Eco-catastrofismo, l’attivista Shellenberger: “Scusateci per l’allarmismo”

Il ricercatore americano chiede perdono a nome degli ambientalisti: “Abbiamo fuorviato il pubblico, i cambiamenti climatici non sono la fine del mondo”. E già scattano le ritorsioni

michael shellenberger

L'ambientalista Michael Shellenberger

Che l’eco-catastrofismo sia un business non lo scopriamo certo oggi. C’è chi, per dire, ci si sta costruendo un’immagine anche a spese dell’istruzione scolastica. E c’è chi ci ha rivitalizzato una carriera (politica) in fortissimo declino giungendo a vincere premi Oscar e Nobel. Eppure, come affermavano gli antichi, veritatem laborare nimis saepe aiunt, extingui numquam. Si dice che la verità soffra spesso, ma non muoia mai. E oggi ha il nome e il volto di Michael Shellenberger.

Eco-catastrofismo, il mea culpa di Shellenberger

«A nome degli ambientalisti di ogni dove, desidero chiedere formalmente perdono per il panico che abbiamo creato negli ultimi 30 anni sul clima. I cambiamenti climatici sono reali, solo che non sono la fine del mondo. Non sono nemmeno il più grave tra i problemi ambientali».

Si apre così la confessione di Michael Shellenberger, «un attivista del clima da 20 anni e un ambientalista da 30», come lui stesso si descrive. Nonché fondatore di Environmental Progress (un’organizzazione di ricerca e politica che si batte per l’energia pulita), inserito dal Time tra gli Eroi dell’Ambiente nel 2008.

Queste premesse spiegano perché il mea culpa del ricercatore americano, pubblicato anche dalla sua organizzazione, stia facendo così tanto rumore. «Sento l’obbligo di scusarmi per quanto gravemente noi ambientalisti abbiamo fuorviato il pubblico» ha ammesso, elencando «alcuni fatti che poche persone sanno». Fatti che provengono «dai migliori studi scientifici disponibili», compresi alcuni condotti o accettati da enti come Fao o Ipcc. L’Intergovernmental Panel on Climate Change (Pannello intergovernativo sui cambiamenti climatici) che fa capo all’Onu ed è corresponsabile del documentario da Nobel (sic!) Una scomoda verità.

Una scomoda verità

Ed ecco la scomoda verità di Shellenberger.

– Gli uomini non stanno provocando una “sesta estinzione di massa”.

– L’Amazzonia non è “il polmone del mondo”.

– I cambiamenti climatici non stanno aggravando i disastri naturali.

– Dal 2003 gli incendi sono diminuiti in tutto il mondo del 25%.

– La quantità di terra che utilizziamo per la carne (l’utilizzo più esteso di terra fatto dall’umanità) è diminuita di un’area grande quasi come l’Alaska.

– L’incremento di combustibili legnosi e di case vicine alle foreste, non i cambiamenti climatici, spiega perché in Australia e in California ci sono più incendi, e più pericolosi.

– Le emissioni di anidride carbonica calano nella maggior parte delle nazioni ricche e in Gran Bretagna, Germania e Francia diminuiscono dalla metà degli anni Settanta.

– I Paesi Bassi si sono arricchiti, non impoveriti, adattandosi alla vita sotto il livello del mare.

Produciamo il 25% di cibo in più rispetto al nostro fabbisogno e le eccedenze alimentari continueranno ad aumentare mentre il mondo si riscalda.

La perdita dell’habitat e l’uccisione diretta di animali selvatici rappresentano per le specie minacce peggiori dei cambiamenti climatici.

– I combustibili legnosi sono di gran lunga peggiori dei combustibili fossili per le persone e la fauna selvatica.

Prevenire future pandemie richiede più agricoltura “industriale”, non meno.

