Categorie: Cronaca

Contratto collettivo nazionale di lavoro per i detenuti lavoranti

Ai detenuti lavoranti deve essere applicato il Contratto collettivo nazionale di lavoro della categoria di appartenenza. Lo ha stabilito la Corte d'appello di Roma – sezione controversie di lavoro, previdenza ed assistenza obbligatoria – lo scorso martedi' accogliendo il ricorso presentato da due detenuti lavoranti delle carceri di Rebibbia Nuovo Complesso e Civitavecchia.

Lo fa sapere in una nota il garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, secondo il quale si tratta di una "sentenza importante ancorché non definitiva, visto che manca ancora un grado di giudizio. I giudici hanno riconosciuto fondate le legittime istanze di due lavoratori e hanno stabilito che i detenuti sono lavoratori come tutti gli altri avendo diritto alle stesse garanzie ed alla stessa retribuzione, sanando così una disparità di trattamento insopportabile data, a parità di lavoro prestato, solo dalla limitazione della liberta' personale".

"La Corte d’Appello di Roma – ha aggiunto Marroni – ha stabilito che il diritto al lavoro, sancito dalla Costituzione, ha lo stesso valore sia per i liberi cittadini che per i detenuti. E’ una sentenza importante che avrà riflessi in tutta Italia visto che, di fatto, la manutenzione ordinaria delle carceri del nostro Paese è affidata ai detenuti lavoranti. Ora vigileremo attentamente affinché l’inevitabile aggravio di costi per le casse del Ministero della Giustizia, legato a tale sentenza, non si traduca in una diminuzione delle opportunità lavorative all’interno delle carceri".

Il ricorso era stato presentato alla Corte d'appello da due detenuti lavoranti. Il primo era stato impiegato come giardiniere dal 2002 al 2006 a Rebibbia Nuovo Complesso, l'altro aveva lavorato come spesino e addetto alla lavanderia nel carcere di Civitavecchia dal 2007 al 2010. Entrambi lamentavano di aver percepito compensi (la cosiddetta 'mercede') inferiori a quelli previsti dal Ccln, di non aver fruito delle ferie e di non aver percepito l'indennita' sostitutiva e, infine, di non aver avuto il trattamento di fine rapporto. In primo grado, entrambi i ricorsi erano stati respinti dal giudice del Lavoro di Roma

Redazione

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