Roma. Incidente mortale Muro Torto, “Riccardo Patrignani non ha colpe”

Le testimonianze ribaltano la prima versione, quella dello scontro dello scooter contro il furgone

Allo scoccare del secondo mese devastante per la memoria del medico Riccardo Patrignani, che avrebbe avuto 35 anni il prossimo 4 giugno, colpevole di esser andato a sbattere con il suo scooter Kymco addosso al furgone, o autocarro, della Hertz guidato da certo “Signor Moro” contro cui il Pm di Roma, Roberto Felici, ha aperto un procedimento per omicidio colposo, arriva finalmente l’ora della verità attraverso le libere e spontanee testimonianze.

Al posto di un’ analisi infamante che raccontava di uno scooterista disattento, distratto, soprappensiero, che va a sbattere contro un furgone, o un autocarro, come sin dal 7 aprile scorso, giorno dell’incidente sul Muro Torto, avevano ipotizzato i vigili del II Gruppo Parioli di Polizia Roma Capitale, dandomene comunicazione al pronto soccorso del Policlinico Umberto I° insieme a un “invito di presentazione” entro 5 gg al loro Comando per mostrare la patente di Riccardo e il certificato dell’assicurazione dello scooter, ora c’e’ la deposizione di un’avvocatessa calabrese: Riccardo non ha colpe, è stato il furgone a colpirlo facendolo volare per due-tre metri prima di ricadere a terra.

L’incidente mortale – il medico, all’ultimo di specializzazione in anestesia, spirava al Policlinico romano alle 17,55 di quel maledetto 7 aprile – avveniva nei pressi del Galoppatoio, e precisamente nel tratto di confluenza della rampa laterale di Porta Pinciana, da dove, a velocità sostenuta, proveniva il furgone che, senza fermarsi allo stop, si immetteva sul Muro Torto finendo per travolgere con la parte posteriore di sinistra l’ingnaro scooterista. 

Nonostante la ferma opposizione dell’avvocatessa a rimuovere mezzi ed oggetti, veniva tolto dalla strada lo zainetto del medico: opera della gentile manina di una ragazza bionda che per un po’, da collega, aveva assistito il malcapitato riverso a terra con lo sguardo verso destra. Arrivate l’ambulanza e l’automedica in un tempo relativamente breve di sei-sette minuti, il giovanissimo medico veniva trasportato in codice rosso al Policlinico romano: grave ma non in pericolo di vita secondo i resoconti del 118. 

Per terra non c’erano rottami di alcun tipo e genere, né di vetro né di plastica o lamiera, la testimonianza di un ragazzo sulla quarantina che pur non avendo visto, a differenza dell’avvocatessa, la dinamica dell’impatto trovandosi dietro l’auto di quest’ultima, quindi con la visuale ridotta, purtuttavia non soltanto si accorgeva del furgone fuori controllo e avvertiva il botto dell’impatto, ma sceso poteva constatare che nulla indicava uno scontro o un tamponamento da parte dello scooter che si trovava a circa due metri dal furgone, più o meno al centro della strada.   

Tolto lo zainetto da terra e poi spostato sulla destra il furgone e forse anche lo scooter sostanzialmente integro sia davanti che di lato, salvo un’ammaccatura sotto il manubrio di destra, il traffico defluiva: dopo più di un’ora, verso le 15, giungeva, nonostante le ripetute chiamate di un maresciallo della GdF, una pattuglia dei vigili cui non restava che prender atto della mutata situazione: il furgone posteggiato sulla destra almeno a una decina di metri dall’impatto e dal corpo di Riccardo e più avanti di altri dieci metri lo scooter. 

Una versione, quella dello scontro dello scooter contro il furgone, debolissima e traballante anche in considerazione dello stato pressocché integro dello scooter che, messo sotto sequestro come il furgone e il casco, non presentava danneggiamenti tali da esser compatibili e adeguati allo scontro o tamponamento. Come anche le lesioni interne riportate dallo sfortunato medico tutte sul fianco destro – polmone, fegato, addome, rene – ma senza perdita di coscienza, ferite sul volto, sulle mani e sulle gambe: “Riccardo non ha colpe”, ha ben chiarito l’avvocatessa, che si è vista d’improvviso passare davanti il furgone e travolgere l’incolpevole medico che la precedeva di un metro.

Ora, dopo quasi due mesi dal tragico evento, causato dall’irresponsabile conducente del furgone della Hertz arrivato a Roma da Milano per consegnare – pare – dei divani in compagnia di un secondo conducente o amico più giovane, emerge alla vigilia del 35esimo compleanno dello specializzando in anestesia la macabra, dura verità grazie al coinvolgimento di tantissime belle e generose persone che si sono prodotte senza sosta in volantinaggi e all’attenzione di molti media, comprese tv e radio, che hanno seguito per giorni e giorni gli appelli “chi sa, parli”. Un vero e proprio sommovimento di popolo che ha portato a ribaltare una situazione data per certa e incontrovertibile: sconto o tamponamento, decesso, il caso è chiuso.

E lo era sin dalla sera di quel maledetto 7 aprile quando i vigili hanno trasmesso alla Procura di Roma “i verbali di sequestro” dell’autocarro, dello scooter e del casco: il giorno dopo il Pm convalidava il sequestro dei mezzi e del casco e disponeva la ‘visione’ della salma da parte del medico legale la cui relazione evidenziava “politraumatismo corporeo”. Nessuno avrebbe scommesso un euro la sera del 7 aprile su un epilogo profondamente diverso, anzi diametralmente opposto: ora che il quadro è radicalmente mutato, grazie al sommovimento di tantissime belle e generose persone, e risuona quel “Riccardo non ha colpe”, dichiarato a chiare lettere dall’avvocatessa calabrese, arriva la un’altra sensazionale notizia: a Riccardo sarà a breve conferito il diploma di specializzazione in anestesia dal Dipartimento di Anestesia e dal Magnifico Rettore dell’Ateneo romano.

Due fatti straordinari: il tracollo dell’infamia, appiccicata addosso al laicissimo medico, di distratto, disattento, soprappensiero, che, con la sua incolpevolezza, ribalta totalmente una debolissima e traballante versione, e il conferimento del diploma di specializzazionenin anestesia, dicono che alla giustizia giusta terrena si puo’ e si deve arrivare: occorrono intuizione, intelligenza, intransigenza, interesse e soprattutto l’intervento disinteressato di tantissime belle e generose persone. La giustizia divina può attendere, invano e inutilmente!   

*Carlo Patrignani, giornalista, padre di Riccardo Patrignani

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