Economia, Paolo Barnard: “la strada per salvare l’Italia”

Lo stipendio, dice Barnard, deve servire a tre cose: pagare le tasse, spendere per se stessi, e risparmiare privatamente

Poco più di anno fa, a Fiumicino, location Hotel Cancelli Rossi. Sulle locandine appese, si legge: “Ci hanno tolto il Lavoro. Ci hanno tolto i Risparmi. Ci hanno tolto i Diritti. Possiamo riprenderci ogni cosa: piena Occupazione, pieni Servizi Pubblici, piena Crescita”.

L’economia non è uno dei problemi da risolvere, l’economia è "il problema" da risolvere.
Anche la diffusione della precarietà nel mondo del lavoro, ad esempio, non dipende dall’introduzione dei modelli di lavoro flessibile, ma dalla debolezza della situazione economica. Infatti – sempre rimanendo in tema di diritto del lavoro – fino a quando il nostro Paese ha conosciuto la crescita economica (anche quando questa era più debole), la disciplina del lavoro flessibile non ha determinato un eccessivo ricorso ai contratti a termine; anzi, secondo i dati Istat, la percentuale dei contratti a termine, in relazione alla forza lavoro, è cresciuta dal 13,2% nel 2000 al 14% nel 2008, determinando un aumento dell’occupazione complessiva, poiché non ha influito sui rapporti di lavoro stabili a tempo indeterminato che, nello stesso periodo, e sempre secondo i dati Istat, hanno conosciuto un incremento dalle 13.344.000 unità nel 2000, alle 15.053.000 unità nel 2008.

Non si deve quindi pensare che i posti di lavoro si possano creare per legge. Bisogna, piuttosto, che il legislatore si occupi di creare le condizioni affinché ci sia l’incremento del lavoro stabile. E questo obiettivo si può conseguire solo operando un lavoro preliminare, e quindi investendo adeguatamente su politiche occupazioni e di istruzione e formazione. Ma quando il legislatore opera in un determinato contesto storico, non può farlo ragionando secondo parametri standard, ma sempre calandosi nella realtà contingente.

Proprio quest’ultimo è lo spunto di riflessione che la MEMMT (Mosler Economic Modern Money Theory For Public Purpose) si propone di offrire. Si tratta di un programma economico, elaborato dall’economista statunitense Warren Mosler, che si propone di diventare la scelta politica economica nazionale. Ancor più oggi, ancor più in Italia. E che il giornalista Paolo Barnard, autore de ‘Il più grande crimine’, ha presentato a una platea attentissima.

Barnard avvia la sua riflessione partendo da un tema fondamentale: i problemi che sono conseguiti dal passaggio da un’economia pubblica a un’economia privata. Non che sia sbagliata la scelta di privilegiare l’economia privata. Però, come riferisce il giornalista, è necessario tenere bene a mente dei punti chiave dai quali non si può prescindere, e che devono orientare la politica economica in questo passaggio delicato.

Primo fra tutti, il ROE (return on equities), che è un indice di redditività del capitale proprio.
Il ROE, quindi, esprime i risultati economici di un’azienda, che viene ‘giudicata’ in base a quanto frutta in termini di return on equities (termine, quest’ultimo, che si traduce: investimenti).
“Dal 1980 in poi, in Italia – ha dichiarato Barnard – si è sviluppata una retorica del privato che ha dimenticato di parlare di ROE. Tutti invece avremmo dovuto imparare cosa vuol dire, perché quando si sposta il potere di creare economia dal pubblico al privato, questo è il primo passo da compiere. Il return on equities è un obiettivo intrinseco del privato”.

Il secondo pilastro fondamentale, è il ‘pro-ciclico’. Vuol dire che il privato è per definizione pro-ciclico.
Per capirci: quando, ad esempio, il sistema economico è in fase recessiva, automaticamente le condizioni economico-finanziarie delle imprese tendono a deteriorarsi.

Il terzo ed ultimo assunto è la cosiddetta 'domanda aggregata'. Con questa formula si intende la domanda di beni e servizi formulata da un sistema economico nel suo complesso, in un dato periodo di tempo. In altre parole: qualcuno chiede qualcosa e paga, se può pagare. La domanda aggregata, quindi, rappresenta la potenzialità di sfruttamento della capacità produttiva globale di un dato sistema economico.
“Se cala la domanda aggregata perché l’economia va in default, di conseguenza crolla tutto”, ha spiegato Barnard. “Il settore privato chiude – ha proseguito – il ROE cala e l’economia chiude”.

