Festa della candelora

Gesù presentato a Dio e all’uomo

La quarta domenica del tempo ordinario cade il giorno 2 Febbraio, nella festa della Candelora, ossia la presentazione di Gesù bambino al Tempio di Gerusalemme, a quaranta giorni dal Natale del Signore, per cui le letture della prossima domenica sono quelle della Presentazione del bambino Gesù e della Purificazione di Maria con il rituale giudaico del sacrificio e dell’offerta al Tempio. L’episodio della presentazione è narrato solo da Luca (2, 22-40). L’evangelista ce lo presenta come l’occasione di un annuncio profetico della missione di Gesù come Salvatore, e ci indica inoltre il ruolo che Giuseppe e Maria vi hanno svolto nella fase iniziale.

L’Obbedienza alla legge (vv. 22-24)
Gesù è nato da quaranta giorni: Giuseppe e Maria adempiono su di lui le formalità della Legge, la quale prevedeva la presentazione di Gesù e la purificazione di Maria. Ogni madre che ha dato alla luce un bimbo deve presentarsi al santuario il quarantesimo giorno dopo la nascita per compiere il rito della purificazione (Lv. 12, 1-7), insieme all’offerta di due colombi o due tortorelle per un duplice sacrificio. La Legge, inoltre, esige il “riscatto” di ogni primogenito maschio, perché esso appartiene al Signore (Es. 13, 13). L’evangelista vede nei genitori di Gesù l’intenzione di riconoscere l’appartenenza del bambino al Signore, forse anche quella di offrirlo per la sua missione. Sottolinea la fedeltà di Giuseppe e Maria nella osservanza della legge e il valore profetico della legge antica. Il Signore visita il suo tempio, ma viene con la debolezza di un bambino e non per giudicare l’inosservanza della legge, bensì per sottoporsi egli stesso come uomo all’obbedienza al Padre cui abbiamo disobbedito. Viene a pagare il nostro debito, offrendosi a colui che tutto ha offerto. Presentandosi a lui, l’uomo è restituito a se stesso: presentarlo a lui significa riconoscere da lui il dono della vita e in lui la vita stessa come dono, per potervi attingere con abbondanza.

Simeone (vv. 25-27)
Costui è presentato come un fedele osservante della legge, tutto teso nell’aspettazione della salvezza messianica. E’ soprattutto un profeta, poiché lo Spirito Santo è sopra di lui. Più fortunato dei profeti che l’hanno preceduto, Simeone ha ricevuto dallo Spirito Santo l’assicurazione di vedere il messia prima di morire. Quando i genitori presentano Gesù bambino al tempio, Simeone prende il bambino tra le braccia e benedice e ringrazia il Signore. Le braccia di Simeone sono le braccia secche e bimillenarie di Israele che ricevono il fiore della vita. La sua voce è un grido di gioia, soffocato da un’attesa lunghissima, che finalmente esplode: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace…” (v. 29). Gli occhi di Simeone non vedono più le tenebre davanti a sé, ma l’aurora della vita, la salvezza di Dio. Solo chi incontra Gesù Salvatore può morire in pace, e quindi vivere anche in pace. Simeone comincia con il constatare che il Signore ha mantenuto la sua parola: può morire in pace perché ha visto la salvezza, che è il nome stesso di Gesù. Fin qui Dio ha preparato la salvezza nel suo popolo santo; ora anche i pagani stanno per partecipare a questa salvezza: essa è una luce per tutte le genti che siedono nelle tenebre e nell’ombra di morte. Israele e i pagani formeranno l’unico popolo di Dio che beneficerà della grazia del Signore.

Simeone benedice anche i genitori di Gesù e pronuncia un nuovo oracolo destinato a Maria perché annuncia la divisione di Israele di fronte a Gesù. L’oracolo comincia col descrivere i due effetti contrari che otterrà in Israele la missione di Gesù: per gli uni la caduta, per gli altri la risurrezione. Porta infatti una salvezza inaccettabile per tutti. Scandalo e follia, è un segno che contraddice ogni pensiero dell’uomo. Per questo tutti gli sono contro, si scandalizzano di lui e cadono. La salvezza in Gesù è una salvezza mediante la fede: si può rifiutarlo oppure accoglierlo. Gesù sarà un segno “contraddetto”, un segno che si può respingere: Dio non vuole obbligare il suo popolo all’assenso, accetta che il suo segno possa venire rifiutato, perché non vuole essere servito da schiavi.

Simeone bruscamente passa dal bambino alla madre: le annuncia che sarà trafitta da una spada. Più che il dolore di madre e di credente davanti alla croce di Gesù, la spada significa la divisione di Israele, la contestazione che Egli incontrerà mezzo al suo popolo: viene annunciata a Maria, perché anche lei sarà straziata, come il figlio, dalla divisione del suo popolo. La spada che strazia il popolo di Dio, colpisce personalmente anche la madre di Gesù. L’evangelista Luca pensa forse anche alla sofferenza di Maria di fronte alla passione del Figlio? La sola causa di sofferenza è la divisione di Israele, lo scandaloso rifiuto del segno di salvezza. Maria è straziata dal dolore, perché è unita al figlio nell’amarezza di vedere rifiutata la salvezza e il popolo diviso tra la fede e l’incredulità.

La profezia di Anna (vv. 36-38)
Anna (favore di Dio) ha la buona fortuna di vedere il volto di Dio in Gesù e riconoscerlo. E’ molto avanzata negli anni. Vedova dalla giovinezza, è figura sia di Israele che di tutta l’umanità che ha perso lo sposo e vive una vita vuota. Ma non lascia mai il tempio e continua ad attendere e cercare, con digiuni e preghiere, con dolore e desiderio, notte e giorno. L’incontro con lo sposo avviene in quell’ora in cui Simeone predice la croce, l’ora della contraddizione. Anna è una profetessa e come tale celebra la lode del Signore perché constata in Gesù l’avvento della salvezza. Ella designa Gesù come la redenzione di Gerusalemme.

Il ritorno a Nazareth (vv. 39-40)
La finale dell’episodio ritorna ancora una volta sulla osservanza della Legge da parte dei genitori di Gesù e sottolinea il ritorno di Giuseppe e di Maria a Nazareth da dove erano partiti. Nazareth non è nascondimento, bensì rivelazione di Dio. Lì il Signore ha imparato dall’uomo tutte le cose dell’uomo. Il silenzio di Nazareth è il mistero più eloquente di Dio. Gesù cresce, si fortifica e si riempie di sapienza sotto l’amore di quel Dio al quale ogni uomo di era sottratto fin dal principio.

Questo episodio dell’infanzia di Gesù mira innanzitutto a presentarne il mistero: Gesù è la salvezza, la luce delle genti, la gloria di Israele, la liberazione di Gerusalemme. Ma la salvezza che egli porta non si impone con la forza. Si potrà rifiutare Gesù, e Israele si dividerà di fronte a lui: chi per la propria rovina e chi per la risurrezione. Giuseppe e Maria manifestano la fedeltà di Gesù all’Antico Testamento, sottomettendolo alla Legge. Solo Maria riceve il doloroso annuncio della divisione di Israele di fronte a suo figlio. L’incredulità di coloro che lo rifiuteranno la colpirà in pieno cuore, perché essa è per sempre intimamente unita alla missione di Gesù, come serva umile e fedele.

Bibliografia consultata: George, 1971; Fausti, 2011.

Lascia un commento