Elezioni 25 settembre e le liste antisistema: voto o non voto?

Il dilemma di coloro che non abbracciano la lettura “mainstream” proposta a reti unificate: è davvero utile l’astensionismo?

Gianluigi Paragone e Marco Rizzo

Gianluigi Paragone e Marco Rizzo

Voto o non voto? Questo è il dilemma.

Usciamo da un lungo periodo che ha messo sotto pressione tutti per vari motivi. Prima la pandemia, poi la guerra, le crisi di governo, la scelta di un fuoriclasse come Draghi alla guida del Paese, e ora, per una mossa inaspettata dei 5 stelle, ormai allo sbando, si torna alle urne per dare voce al popolo italiano e trovare una soluzione ai tanti problemi: il caro bollette, la crisi internazionale, la gestione di un virus che ancora potrebbe spaventare e le doverose restrizioni del caso. Questo è ciò che la quasi totalità della popolazione pensa, ovvero ha ben fissato in testa per apprendimento della narrazione istituzionale e per incessante ripetizione a mo’ di mantra di tutti i canali ufficiali, quotidiani e periodici.

La visione di coloro che non abbracciano la visione “mainstream”

Poi, c’è un’altra parte della popolazione, additata senza mezze misure come negazionista complottista no mask no vax che, invece, vede tutto questo periodo come un tentativo di svuotare la democrazia, sottomettere la popolazione, imporre una vaccinazione di massa e impoverire le classi meno abbienti, con manovre di potere che hanno portato alla nomina del banchiere Draghi, uno squallido arrivista a detta di Cossiga, come capo del governo e dunque liquidatore del Paese.

Pur leggendo la situazione seguendo il secondo orientamento, devo dire che alcune visioni disfattiste e catastrofiche sono più frutto della depressione innata dei singoli, di una sorta di bisogno autolesionistico, che non di una misurata lettura del reale che, peraltro, come ogni forma depressiva, può portare all’inasprimento a proprio danno della nefasta azione subita.

Il dilemma: votare liste antisistema o non votare?

Da qui si sviluppano tre gruppi di pensiero, anziché i due succitati, nella visione della opportunità o meno di votare. Quelli che voteranno per i partiti cosiddetti tradizionali che tutti insieme hanno sostenuto il governo Draghi, compresi i tenui o addirittura falsi oppositori, credendo che esista e sia sempre esistita una dicotomia tra partiti di sinistra e destra, dibattendo addirittura di rischio al ritorno di un fascismo che non riescono a capire si sia già ampiamente riproposto nella sua nuova forma tra lockdown, pass di ingresso e inoculazioni di massa del popolo bestiame, minori inclusi.

Il gruppo dei sostenitori dei nuovi partiti del dissenso che da Italexit a Vita a Italia Sovrana e Popolare con Rizzo e Toscano fino al partito Alternativa per l’Italia del duo Adinolfi-Di Stefano, si impegnano a contrastare questo regime bianco sbiadito, ma quanto mai violento e fermo nei suoi intenti. Resta vivo il malcontento legato alla mancata unione dei quattro principali partiti antisistema e questo è uno degli aspetti fondanti del terzo gruppo di pensiero: i non votanti.

Il non voto consapevole si somma agli astenuti

I non votanti sono formati dagli astensionisti classici ovvero i delusi dalla politica, i disinteressati, i pigri, quelli che preferiscono restare al mare e, in più, si aggiungono questi nuovi astensionisti consapevoli che preferiscono definirsi non collaborazionisti; attraverso il loro non voto privano del consenso i nuovi partiti, anche quelli che si dichiarano antisistema. Si tratta di una visione totalmente negativa in cui ci troviamo di fronte a vecchi truffatori e nuovi lupi travestiti da agnelli e, di fatto, il nuovo non voto consapevole finisce per sommarsi al gruppo degli astenuti.

Esiste infine una teoria da ascriversi a un vecchio adagio dell’illustre Andreotti Giulio (*vedi nota in fondo all’articolo), secondo il quale la politica temerebbe un’astensione pari al 60% dei votanti che farebbe scattare l’allarme di pericolo perché, a tal punto, il popolo stanco finalmente acquisirebbe un potere, la forza esplosiva di una rivolta latente.

Il mondo è bello perché è vario.

E per chiudere l’articolo altro non mi resta che la chiusura alla urne del noto personaggio Ametrano del film Bianco Rosso e Verdone che dopo uno sfogo di scarsa comprensione di fronte al seggio conclude con un lapidario Andate tutti a pija ‘nder culo!

E mette la scheda nella buca dell’urna.

*N.d.r. Stefano Andreotti, figlio secondogenito di Giulio, ci scrive a chiarimento di questa affermazione attribuita al padre e noi volentieri pubblichiamo:

“Con riferimento all’articolo in oggetto di Sandro Torella voglio anche a Voi precisare che quanto riportato su mio padre Giulio Andreotti (un vecchio adagio dell’illustre Andreotti Giulio secondo il quale la politica temerebbe un’astensione pari al 60% dei votanti che farebbe scattare l’allarme di pericolo perché, a tal punto, il popolo stanco finalmente acquisirebbe un potere, la forza esplosiva di una rivolta latente) è assolutamente falso e riprende una panzana che spesso gira sui social inventata non so da chi. Mio padre non si è mai espresso in quei termini ed ha sempre avuto la massima considerazione nelle elezioni e nella partecipazione degli elettori al voto (fiero fra l’altro di essere stato fino al 1991, quando fu nominato senatore a vita, uno dei candidati che raccolsero il maggior numero di preferenze alla Camera dei Deputati). Distinti saluti, Stefano Andreotti”.