La migliore cucina è nei refettori di abbazie e monasteri in Italia e in Europa

Monaci e frati hanno sempre avuto un’attenzione particolare per il cibo, sapevano scegliere bene i prodotti della terra e trasformarli in prelibate pietanze

L’arte culinaria italiana ed europea è nata nelle cucine e nei refettori di abbazie e monasteri? Monaci e frati, infatti, hanno sempre avuto una attenzione particolare per il cibo, sapendo scegliere bene i prodotti della terra e trasformarli in prelibate pietanze. Sapevano gestire magistralmente il sistema di conservazione dei vari alimenti. Se proviamo  per un attimo ad immaginare un pasto collettivo (così veniva definito) consumato in sale dove prima, durante e dopo le conviviali adunanze  la meditazione e la preghiera era un obbligo, possiamo affermare senza ombra di dubbio che il luogo era ricco di “energie” creative. Se visitiamo le abbazie più famose notiamo che i luoghi preposti per la preparazione e la consumazione dei pasti erano in prossimità dei chiostri dove avvenivano incontri tra i religiosi e i visitatori. È proprio in questi posti che lo scambio culturale avveniva anche per la materia in oggetto, affascinante e intrigante come poche altre. Un connubio tra intrugli sperimentali e alchimie varie,  accostamenti di vari ingredienti e composizioni di sublimi pietanze. Il tutto senza i mezzi che abbiamo noi oggi a disposizione… gas, abbattitori, forni a convenzione, affettatrici, impastatrici, mixer, frigoriferi.

Ogni ricetta nasceva e si concreatizzava dalla terra alla tavola tenendo conto delle ferree regole che venivano imposte dalla religione, limitative per i cuochi e i loro collaboratori, caricando di valori simbolici cristiani il rapporto tra uomo e cibo. La stretta disciplina alimentare prevedeva infatti una minima quantità di alimenti perché la mortificazione del corpo innalzasse lo spirito. Per molti secoli questo rapporto cibo-religione ha però dato origine a ricerca e sperimentazione, tanto che frati e monaci divennero dispensatori di ricette che trascrivevano accuratamente, per i contadini stessi dai quali prelevavano le materie prime e anche per gli aristocratici dai quali abati e badesse provenivano. Fu così che i nobili ebbero un contatto più o meno diretto con il popolo, attraverso il cibo e i diversi modi di prepararlo. Connubio perfetto che generò i primi veri e propri manuali di cucina. Così anche tra i ceti popolari inizia a farsi strada la cultura del cibo e i modi per trasformarlo tanto da poter preparare complessi pasti per le feste. I religiosi attinsero dai contadini e dal popolo i loro modi di cucinare e li fecero propri esaltando i sapori con erbe aromatiche e spezie che solo loro potevano avere. All’interno delle cucine nonostante i divieti e le regole non mancava ogni ben di Dio anche perché i pellegrini e gli ospiti erano esentati da diete e digiuni imposti dai regolamenti ecclesiastici. Ed ecco che come per miracolo si andarono affermando nuovi princìpi e sviluppi delle materie tanto da poter affermare che tra le mura di conventi e abbazie nacque e si sviluppò quella che sarebbe diventata la nostra stupenda arte culinaria.

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