Di cosa c’è bisogno, quindi, perché vengano arginati i pericoli? Barnard spiega che ci deve essere sempre una rete di sicurezza, rappresentata dal Governo, e cioè, dalla finanza pubblica.
Seguiamo il ragionamento di Barnard, e immaginiamo di essere seduti ad un tavolo da gioco. Noi, e altri due sfidanti. Noi siamo i privati cittadini. Poi c’è il Governo. Il terzo sfidante è il settore Estero che, però, non è un settore affidabile. È del tutto improbabile che tutti e tre usciremo vincitori. È, invece, più probabile che a vincere sia uno solo, o due di noi.

Se a vincere è il privato cittadino, è necessario che a perdere (in senso figurato) sia il Governo e il settore Estero. O solo il Governo. Ma questo è possibile solo in termini di sovranità monetaria quando, cioè, è il Governo stesso a decidere di ‘perdere’ per far vincere i cittadini.

Oggi, questo non è possibile, perché non c’è uno Stato che decide di vincere o perdere. Oggi, il capo supremo è la BCE (Banca Centrale Europea). Al di sotto, si posizionano le Banche e gli Istituti Finanziari. Agli ultimi gradini, si trovano i Governi e (ancora più in basso) i cittadini.
“Questa è l’Eurozona”, ha commentato ironicamente Barnard.

Secondo i dati della Ragioneria di Stato, riferisce Barnard, nel 1998 avevamo il debito pubblico alle stelle, eppure quelli erano ancora gli anni della ricchezza. Ecco perché Barnard definisce la perdita del Governo come una perdita in senso figurato: non ci sono soldi reali che lo Stato italiano deve pagare a se stesso. Invece, in un quadro internazionale, il debito pubblico non è più dello Stato verso se stesso, ma nei confronti di qualcun altro.

Sempre secondo quanto illustrato dal giornalista nel corso della conferenza, negli anni ’90, l’Italia era una delle economie leader dell’Unione Europea con una crescita media annua del 2% nonostante l’inflazione al 5,8% e un disavanzo pubblico del 9,4%. Oggi, invece, l’inflazione è dell’1,2%, il disavanzo pubblico è del 3,4% e la crescita media annua, però, è sotto lo 0.

E ancora, nel 1980 l’inflazione era del 21,29%, con un risparmio medio del reddito pari al 25%.
Nel 2009, l’inflazione era dello 0,8%, ma il risparmio era del 6,8%. Questo vuol dire che, sempre in una situazione di sovranità monetaria, “il debito dello Stato – ha spiegato Barnard – è l’attivo dei cittadini e delle aziende”. Si tratta di un investimento pubblico che produce un guadagno per il privato.

È necessario, quindi, che uno Stato mantenga la sua sovranità monetaria, il monopolio nella produzione di moneta. Oggi, invece, il monopolio della moneta, in Europa, appartiene alla BCE.
Oltretutto, sono stati introdotti degli obblighi che, secondo Barnard, sono tutti a discapito dei privati cittadini. Ad esempio, “il pareggio di bilancio è anticostituzionale – ha proseguito ancora – lo Stato ti da 100 e tu cittadino devi ridare 100. Questo è del tutto inconcepibile in una Repubblica che dice di essere fondata sul lavoro”.

Perché, dice Barnard, lo stipendio deve servire a tre cose: pagare le tasse, spendere per se stessi, e risparmiare privatamente.

Sulle tasse, si apre un capitolo nuovo. Barnard ha informato che la MEMMT ritiene che l’unica tassa da mantenere in vita sia quella sull’immobile, e che tutte le altre vadano abolite. In questo modo, secondo la Mosler Economics, si ridurrebbe anche l’evasione fiscale poiché non avrebbe senso evadere solo un’imposta. E voi, Italiani, potreste metterci la mano sul fuoco?

Secondo Barnard, le tasse sono nate come termostato dell’economia. Nel tempo, si sono trasformate in sanguisughe dell'economia stessa. Le tasse nascono come imposte sulle monete, non come finanziamento alla spesa pubblica. La moneta deve esistere affinché esista lo Stato, e perché si affermi la sovranità di quella moneta, lo Stato deve tassarla, così da impedire l’uso di altre monete.
Non servono quindi a finanziare lo Stato, perché, secondo il ragionamento di Barnard, lo Stato da ai cittadini la moneta, non il contrario.

In regime di moneta sovrana, le tasse hanno 4 compiti specifici:
1) controllo dell’inflazione: in questo caso le tasse vengono leggermente alzate;
2) controllo della domanda aggregata: per favorire la domanda aggregata, le tasse devono essere abbassate;
3) impedire i monopoli privati;
4) non finanziare la spesa pubblica, perché in regime di moneta sovrana lo Stato può decidere di finanziare qualunque settore per tempi illimitati.

L’unica salvezza, secondo la Mosler-Barnard, è l’uscita immediata dall’Euro. “Perché il nostro Paese può ancora essere salvato”, ha concluso Paolo Barnard.

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