I commercianti di Lariano e di Artena uniti per salvare l’economia locale

Prima è stata la volta di #ArtenaBigShop. Ora è la volta di #LarianoRiparte

I commercianti di Lariano e Artena uniti per salvare l’economia locale

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I commercianti di Lariano e di Artena uniti per salvare l’economia locale. Se non ci pensano le istituzioni allora sono i cittadini a muoversi per proteggere il frutto di anni di lavoro, i risparmi di una vita e la propria dignità. Da Nord a Sud i lavoratori di tutta Italia si stanno muovendo perché le loro non restino voci inascoltate.

Tra i più colpiti dalla chiusura a oltranza, sono i parrucchieri, le estetiste, i ristoratori. Il grido di aiuto arriva da Padova, con i parrucchieri incatenati. Da Milano a Bari, passando anche per la nostra Valmontone. I commercianti consegnano simbolicamente le chiavi dei loro negozi ai Sindaci. C’è poi chi cerca di reagire dando consigli tramite social. Chi mette insieme kit da spedire ai propri clienti, chi si adegua a forme di vendita alternative. Sono soprattutto i commercianti dei piccoli centri che hanno deciso di muoversi concretamente per ridare respiro al tessuto commerciale.

Ad Artena e a Lariano i commercianti fanno rete

Prima è stata la volta di Artena, con la pagina Facebook, #ArtenaBigShop. Ora è la volta di Lariano con la pagina #LarianoRiparte. L’iniziativa coinvolge indistintamente tutte le attività produttive. Dalla ristorazione al negozio di scarpe, e la modalità di fruizione è molto semplice. Basta postare la foto dei propri prodotti o scrivere di cosa si ha bisogno e poi il prodotto verrà consegnato direttamente all’acquirente finale, naturalmente con i dispositivi di protezione che conosciamo bene.

Un modo come un altro, insomma, per cercare di portare avanti un’economia sempre più al collasso. Ricordiamoci infatti, che dietro spese che possono sembrare futili, come una ceretta, una messa in piega, o dietro l’ombrellone sotto cui abbiamo preso il sole fino all’estate scorsa, ci sono delle persone che hanno investito su quella attività. Ci sono madri, padri, figli, che dopo tre mesi di fermo non sapranno più cosa mettere sulla tavola e non sapranno neanche se la saracinesca del loro negozio si rialzerà mai più.

La società del 2020 non è strutturata come quella del 1918, quando si poteva dire “chiudete tutto” senza che i danni fossero troppo esagerati. E mentre ci bombardano con le statistiche dei morti per coronavirus tengono per loro le stime di quanti, giorno dopo giorno, scelgono di mollare, aprono la finestra e volano via sulle ali della disperazione.

*Articolo a cura della giornalista Miriam Gualandi

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