Gesù ammaestra i discepoli

di il capocordata

Questa Domenica, 26^ del Tempo ordinario, ascolteremo un brano del Vangelo di Marco (9, 38-48) che racchiude in sé degli insegnamenti di vario genere che Gesù rivolge ai Dodici a Cafarnao nella casa di Pietro: l’esorcista estraneo al gruppo dei Dodici, il bicchiere d’acqua dato al discepolo, lo scandalo verso i piccoli che credono, contro le occasioni di peccato.

L’esorcista estraneo al gruppo dei Dodici (vv. 38-40)

Questo episodio può essere compreso sia nel contesto della vita di Gesù, sia in quello della Chiesa primitiva. Gesù, i suoi discepoli e anche altri giudei praticavano l’esorcismo. La forza degli esorcismi di Gesù può spiegare il fatto che alcuni giudei siano ricorsi al suo nome per cacciare i demoni. “Maestro, abbiamo visto uno che non ci segue scacciare i demoni nel tuo nome, e glielo abbiamo vietato, perché non ci seguiva” (v. 38). La dichiarazione dell’apostolo Giovanni riflette dunque un problema che poteva essere di attualità al tempo di Gesù, come pure al tempo della Chiesa. L’esposizione di un fatto o una domanda che provocano una risposta decisiva di Gesù ritorna spesso nei Vangeli e si spiega con  un processo di schematizzazione: per trovare la soluzione pratica dei problemi concreti della Chiesa, si ricordano le parole di Gesù.

Il caso citato da Giovanni riguarda probabilmente esorcisti estranei alla comunità dei discepoli, ma il loro riferirsi a Gesù manifesta una certa fede. Anche la risposta di Gesù lo suppone: se cacciano realmente i demoni nel suo nome, non possono subito dopo parlar male di lui. Questo ricordo è rimasto nella Chiesa come un avvertimento contro l’intolleranza o contro la tentazione di monopolizzare la fede in Gesù e di accaparrare la sua potenza. Vi sono dunque parecchi modi di essere uniti a Gesù e alla comunità dei suoi discepoli, e finché uno non se ne separa espressamente, la relazione rimane. Nel contesto di Marco, la risposta di Gesù denuncia la grettezza di spirito dei discepoli, incapaci di comprendere il loro maestro. La tendenza ad accaparrare Gesù, la pretesa di impedire che qualcuno estraneo al gruppo ricorra a lui, manifestano una volontà di potenza direttamente opposta all’atteggiamento del maestro che cammina verso la Passione, e alla sua parola che li invita ad essere ultimi e servi di tutti.

Il bicchiere d’acqua dato al discepolo (v. 41)

Chiunque vi darà un bicchiere d’acqua nel mio nome, perché siete di Cristo, vi dico in verità non perderà la sua ricompensa” (v. 41)

Il bicchiere d’acqua che viene dato al discepolo ha grande valore, perché Gesù si identifica col suo discepolo, come si identifica col più piccolo dei suoi fratelli. Parole del genere hanno radicato nei primi cristiani la coscienza della loro appartenenza a Cristo e delle responsabilità legate a questa solidarietà: mediante i discepoli Gesù rimaneva presente nel mondo. Non ci meraviglieremo quindi nel sentire la sua parola formulata in linguaggio di catechesi.

Lo scandalo dei piccoli che credono (v. 42)

“E chi scandalizza uno di questi piccoli che credono…”(v. 42): non si tratta di bambini in quanto tali, ma di credenti, di cristiani che sono “piccoli” perché probabilmente più deboli, meno illuminati o più esposti. Coloro che hanno la scienza possono diventare occasione di caduta per i deboli che li imitano senza possedere la scienza: ferendo la loro coscienza che è debole si impedisce loro di andare verso Gesù. La gravità dello scandalo qui denunciato si fonda dunque sulla dignità del credente più insignificante. E la severità di Gesù dice chiaramente il rispetto e la sollecitudine di cui dobbiamo circondarlo. La più grande sventura che possa accadere ad un uomo, è di trascinare al peccato uno solo di questi piccoli: una sventura ben più grande che l’essere precipitato in fondo al mare con una grossa macina da mulino legata al collo. Questi piccoli sono certamente gli umili delle classi inferiori, poco istruiti, trascurati, che non appartenevano ad alcuna élite, neppure religiosa, e che da essa erano generalmente disprezzati.

Contro le occasioni di peccato (vv. 43-48)

La gravità dello scandalo viene ora affermata in funzione del pericolo che esso fa correre a ciascuno. Ognuno può trovare in sé un’occasione di scandalo e rischia quindi di perdere la Vita eterna. La posta è così alta che giustifica, se necessario, il sacrificio di una parte di sé. E’ inutile cercare di indovinare di quali peccati possano essere occasione la mano, il piede o l’occhio. Queste membra simboleggiano tutte le occasioni di peccato che un cristiano può trovare in sé o nei suoi rapporti con l’esterno. Gesù vuole semplicemente sottolineare il valore assoluto della vita, del Regno di Dio, criterio decisivo di ogni opzione umana.                                                                                                                                                

Bibliografia consultata: Delorme, 1971

Lascia un commento