Coronavirus, non si scherza con l’emergenza: pene severe a chi dichiara il falso

I controlli per il rispetto del decreto governativo sono in corso su tutto il territorio laziale

Una donna di Cantalupo in Sabina, in provincia di Rieti, ieri mattina si è recata al supermercato per fare la spesa; la donna – moglie di un uomo risultato positivo al tampone faringeo per il Coronavirus – è stata individuata dalle forze dell'ordine e rischia di essere denunciata per non aver osservato l'obbligo di isolamento imposto per motivi di salute pubblica.

Contro il virus non si sherza e le regole vanno rispettate tutte.

I controlli per il rispetto del decreto governativo sono in corso su tutto il territorio laziale. La norma limita gli spostamenti a ragioni lavorative, di necessità e motivi di salute, attraverso l'esibizione di autocertificazione se avvengono al di fuori del comune di residenza. 

Chi dichiara il falso nell'autocertificazione

Attestare falsamente di doversi spostare per motivi di salute, per ragioni lavorative o per altri stati di necessità integra il reato di falsa attestazione a un pubblico ufficiale: la pena va da uno a sei anni di reclusione. È previsto l’arresto facoltativo in flagranza e la procedibilità è d’ufficio.

Ciò significa che chiunque può segnalare i casi di cui venga a conoscenza e far scattare così automaticamente il procedimento penale.
I pubblici ufficiali hanno l’obbligo di denunciare i reati procedibili d’ufficio di cui vengano a conoscenza. Se non lo fanno rischiano l’imputazione per il reato di omessa denuncia, punito dall’articolo 361 del Codice penale.

Sono pubblici ufficiali, oltre alle forze di polizia e armate anche i vigili del fuoco e urbani, i magistrati nell'esercizio delle loro funzioni, i notai ma anche i medici ospedalieri. Tutti possono comunicare i casi sospetti e far avviare le verifiche.

A questo reato si aggiunge anche la violazione dell’articolo 650 del Codice penale che punisce con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro chi trasgredisce i provvedimenti che vietano di spostarsi senza motivo.

Chi sospetta di avere il coronavirus e non si mette in quarantena

Chi ha febbre, tosse e altri sintomi associati al Covid-19 e non si mette in quarantena rischia, oltre all’imputazione per violazione dei provvedimenti dell’autorità, un processo per lesioni o tentate lesioni volontarie.

Se dovesse infettare persone anziane o comunque soggetti a rischio causandone la morte, l’imputazione potrebbe trasformarsi in omicidio doloso pena la reclusione non inferiore a 21 anni. Infatti in questo modo si accetta il rischio di contagiare altre persone, causandone lesioni o, nei casi più gravi, la morte. La condotta è punita a titolo di dolo eventuale.

La stessa pena si applica a chi ha avuto contatti con persone positive al coronavirus e continua ad avere rapporti sociali o a lavorare con altre persone senza prendere le necessarie e dovute precauzioni o senza avvisarle. Non avvertire amici e conoscenti con i quali si hanno avuto contatti negli ultimi giorni, causando il rischio concreto che contagino altre persone, potrebbe costare la stessa imputazione a titolo di dolo eventuale o quantomeno di colpa cosciente, riporta "Ilsole24ore.com".

Il reato di lesioni superiori a quaranta giorni di malattia è procedibile d’ufficio ed è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Chi è positivo e non lo dice a nessuno

Chi sa di aver contratto il Covid-19 e non lo dice a nessuno, uscendo di casa come se niente fosse, fa sì che la sua condotta risulti connotata dal dolo diretto.
Le imputazioni, oltre a quella di violazione dell'ordine dell’autorità, sono molto più gravi.

Vanno dal tentativo di lesioni e/o di omicidio volontario se si viene a contatto con soggetti fragili o a rischio fino all'omicidio volontario se ne deriva la morte.
A queste ipotesi si applicano gli stessi principi dei casi delle persone sieropositive che sanno di esserlo e non avvisano il partner né adottano precauzioni per evitare il contagio. 

( Ilsole24ore.com )

 

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