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Giovanni Battista il precursore

La figura di Giovanni Battista domina tutto il tempo dell’Avvento, perché tra tutti i profeti ha potuto mostrare colui che annunciava, il redentore del mondo, Gesù Cristo nostro Signore. Il Vangelo di oggi (Lc. 3, 1-6) riporta la sua vocazione profetica situandola nel quadro della storia profana e sacra. Si parte dalla storia universale profana per concentrare lo sguardo su quella del popolo di Dio. La sua parola viene in questa nostra storia concreta, senza più distinzione tra sacro e profano. Si nominano sette personaggi, pagani e giudei, perché ambedue sono un’unica realtà. La parola di Dio è rivolta a tutti, religiosi o meno: ogni “carne” è chiamata alla conversione per vedere la salvezza.

“Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare” (v. 1): il primo personaggio nominato è l’imperatore romano: Tiberio succedette ad Augusto il 19 Agosto del 14 della nostra èra. Il suo quindicesimo anno di governo potrebbe dunque decorrere dal 19 agosto dell’anno 28 e terminare il 18 agosto dell’anno 29. “Mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea”: prefetto di Roma nella Giudea dal 26 al 36, questo personaggio è conosciuto attraverso un’iscrizione scoperta nel 1961 negli scavi di Cesarea; viene definito da autori ebraici come irriducibile e duro; appare debolissimo nei vangeli durante il processo di Gesù. “Erode tetrarca della Galilea”: Erode Antipa figlio di Erode il grande ricevette l’incarico alla morte del padre, nel 4 a.C.; egli è l’uccisore di Giovanni Battista e avversario di Gesù. “Filippo, suo fratello..”: quest’altro figlio di Erode il grande sembra sia stato il più saggio tra i figli del terribile re. “Lisania tetrarca d’Abilene”: si tratta di un principe oscuro e il suo territorio estraneo alla Palestina; l’annuncio del Vangelo riguarda anche i pagani. “Sotto i sommi sacerdoti di Anna e Caifa”: i vangeli attribuiscono a loro una parte importante nella istruzione del processo di Gesù e nelle prime persecuzioni contro la chiesa di Gerusalemme.

“La parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto…”: questa vocazione si realizza nel deserto, ove Giovanni Battista trascorre la sua giovinezza nell’attesa della sua manifestazione ad Israele. Il luogo dove tale parola giunge non sono i palazzi delle persone appena nominate, bensì il deserto. E’ il luogo vuoto e inabitabile dove l’uomo trova la verità propria e di Dio. Solo il suo silenzio è terreno adatto per accogliere la sua parola. L’unica sicurezza del deserto è il futuro: per questo è necessario camminare insieme e seguire la direzione giusta. Il deserto è la via di Dio, il contrario di quella dell’uomo che da esso rifugge: preferisce i sepolcri d’Egitto, la fuga dalla libertà!

Giovanni predica nel deserto e battezza nel Giordano che lo fiancheggia; le folle accorrono a lui da Gerusalemme e da tutta la Giudea. L’obiettivo della missione del nuovo profeta è quello di proclamare un battesimo di conversione, sollecitando il popolo di Dio a ritornare al suo Signore, infrangendo i legami con il peccato. La prima novità di Giovanni Battista è quella di suggellare questa conversione con un battesimo, che preparerà i cuori per la salvezza che il Signore porterà con il perdono dei peccati, come egli ha promesso nei tempi antichi. Questo perdono sarà l’opera di Gesù nel suo mistero pasquale: il male è vinto dal perdono, super-dono eminente del suo amore per noi, in modo che là dove abbondò il peccato, sovrabbondi la grazia.

L’evangelista, inoltre, definisce il significato della missione di Giovanni Battista partendo dalla profezia di Isaia 40, 3: “Voce di uno che grida nel deserto…”. La tradizione evangelica applica questo testo a Giovanni Battista come a colui che grida nel deserto per invitare il popolo alla venuta del Signore e allo sforzo di preparazione che essa esige dai suoi fedeli. “Ogni monte e colle sia abbassato…”: unico tra gli evangelisti, Luca continua la citazione di Isaia per condurla sino al finale, che gli interessa particolarmente per l’esaltazione degli umili e per l’abbassamento degli orgogliosi. I monti e i colli sono da rendere bassi e umili, in modo da diventare piccoli come Maria la Madre di Gesù. Dio infatti guarda i superbi da lontano e resiste loro, mentre è vicino agli umili e fa loro grazia. L’umiltà è la verità dell’uomo, che è terra e in questa sua verità l’uomo incontra Dio che solo in essa gli viene incontro per salvarlo.

“Ed ogni carne vedrà la salvezza di Dio”: è questo un tema particolarmente caro a Luca il quale, l’unico tra i sinottici, attribuisce il titolo di salvatore a Dio e a Gesù, e parla della salvezza in Gesù per tutti gli uomini. Con il termine “carne” l’evangelista sottolinea che si rivolge a ciascuno proprio nella sua fragilità, debolezza, limite, peccato e morte. A ognuno che sperimenta la precarietà del suo essere uomo e la peccaminosità del suo non esserlo, è data la salvezza di Dio.

Giovanni è il prototipo dell’uomo che Dio si è preparato per stare davanti al suo volto, che è Gesù, e per aprirne agli altri la via di accesso. E’ la persona pronta ad accogliere il Signore che viene, perché lo attende. Dio ha tanto tardato a compiere la sua promessa, perché aspettava di essere atteso da qualcuno che lo accogliesse. Se non è accolto, anche se viene, è come se non fosse venuto. Chi attende “tende a” ciò che ancora non c’è. Giovanni è tutto proteso verso il futuro di Dio e chiama gli uomini a rompere i loro equilibri per volgersi a esso. Il suo cuore sta nella promessa di Dio, il suo centro sta fuori di sé. Questo sbilanciamento costituisce la caratteristica fondamentale dell’uomo in cerca del suo volto perduto: creato a immagine e somiglianza di Dio, solo in Dio può trovare se stesso ed esser salvo.                                                         

Bibliografia consultata: George, 1969; Fausti, 2011.

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