Gigi Riva numero11, un numero di maglia, una sentenza, una visione per un attimo, poi la realtà…ancora lui, per 35 volte ha sigillato l’azzurro, quello vero, autentico, il colore sacro del calcio italiano che ha stampato su ognuno dei palloni spediti in rete in tutto il mondo.
I più forti calciatori di quell’epoca lo hanno visto, temuto, rispettato …amato. Si sono inchinati dinanzi ad una divinità calcistica proveniente da un pianeta sconosciuto e che speravamo fosse immortale. Una isola ma anche una patria onorata con una maglia indossata sempre, perfino sotto l’elegante divisa da capo delegazione della nazionale italiana.
Gigi, ma chiamarlo così semplicemente mi suona strano, irriguardoso…signor Riva (così va meglio) dove sei? Il cielo si è oscurato ma solo per un attimo, poi si è ricolorato di azzurro, quindi sei lì. E ora rivedremo di te tutte le gesta, poche parole, tanto sacrificio, un inarrivabile esempio di uomo che ha fatto del senso di appartenenza il suo scopo principale. L’essere fiero di rappresentare una filosofia di vita che resterà immagine indelebile nella mente di tutti noi.
Nessun calciatore italiano è stato amato da tutte le tifoserie come te. 11, numero dell’ala sinistra che si prefigurava prima ancora di scendere in campo, riempiendo gli spalti in attesa del rombo di tuono… Di te conservo da sempre una foto in bianco e nero, sottratta ad un famoso fotografo romano, e mi è sufficiente per riempire tutte le 35 pagine del mio album preferito, quello azzurro.
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