Il Corpus Domini

Il Sacramento dell’Eucaristia

Per la festa del Corpus Domini la liturgia domenicale ci proclama il Vangelo della moltiplicazione dei pani (Lc. 9, 11-17): si tratta di una delle scene più familiari del Vangelo; infatti, ci sono sei narrazioni dell’episodio della moltiplicazione dei pani (due in Marco e Matteo, una in Luca e una in Giovanni), e il nuovo lezionario ce ne presenta la narrazione tre volte nei tre anni ciclici (Matteo nell’anno A, Giovanni nell’anno B, e Luca nell’anno C per la festa del Corpus Domini).

Gli studiosi del Vangelo affermano che l’avvenimento della moltiplicazione dei pani abbia fatto parte di una tradizione precedente alla nascita dei Vangeli stessi, denominata “la sezione dei pani”. Pare che essa sia stata inclusa nei Vangeli con l’intenzione di dare un insegnamento sul mistero della persona di Gesù rivelato ai discepoli. L’inserimento della “sezione dei pani” nella trama dei vangeli non è stata fatta a caso: infatti, le tracce di ricordi precisi dell’episodio in questione ci permettono di situarlo nello svolgimento del ministero di Gesù. Con l’aiuto dell’evangelista Giovanni, possiamo collocare l’episodio della moltiplicazione dei pani alla fine del ministero in Galilea. Il dramma si intreccia tra le autorità già ostili, le folle agli inizi entusiaste ma ben presto deluse nelle loro speranze messianiche troppo materiali, i discepoli, e Gesù che vorrebbe far capire la vera natura del suo messianismo.

In seguito alla moltiplicazione dei pani, una vera rivolta covava nel deserto: le folle pensano di poter tentare di stornare la sua missione verso l’azione politica. Ritirandosi nella solitudine dopo aver congedato la folla, Gesù delude un gran numero di partigiani e provoca un diffuso disamore: i Dodici decidono di rimanere e costituiscono il nucleo fedele, con cui cominciare di nuovo.
Gesù accoglie e sazia le folle
Le folle hanno seguito Gesù, ed egli le accoglie: “Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure” (v. 11). Sottolineando questo tratto della bontà di Cristo che risponde all’attesa e alla ricerca degli uomini, Luca lo presenta come esempio per quelli che dopo di lui saranno incaricati di dare alle folle la Parola e il Pane. Luca pensa alla chiesa, quando termina il suo racconto con la menzione del cibo che avanza: “Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste” (v. 17).

E’ evidente che la narrazione raggiunge il suo vertice negli ultimi due versetti: “Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste” (vv. 16-17). Tutti i commenti stabiliscono un parallelo tra il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia e quello della moltiplicazione dei pani. Ma in Luca è ancor più suggestivo un altro parallelo: si tratta del racconto dei discepoli di Emmaus (Lc. 24, 13-34). Il racconto della moltiplicazione dei pani ci trasmette il medesimo messaggio: tutto ciò che appaga l’attesa profonda degli uomini, la speranza messianica dell’A.T., il “regno” di cui parlano i Vangeli, ci viene data in Gesù e noi vi abbiamo accesso in maniera privilegiata nell’Eucaristia: i discepoli di Emmaus lo riconobbero nello spezzare il pane (cfr. Lc. 24, 31).

Gesù è passato in mezzo a noi offrendo agli uomini la Parola come cibo, saziandoli con la conoscenza di Dio, dando dei segni di quanto portava; consapevole della sua missione, compie atti che ne sono il segno e indicano l’inizio della sua realizzazione. Tali atti troveranno il loro completamento naturale o la loro espressione perfetta in quello che è il segno e il dono per eccellenza: l’Eucaristia. Tutto il Vangelo è una catechesi sull’Eucaristia, arrivo e partenza della missione, culmine e sorgente della vita cristiana. Essa introduce ogni uomo nei misteri di Dio, facendolo familiare con lui e rendendolo partecipe del dialogo Padre/Figlio, fino a quando Dio sarà tutto in tutti. Il pane spezzato, il corpo donato sulla croce, viene continuamente presentato, donato e offerto nel servizio dei discepoli di ogni tempo, che si riuniscono attorno a lui con i frutti della loro missione. Nell’Eucaristia viviamo qui e ora del suo amore eterno che ci è stato donato nell’oggi della croce. E’ il dono perfetto del Padre all’uomo e dell’uomo al Padre, l’unico sì totale e reciproco dell’uno all’altro.

“Tutti mangiarono a sazietà…” (v. 17). Chi mangia questo pane, si associa al corpo donato, entra nell’economia dell’amore e del dono e vive di questo. Tutti ne mangiano e sono sazi, perché solo il dono sazia. Il popolo entra nella beatitudine della sazietà del Regno: beato chi ha fame, perché sarà saziato (cfr. Lc. 6, 21). E’ finita la vita come fame, sempre insidiata dalla morte; chi mangia di questo pane vivrà in eterno, perché, unito al corpo morto e risorto del Signore, vive del suo stesso amore, in obbedienza al Padre. Questa è la sazietà di vita di cui si parla. Le altre pienezze sono apparenti: aumenteranno sempre nausea e fame. E ne avanzano “dodici ceste”, una per tribù e una per ogni tempo: da donare a tutti e per sempre!

La celebrazione del Corpus Domini ci invita a vivere ogni giorno la ricchezza del sacramento dell’Eucaristia: essa ci richiama, innanzitutto, la concretezza umana del sacrificio di Gesù, attraverso il proprio corpo e il proprio sangue; essa ci invita, poi, a stare insieme attorno ad una mensa, sforzandoci di sciogliere ogni discriminazione che la vita quotidiana produce dentro ciascuno di noi e tra di noi; inoltre, la mensa eucaristica è imbandita per offrire la carne di Gesù come cibo e il suo sangue come bevanda: l’Eucaristia è questo nutrimento che conserva la vita dello spirito, che rinnova le forze, che ossigena la personalità, che trasforma e rende adulto l’uomo; infine, la cena del Signore contiene un memoriale: il ricordo di ciò che Cristo ha compiuto.
Sì, perché l’Eucaristia è fare di nuovo, come fosse la prima volta, ciò che Gesù ha fatto. Ci si trova di fronte ad un richiamo non solo a rinnovare la cena del Signore, ma a riprendere i suoi sentimenti, le sue convinzioni, la sua visione del mondo, a tradurre nell’esistenza il suo impegno di liberazione e di amore. Il sacrificio di Gesù sulla croce, che l’Eucaristia rende presente, è in se stesso una chiara denuncia di ogni ingiustizia e violenza gratuita, ma anche il recupero, doloroso, del suo valore salvifico: il male e il dolore ricevono da quel sacrificio un senso positivo, perché li libera dalla disperazione e dalla inutilità, attraverso l’amore che si dona agli altri.

Bibliografia consultata: Prod’homme, 1971; De Candido, 1971; Fausti, 2011.

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