Apocalypse Never

C’è chi ritiene che quella di Shellenberger sia solo un’operazione di marketing tesa a favorire le vendite del suo nuovo libro Apocalypse Never (Mai l’Apocalisse). Se anche fosse, non significa che le sue dichiarazioni non siano autentiche – tanto più che sono suffragate dalla scienza.

La tesi fondante del volume è che «ci sono prove schiaccianti che la nostra civiltà ad alta energia è meglio per le persone e la natura della civiltà a bassa energia a cui gli allarmisti vorrebbero farci tornare». Tra i punti salienti, il fatto che il 100% delle energie rinnovabili richiederebbe l’aumento della terra utilizzata per l’energia dall’odierno 0,5% al 50%. Che l’allevamento di bovini ruspanti richiederebbe 20 volte più terra e produrrebbe il 300% di emissioni in più. Che l’approccio colonialista alla conservazione dei gorilla nel Congo ha prodotto un contraccolpo che potrebbe aver determinato l’uccisione di 250 elefanti. E che la cosa più importante per ridurre l’inquinamento dell’aria e le emissioni di carbonio è passare dal legno al carbone al gas naturale all’uranio.

Shellenberger ha scritto di aver voluto pubblicare Apocalypse Never dopo che l’eco-catastrofismo è uscito «fuori controllo». Come esempi, ha citato la deputata del Congresso Alexandria Ocasio-Cortez, secondo cui «il mondo finirà in 12 anni se non affrontiamo i cambiamenti climatici». Extinction Rebellion, il più importante gruppo ambientalista britannico, secondo cui «i cambiamenti climatici uccidono i bambini». E Bill McKibben, il più influente giornalista verde del mondo, secondo cui i cambiamenti climatici sono «la più grande sfida che l’uomo abbia mai affrontato» e «distruggeranno le civiltà».

Il climatologo Tom Wigley ha sostenuto che Apocalypse Never «può ben essere il libro più importante mai scritto sull’ambiente». E, tuttavia, ha aggiunto che forse Shellenberger si è «spinto un po’ troppo in là e dovrà difendere questo articolo per molti anni».

Eco-catastrofismo e clima di terrore

Shellenberger ha affermato di non aver voluto parlare a lungo dell’eco-catastrofismo principalmente per due ragioni. La prima è che era imbarazzato, avendo contribuito a diffondere le farneticazioni sul climate change. La seconda è che aveva paura.

«Sono rimasto in silenzio sulla campagna di disinformazione sul clima perché temevo di perdere amici e finanziamenti. Le poche volte che ho trovato il coraggio di difendere la climatologia da coloro che la distorcono, ho subito dure conseguenze. Quindi per lo più sono rimasto inerte e non ho fatto quasi nulla mentre i colleghi ambientalisti terrorizzavano il pubblico».

Quest’ultima motivazione è particolarmente interessante, perché conferma che le eco-balle rappresentano sia un business che una sorta di dogma. Che affonda le sue radici nel Malthusianesimo, la dottrina economica che lega la povertà e la fame nel mondo al rapporto tra popolazione e risorse. Un’ideologia, “figlia” dell’economista Robert Thomas Malthus, che «è stata ripetutamente sfatata per 200 anni ma è ancora più potente che mai».

«L’ambientalismo ha sostituito il socialismo come la principale religione laica» commentava non a caso il grande fisico e matematico Freeman Dyson. E, in effetti, la rivista Forbes – la prima a pubblicare l’articolo di Shellenberger – lo ha rimosso con quello che suona come un pretesto. La violazione delle «linee guida sull’autopromozione», perché nello scritto si parlava di Apocalypse Never. Anche dando al magazine il beneficio del dubbio, le tempistiche appaiono quantomeno singolari.

La sensazione, cioè, è che i paladini dell’eco-catastrofismo tengano meno alla verità che alle loro tesi precostituite. E che ci sia un solo clima che sarebbero disposti a difendere a ogni costo. Quello di terrore da loro stessi instaurato.

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