanziale con i salvataggi del passato. Scrivendo, tra l’altro, “ci batteremo in Europa per riformare il sistema di vigilanza bancaria e faremo la separazione tra banche commerciali e d’affari. Cose che nessuno si è mai sognato di fare”.

A molti non è bastato. E il motivo di questa loro insofferenza, al di là del fatto che abbiano o non abbiano ragione nel merito, non ha nulla di casuale, riportandoci invece ai tre vizi costitutivi del M5S.

Il primo è aver inalberato la colossale sciocchezza dello slogan “uno vale uno”, che mette tutti sul medesimo piano e fa dimenticare che per dire la propria bisogna possedere delle competenze specifiche. Restando su Carige, “ti intendi di normative bancarie, o parli solo perché ce l’hai (a ragione) con il dominio dell’Alta finanza?”.

Il secondo è non aver mai precisato il tipo di società che si vorrebbe edificare in alternativa a quella attuale, a cominciare dal modello economico di riferimento. Puntando più sull’avversione (sacrosanta) per chi ha gestito il potere finora, anziché su dei contenuti inequivocabili, si sono attirate miriadi di scontenti in cerca di rivalsa: omettendo però di verificare se le varie aspettative fossero o non fossero compatibili le une con le altre. Vedi, tanto per dirne una, il problema dell’immigrazione.

Il terzo, infine, è che si è presentato il cambiamento come un processo rapido. Quasi istantaneo. Una specie di miracolo in cui le buone intenzioni si sarebbero immediatamente trasformate in realtà. Detto alla Beppe Grillo: “Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno”.

Okay: e dopo averlo aperto, che cosa ci metterete dentro, esattamente? Un’altra varietà di tonno? Delle acciughe? Del pescespada?

Chi vuole bene al M5S, ovvero allo slancio verso una democrazia autentica, dovrebbe capire innanzitutto questo. Che le cose lasciate in sospeso sono delle cambiali che o prima o dopo andranno pagate: essere tanti e mettersi in marcia non basta, se non si sa dove andare.

Federico Zamboni

Giornalista professionista e molto altro, tra stampa, radio e incontri pubblici. Terreno di caccia preferito: la società occidentale che fa finta di essere libera, democratica, benintenzionata. Nel 2019 ha pubblicato “Loro sono furbi… ma noi possiamo essere intelligenti” (Guida alle tecniche di manipolazione).

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