Costa Concordia, avvocato Schettino chiede alternativa alla cella: “Anche lui è un naufrago”

Nel 2022 l’ex capitano Francesco Schettino, accusato di naufragio colposo, potrebbe ottenere una pena alternativa alla detenzione in carcere

Costa Concordia naufragio

Il naufragio della Costa Concordia, uno dei più gravi naufragi della storia italiana, avvenne il 13 gennaio 2012. Alle ore 21:45:07 la nave da crociera impattò contro il gruppo di scogli noti come le Scole, Isola del Giglio. Era comandata dall’ormai tristemente celebre Francesco Schettino.

Naufragio Costa Concordia: Francesco Schettino, misure alternative al carcere

Schettino deve scontare una pena pari a 16 anni di reclusione, le accuse sono colposo plurimo, naufragio colposo, lesioni colpose plurime, abbandono della nave e false comunicazioni. Racconta ai giornali di non aver mai dimenticato le 32 vittime dell’incidente, ma si difende affermando di essere stato usato come capro espiatorio per tutte le responsabilità di quanto successe quella sera.

Da oltre 4 anni e mezzo è detenuto nel nuovo complesso del carcere di Rebibbia. A maggio del 2022 potrà chiedere di essere ammesso a misure alternative alla prigione dopo aver scontato un terzo della pena. Nel 2022 potrà quindi richiedere richiedere misure diverse dalla custodia in cella.

L’appello a Strasburgo, l’avvocato: “Anche lui è un naufrago”

“Aspetto la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per la revisione del processo che dopo 4 anni ancora non si è espressa in merito. E non posso nascondere la mia perplessità per un tempo di attesa così lungo”. Le riflessioni dell’ex ufficiale ci vengono riportate dal suo avvocato Donato Laino, che insieme al collega Saverio Senese.

“Il comandante Schettino ha fatto e sta continuando a fare un percorso psicologico non facile. Anche lui in fondo è un naufrago, pensa e ripensa a quella maledetta notte e a quei trentadue morti.

Lui è l’unico a pagare con il carcere, ma la verità è che all’origine del naufragio c’è stato un errore organizzativo. Si è voluto cercare un colpevole, non la verità” come riportato da La Stampa.

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