Intervista a Vittorio Sgarbi. L’arte, la bellezza e le donne

La bellezza, come diceva Borges, non è né difficile né rara, ma il problema è: qual è la percezione che ne abbiamo?

Per lui la definizione ‘genio e sregolatezza’, coniata originariamente per l’attore Edmund Kean, sembra calzare a pennello. Vittorio Sgarbi, storico e critico d’arte fra i più apprezzati e colti, scoperto televisivamente da Maurizio Costanzo quando parla di quadri e monumenti  è proprio come lo ha definito nella postfazione per il suo ultimo libro, “Le meraviglie d’Italia” ( Bompiani), il giornalista Gian Antonio Stella: “La cosa che riesce meglio allo storico dell’arte ferrarese è fare lo storico dell’arte: è uno degli ultimi narratori dell’arte”. 

A Visto Sgarbi concede un’intervista esclusiva nella sua casa piena di opere  preziose, in cui si è trasferito da qualche mese assieme alla compagna di sempre Sabrina Colle. “Vorrei essere miliardario per creare un museo e fare concorrenza al Louvre di Parigi”, confessa.

Con questo suo ultimo libro lei torna in veste di divulgatore. È così?
“Gli anni delle meraviglie” (Bompiani) è il secondo volume della  tetralogia “Il Tesoro d’Italia”, in cui racconto la storia dell’arte nel corso dei secoli. Questi libri rispondono a una necessità pedagogica e servono a conoscere  opere di universale interesse, ma che non sono state ben comprese. Occorre umiltà per  fare un libro di storia dell’arte che contiene non le opere insolite, ma quelle che tutti dovrebbero conoscere e invece ignorano.  

Come mai l’arte è spesso difficile da capire per le persone comuni?
La contemporaneità non è legata a un dato cronologico ma è un dato di attualità interiore. Il rapporto che si è avuto con artisti come Pontormo in età contemporanea e che si ha guardandoli, è che non siano fermi in un tempo passato, che sia come illustrativo o rappresentato per documentare un ‘epoca, ma che siano invece dei pensieri assoluti che resistono  al tempo.

Come mai però l’arte è spesso di difficile fruizione per le persone comuni?
L’universalità dell’arte evoca anche agli ignoranti rispetto, ammirazione e rispecchiamento. Da Raffaello a Leonardo, nessuno la discute. Se però aggiungo l’aggettivo “contemporaneo”, che è solo un concetto cronologico, cioè arte dell’immediato, insomma, della vita di tutti i giorni, l’arte è invece guardata con ostilità. Perché non rispecchia un concetto di armonia, ma di rottura, perché rappresenta situazioni di crisi. Per cui se io dico “arte”, tutti assentono; se dico “arte  contemporanea”, molti storcono il naso e la vedono come un inganno, una presa in giro. L’arte contemporanea è lontana al popolo anche se dovrebbe essere la più vicina, perché viene prodotta nel tempo in cui viviamo. Invece ci sembra molto più vicina quella consacrata dal passato. Gli artisti contemporanei sono stati costretti a muoversi in un ambito così “di testa” che non appartengono più al cuore di nessuno.

Perché l’Italia, a differenza di un Paese come la Francia, non riesce a valorizzare e a conservare il proprio patrimonio artistico e paesaggistico?
Perché è un patrimonio troppo grande e quindi non se ne capisce né l’unicità né l’importanza. La coscienza del patrimonio artistico è data dallo Stato, ma lo Stato ritiene che sia meglio fare una tangenziale, un’autostrada, rispetto al restauro di un edificio storico. Il fatto è che è difficile ritenere prezioso ciò che non è raro.
 

Il suo ruolo nelle istituzioni politiche, ricordiamo che è stato sottosegretario  in uno dei governi Berlusconi, e assessore alla cultura a Milano con Letizia Moratti, non ha avuto un esito felice. Perché?
Il mondo delle istituzioni è fatto di pazzi. Se ci fosse una logica nelle cose io sarei ministro, o avrei dovuto avere almeno il ruolo di Direttore Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale del Ministero dei Beni Culturali, che è invece toccato prima a Mario Resca, che è stato presidente e amministratore delegato della  McDonald’s Italia, e ora ad Anna Maria Buzzi, che è sorella di quel Salvatore Buzzi coinvolto nell’inchiesta su Roma, Mafia Capitale. L’uno è uomo di finanza e di commercio, l’altra è una bibliotecaria, e certamente non appaiono persone in grado di incarnare i valori dell’arte. Ora, il fatto che uno come me, che ha valorizzato e può valorizzare l’arte anche sul piano della efficacia mediatica, non venga utilizzato, prova che la politica dà segnali molto  poco validi.

Che cos’è la bellezza?
La bellezza, come diceva lo scrittore e poeta Jorge Luis Borges, non è né difficile né rara: ce n’è tanta. Il problema non è che cosa sia la bellezza, ma qual è la percezione che ne abbiamo. Molti vedono la bellezza e non se ne accorgono. Quindi è un problema di attitudine ed educazione alla bellezza che fa sì che molti preferiscano le cose brutte a quelle belle. C’è anche una reazione istintiva alla bellezza, una bellezza inevitabile, ovvero che può essere sentita anche da chi non capisce nulla. Però molte forme di bellezza richiedono un minimo di consapevolezza, un allenamento, una sorta di abitudine, che molti non hanno e non avranno mai. Comunque un’educazione alla bellezza è necessaria come per tutte le altre discipline artistiche. Le donne sono esempi di bellezza. Io sono un faccista cioè amo i volti delle donne, così come i volti nei quadri. 

*di Mariagloria Fontana (Intervista già pubblicata sul settimanale Visto n.5, gennaio 2015)

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