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Gesù a Nazareth è rifiutato nella sua patria

Gesù viene tra i suoi a portare il messaggio di salvezza, ma i suoi compatrioti lo rifiutano ed egli se ne meraviglia. La storia raccontata dal brano del vangelo (Mc. 6, 1-6) che ascolteremo domenica prossima appare molto strana: perché ricordare questo episodio poco glorioso per i Nazaretani e per Gesù stesso? Non sarebbe stato meglio stendere un velo su questo avvenimento sfortunato? Si risponderà dicendo che il rifiuto dei Nazaretani annuncia il mistero della Passione. Non solo: ma anche il rifiuto di coloro che diffondono oggi nella Chiesa il Vangelo, divenuti anch’essi oggetto di scandalo e pietra di inciampo da parte degli ascoltatori contemporanei. Marco l’ha capito bene nel ricordare l’episodio di rifiuto a Nazaret, la sua patria. Su due punti si fermerà la nostra attenzione: da una parte la sorprendente fattura letteraria di questo racconto e, dall’altra, il rapporto tra il nostro testo e il suo contesto.

Un testo sorprendente

E’ impossibile considerare il nostro testo come un’unità staccata dal suo contesto. Gesù lascia la casa e il paese di Giairo e raggiunge la sua patria. Che si tratti di Nazaret in Galilea i lettori lo sanno già (Mc. 1, 9). Il paese è situato circa 30 Km. A ovest di Tiberiade e del lago omonimo, in montagna (400 m. sul mare).

Nella sua struttura superficiale, il nostro brano racconta la storia di una situazione che si deteriora a partire dal momento in cui Gesù viene in mezzo ai suoi. Il processo di deterioramento è causato dalle domande-negazioni dei Nazaretani sull’origine di Gesù. Alla fine l’avvilimento è totale: il disprezzo circonda Gesù, i suoi non credono più in lui e l’azione salvifica del taumaturgo è come bloccata. Per i compaesani la conoscenza dell’ambiente nativo di Gesù si trasforma quasi in un insuperabile impedimento a riconoscere la sua esigenza di rivelazione. Evocando lo “stupore” di Gesù (“E si meravigliava della loro incredulità” v. 6), il narratore sottolinea d’altra parte il carattere anormale della situazione: le cose sarebbero dovute andare diversamente.

Invece di sentire i Nazaretani dichiarare “Non è costui (soltanto) il carpentiere”, il lettore si vede dunque invitato a proclamare che Gesù è qualcosa di più di un carpentiere! Cosa che del resto riconosce lo stesso Gesù presentandosi come un “profeta” (v. 4), e un profeta onorato fuori della sua patria. Inoltre, parlando dell’incredulità dei Nazaretani, l’evangelista vuole invitare il lettore ad esprimere la sua fede nel Figlio di Dio. L’incredulità consiste nel mettere in dubbio questa origine divina.

Infine, mettiamo in evidenza lo schema singolare di questo racconto: dapprima lo stupore e l’ammirazione di quanti ascoltavano l’insegnamento del Maestro circondato dai suoi discepoli; quindi la domanda sulla sua origine; da ultimo la reazione di incredulità. E’ lo schema del mistero dell’incredulità: non basta “credere” al predicatore e al taumaturgo (chi compie i miracoli), bisogna salire ad un livello superiore e credere nella persona stessa di Gesù. Ma allora Cristo, pietra d’angolo per il credente, rischia di diventare pietra d’inciampo per coloro che gli vivevano apparentemente vicino. Infatti la sua parola giudica i cuori e spinge ciascuno a pronunciarsi sulla domanda fondamentale: chi è Gesù? In forma di contrappunto, in questo racconto in cui il tema della fede è tracciato in negativo, Marco raccoglie innanzitutto questa domanda essenziale, prima di arrivare alla proclamazione solenne del centurione: il crocifisso è il Figlio di Dio!

Il testo e il suo contesto

Consideriamo più precisamente la funzione dell’episodio di Nazaret nel complesso narrativo (contesto). Riprendendo alcuni temi precedentemente enunciati, si può considerare il nostro testo come un racconto di transizione. Appare evidente che la catechesi dell’evangelista segue un certo ordine nello sviluppo progressivo del mistero di Gesù, Messia e Figlio di Dio. La prima parte di questa catechesi pone essenzialmente il problema dell’identità di Gesù. Si moltiplicano allora le domande: che è questo, un insegnamento nuovo? come può quest’uomo parlare così? chi è dunque costui? donde gli vengono queste cose? Inoltre, l’inizio del nostro racconto ricorda l’idea centrale del “primo giorno a Cafarnao”, una giornata tipica di Gesù che si presenta contemporaneamente come predicatore e taumaturgo (che compie miracoli): insegna nella sinagoga e la reazione di stupore di fronte al suo insegnamento.

La domanda sull’origine di Gesù e le sue parole circa il rifiuto dei suoi, ricordano evidentemente la stessa domanda formulata in Mc 3, 20-25: anche lì i parenti di Gesù sono chiamati direttamente in causa, con la volontà di andarselo a riprendere perché “è fuori di sé”! Infine, la serie dei miracoli in Mc. 4 e 5, trova la sua conclusione nel nostro brano: il rapporto tra il miracolo e la fede. Il nostro brano riprende la stessa idea di fondo, capovolgendola però: senza la fede Gesù non può fare miracoli. In conclusione, il nostro brano si presenta come un sommario, ma un sommario “negativo” del ministero di Gesù votato in fine all’insuccesso. Come si vede, il nostro testo svolge un ruolo molto importante nella costruzione letteraria e teologica di Marco.

L’avvenimento storico

Il nostro brano, così finemente curato sul piano letterario e teologico, presenta forti garanzie storiche. Sul piano storico, il valore delle informazioni date è innegabile: Gesù ha conosciuto l’insuccesso, tra i suoi in modo particolare, al punto di perdere apparentemente la propria potenza di fare miracoli; Gesù ha una professione manuale; è figlio di Maria; ha parenti e cugini; insegna nelle sinagoghe e si presenta come un taumatugo-esorcista. Tutti questi punti sono più che certi e il valore storico di ciascuno di questi elementi non desta alcun dubbio. Marco conosce bene gli insuccessi di Gesù a Nazaret, ma sa anche che questo avvenimento di un tempo ha sempre una sua attualità. Il rifiuto di Nazaret continua. Siamo noi oggi i Nazaretani per cui Gesù è continuamente motivo di stupore e pietra di inciampo. E la nostra incredulità non cessa di stupire colui che ci ha dato tutto. Col nostro rifiuto, la sua azione salvifica nei nostri confronti resta come bloccata. Ma, grazie a Dio, Gesù può ugualmente fare qualche miracolo nonostante l’incredulità dei Nazaretani e continua, malgrado il nostro rifiuto, a distribuire incessantemente i suoi doni.

Bibliografia consultata: Perrot, 1974.

Redazione

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