A Roma dunque sarà ballottaggio

Arriva il momento di Roma. Pochi giorni ancora e sapremo che aria tira per il nuovo Sindaco

Se dovesse rivincere Alemanno, più che nuovo sarebbe “lavato con Perlana”. E le robe lavate con Perlana non tornano mai davvero nuove. Ma anche le giunte di centrosinistra dei “grandi” Sindaci dal consenso oceanico, erano meno brillanti la seconda volta. Alemanno ha il vantaggio di non poter fare peggio. Sui cinque anni del suo mandato hanno infatti pesato, come un macigno, l’incredibile pressappochismo, il fallimento delle sue idee bislacche, il goffo tentativo di regalare l’ACEA a Caltagirone e, soprattutto, gli scandali di “parentopoli”e l’arresto del suo braccio destro Riccardo Mancini.

Ma il centrodestra, diversamente dalla sinistra “tafazziana”, quando è il momento di votare sa fare quadrato attorno ai suoi uomini, anche se “impresentabili”. Alemanno non è Berlusconi, d’accordo, ma se, nonostante tutto, i sondaggi lo accreditano ancora del 32%, vuol dire che venderà cara la pelle.

Poi ci sono i concorrenti. Numerosi come mai, come se amministrare Roma non fosse un problema ma una vacanza. Sopra tutti Marino, Marchini e De Vito, i più accreditati dai sondaggi. Marino è dato al 35%, De Vito al 14% e Marchini al 12%. Tutti gli altri sono molto distanti, primo dei quali Sandro Medici, dato al 2,5%.

Marino tiene insieme lo “zoccolo duro”, quell’elettorato che vota a sinistra “a prescindere”. Non incanta, ma convince più degli altri. Non piace agli animalisti, per il suo passato di sperimentatore, ma l’accoppiata Prestipino-Cirinnà, garantisce per lui sul fronte della tutela degli animali. La sua concretezza, affiancata dalla macchina organizzativa del PD e dal ritrovato entusiasmo dei tanti funzionari capitolini, cresciuti negli anni di amministrazione del centrosinistra, rendono più che credibile la sua capacità di governo in caso di vittoria.

Marchini, oltre l’innegabile fascino, sembra portare una ventata di efficienza e capacità gestionale; idee innovative e determinazione. Nelle sue parole si percepisce la passione sincera per le sorti di Roma. Sarebbe un ottimo sindaco, ma la presenza nelle sue liste di tanti “riciclati” di centro fa storcere la bocca a molti. Tuttavia piace anche ad una parte dell’elettorato di centrosinistra, scontento di Marino, che potrebbe decidere di sostenerlo nel primo turno per mandare un segnale alla dirigenza del PD romano. Non credo che Marchini Sindaco si farebbe condizionare da nessuno, ma per governare Roma serve soprattutto una squadra e su quella di Marchini potrebbero pesare i veti dei “poteri forti” che lo sostengono. E la mancanza di un partito alle spalle potrebbe renderlo più debole di quanto fu il primo Rutelli.

De Vito è un’incognita. Non tanto per le sue capacità, quanto per i risultati altalenanti del Movimento 5 Stelle nelle elezioni amministrative, dove manca il cemento elettorale della protesta anticasta. Roma non è Parma e il peso della Capitale condiziona più che altrove la scelta degli elettori, incerti se affidare a quelli che per ora sembrano solo dei “bravi ragazzi” il governo di Roma. De Vito è certo di andare al ballottaggio e quindi di vincere. La sua certezza è messa in forte discussione dai sondaggi. Ma è certo che se il Movimento dovesse arrivare al ballottaggio sarebbero dolori per chiunque. L’altra sua debolezza è la composizione della Giunta. De Vito non si sbottona, limitandosi a parlare di curricula in rete e di eccellenze pronte a impegnarsi. Ma è troppo poco per convincere, oltre ai delusi, quel “generone” che a Roma determina sempre il vincitore e che vuole sapere prima da chi sarà guidata la macchina capitolina.

Dunque sarà ballottaggio. Ma tra chi e con quali possibilità di successo? La risposta sembrerebbe ovvia: ballottaggio tra Marino e Alemanno, in un testa a testa all’ultimo voto. Ma prima bisognerà vedere cosa farà, al primo turno, quel 28% di indecisi che sono l’ago della bilancia di tutte le recenti elezioni. Cinque anni fa fu decisiva l’onda emotiva provocata da alcuni delitti che diedero forza alla propaganda di Alemanno sulla sicurezza. Qualunque evento può dunque far saltare le previsioni dei sondaggisti.

Nell’eventuale ballottaggio tra Marino e Alemanno saranno decisive le indicazioni degli altri candidati. A quel punto potrebbero tornare utili anche le modeste percentuali degli outsider come Sandro Medici. L’ex minisindaco del Tuscolano cerca da Marino un “posto al sole” e un suo buon risultato potrebbe far passare in secondo piano anche le chiacchiere malevole sull’acquisto vantaggioso della sua casa di Piazza Cavour.

Quale dei due contendenti saprà convincere gli elettori di Grillo e di Marchini? Gira voce che Marchini, spinto dai moderati della sua lista, sensibili alle sirene delle poltrone, potrebbe optare per Alemanno. Ma per l’affascinante erede dell’unica famiglia romana di imprenditori di sinistra, sarebbe un suicidio di credibilità. Per giunta la sua non è una lista di partito in grado di condizionare gli elettori. Alla fine il suo elettorato si sentirà libero di scegliere, dividendosi magari in parti uguali tra Marino, Alemanno e l’astensione.

Stesso ragionamento per i Cinquestelle. Al ballottaggio, fedeli alla loro linea di non associarsi per contestare tutto e tutti nell’aula consiliare, potrebbero suggerire ai loro elettori di astenersi. Molti lo farebbero volentieri, ma forse non la parte degli ex di centrosinistra, che potrebbe non gradire altri cinque anni di destra in Campidoglio.

Alemanno sembra aver già fatto il massimo con il suo 33%, ma potrebbe raschiare un 37-38% dal ritorno dei voti moderati. Marino potrebbe forse crescere di un altro 5-6% arrivando al massimo al 41%, ma gli basterebbe per vincere avvantaggiandosi dell’astensione. Ma non è detto che ciò avvenga.
Insomma, mai elezione fu più incerta. E per la prima volta, da quando il sindaco di Roma viene scelto dai cittadini, c’è il rischio concreto che ad eleggerlo sia una minoranza assoluta.

I sindaci eletti promettono sempre di essere “il sindaco di tutti”, ma poi nei fatti dimostrano che non è vero. Stavolta, chiunque dovesse vincere, sarebbe il sindaco di pochi. Ma chissà se sarebbe un male.

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