Cosa provano gli adolescenti. Come aiutarli a scoprirlo con noi

Quella fascia d’età che va dai 10 ai 14 anni come va trattata? Cosa vogliono? Come rapportarci ma soprattutto come educarli?

E' più difficile educare e insegnare ai preadolescenti oggi?

Quella fascia d'età che va dai 10 ai 14 anni come va trattata? Cosa vogliono? Come rapportarci ma soprattutto come educarli? Non c'è affatto differenza nel rapporto umano tra ieri e oggi tra genitore o insegnante e preadolescente; quell'età è  come l'aragosta al momento della muta che si ritrova per un lasso di tempo breve senza corazza. Una meravigliosa metafora della psicanalista F. Dolto, ripresa da Enrico Castelli Gattinara, nel suo libro "Dieci lezioni sulle emozioni, Cosa provano gli adolescenti. Come aiutarli a scoprirlo con noi", edizioni Giunti. In questo libro l'autore ci mette a disposizione la sua lunga esperienza, la sua assidua osservazione e i suoi studi incentrati sui preadolescenti evidenziando i punti cardine delle necessità primarie per svolgere sia il ruolo di genitore, sia la professione di insegnante. Oggi c'è sì bisogno di una più decisa e più forte presa di considerazione nel tempo e nello spazio di questa età ma è da farsi con i sempiterni affetto-ascolto-considerazione. I ragazzi sono presi più dalla facilità e dal coinvolgimento attivo del gioco digitale, i genitori dalla facilità di tenerli occupati mentre sono indaffarati in altro, gli insegnanti con alunni sempre più alienati, disorientati e anche aggressivi.

Prof. Castelli, come sono questi ragazzi?
Vulnerabili come non mai. E forse per questo capaci – inconsapevolmente – di insinuarsi nelle crepe più o meno grandi della nostra solidità. Sensibilissimi come sono, sanno cogliere le nostre debolezze di adulti e provocarle. Sono curiosi di farlo, incoscienti delle conseguenze possibili, perfidamente impazienti talvolta di vedere cosa succede.

Un adulto come può rapportarsi con loro in un modo giusto?
La giusta distanza permette di non lasciarsi prendere dalle trappole delle nostre debolezze irrisolte smosse da loro.
Occorre essere sufficientemente adulti per non scivolare al loro stesso livello, giocando un gioco che è il loro e non più il nostro. Occorre insomma proteggerci, per non ingannarli e non ingannarci.

Non credo sia solo questione di giusta distanza e di ruolo ben preciso.
«Prova a prenderli sul serio rispettando le rispettive differenze» diventa l’invito che ognuno dovrebbe ripetersi sempre quando si trova in mezzo ai giovani, ancor più di quando si trova in mezzo agli adulti.

Molti insegnanti affermano che è difficile farsi ascoltare dagli alunni di oggi.
È una faticaccia, io gli spiego, che vale la pena, perché poi rimarrà per tutta la vita. Li assicuro…Vedrete…e loro scettici scuotono il capo, si disperano nella fatica, ma poi piano piano mi seguono, imparano e apprezzano e un po’ persino si entusiasmano. C’è chi è più bravo e chi meno, come sempre, ma tutti percepiscono l’importanza di quello che stiamo facendo e che cerco di trasmettergli.

Quali tra tutte le emozioni dei ragazzi di cui parla è quella più pericolosa?
E' la paura. Un leit motiv che si incontra continuamente in loro, è una forza che spinge indietro o che trattiene. Hanno paura di tutto.

E in che modo gli adulti possono contrastarla aiutandoli a crescere?
Dando loro una emozione meravigliosa e meravigliata e sollecitandola con la curiosità: la speranza. Come ha scritto il filosofo inglese Th. Hobbes, essa è tendenza, appetito di conoscenza direttamente legato al piacere di provarlo, piacere della meraviglia e al tempo stesso dell’attesa verso di essa. La curiosità ci proietta in avanti, verso ciò che non sappiamo. Il suo segreto è questa forza spesso irrefrenabile, che ci spinge a comportamenti anche biasimevoli o azzardati. Sia i genitori con le esperienze di vita, sia gli insegnanti con l'apprendimento possono rafforzare la speranza, come sentimento, come emozione, come forza che spinge avanti, con la curiosità della scoperta.

Prendere sul serio implica il saper ascoltare, vale per tutti gli adulti in ogni ruolo?
Sì, ascoltare mantenendo la giusta distanza implica  l’empatia, vale a dire il vivere insieme le cose nella differenza reciproca, il partecipare attivamente e vitalmente all’esperienza che ci viene raccontata, descritta o richiesta.

Dunque piena considerazione da parte degli adulti?
Ciò vale solo se l’ascolto è attivo, non passivo, è la parte forse più faticosa per i genitori e per chi lavora quotidianamente con i giovani, perché non si può mollare un attimo… o meglio non si dovrebbe. Laddove vi si riesce, la relazione diventa costruzione e la vita rivela quanta strada si possa e si debba percorrere insieme.

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