Roma, grande prima al Teatro dell’Opera di Manon Lescout

Manon sfuggente e contraddittoria, capace di vendersi per ricchezza, ma anche di soccombere all’amore

Manon Lescout, un’opera in quattro atti di Giacomo Puccini, ha donato applausi a grandi artisti, quali Riccardo Muti, sul podio dell’Orchestra,  Chiara Muti alla regia e Serena Farnocchia nei panni dell’eroina tragica (nella rappresentazione del 4 marzo).

La Manon è sicuramente un personaggio irriverente, audace, amante dello sfarzo e della ricchezza ma che sceglie l’amore, quel sentimento che la condurrà sul letto di morte. Tre ore di emozioni sul palcoscenico, con unico conduttore il dramma e la passione dell’opera pucciniana.

Riccardo Muti ha saputo scaldare gli animi del pubblico dimostrando destrezza e rigore nelle proprie argomentazioni musicali.  Meritevole di notazione è anche sua figlia Chiara, regista nella Manon, che riesce a rendere armoniosa questa difficile opera: un impianto scenico tradizionale (di Carlo Centolavigna), costumi sfarzosi di Alessandro Lai e con una regia tra le più dinamiche e moderne.

Ma è la Farnocchia a brillare con una intonazione impeccabile. L’intensità vibratoria diminuisce salendo la gamma tonale fino ad un punto in cui l’ascesa tonale si accompagna ad un radicale mutamento di qualità dei suoni, con timbro più chiaro e lieve nei pianissimi. Forse poco vigore nel suono “pieno” ma sicuramente equilibrata nel salire ai toni acuti con il controllo dell’azione vocale.

Al suo fianco Yusif Eyvazov, tenore caparbio e talentuoso ma che, pur raggiungendo ogni nota, non ha convinto, recitando senza dar forma all’innamorato De Grieux.

Orchestra e Coro in forma perfetta.

E così, dopo quattro atti e due pause, il sipario è calato, seguito da lunghi applausi e ovazioni ma anche da alcune contestazioni e persino un paio di “buuh” indirizzate soprattutto al tenore.

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