La parabola delle dieci vergini: attendere lo sposo facendo la volontà di Dio

La parabola delle dieci vergini fa parte del discorso sulla fine della storia, l’ultimo grande discorso del vangelo di Matteo

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Il Capocordata

L’indole escatologica della parabola (Mt. 25, 1-13)

La parabola delle dieci vergini fa parte del discorso sulla fine della storia, l’ultimo grande discorso del vangelo di Matteo. Questa parabola ha una duplice finalità: mantenere viva la certezza del ritorno del Signore e suggerire come comportarsi nel tempo dell’attesa. La parabola insegna che bisogna essere pronti a ogni evenienza e che il ritardo non deve significare darsi alla pazza gioia. E’ chiaro che il problema sotteso alla parabola è quello del ritardo del ritorno finale del Signore (parusia), e di conseguenza si intende sottolineare la necessità di essere sempre pronti ad accogliere il ritorno del Signore.

A motivo del clima afoso i matrimoni, in Palestina, venivano solitamente celebrati e festeggiati la sera e si protraevano sino a notte inoltrata. Lo sposo si recava alla casa della sposa e, accompagnato dal corteo nuziale, la portava a casa propria, dove veniva celebrato il matrimonio e si teneva il banchetto. Le damigelle d’onore, per lo più amiche della sposa, andavano incontro allo sposo e lo attendevano in un luogo prestabilito per accompagnarlo sino alla casa della sposa. Il compito delle damigelle era quello di illuminare il corteo nuziale notturno. La parabola si basa su questa consuetudine, ma viene arricchita di particolari, talvolta inverosimili, per evidenziare la necessità di rimanere pronti ad accogliere lo sposo anche se questi ritarda.

La parabola si apre con una formula

“Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini…” (v. 1). Il regno dei cieli è paragonato a una festa di nozze. La parabola parla di un aspetto del regno futuro, del banchetto celeste, al quale sarà ammessa la comunità in attesa, rappresentata dalle vergini sagge. Nella prima scena le vergini sono divise in due gruppi: cinque vengono dette “stolte” e cinque “sagge” (v. 2). Le stolte non prendono con sé una riserva di olio per le lampade; le sagge, invece, portano con sé una scorta di olio, per far fronte a una possibile emergenza nel caso lo sposo ritardi (vv. 3-4). Il ritardo dello sposo provoca l’assopimento di tutte le vergini (v. 5).

Nella seconda scena i personaggi principali sono ancora le vergini, ma lo sposo comincia a svolgere un ruolo importante: la sua improvvisa venuta provoca nelle vergini la presa di coscienza del loro grado di preparazione. Le stolte si rendono conto solo allora della loro poco avvedutezza e chiedono alle sagge di dividere con loro l’olio. Il rifiuto opposto dalle sagge non è segno di scortesia o di rivalità, è legato alla situazione: l’olio non è sufficiente per tutte.

Ha quindi inizio la terza scena: mentre le stolte si stanno recando dai venditori, giunge lo sposo: le vergini “pronte” entrano alle nozze e “la porta viene chiusa” (v. 10). Le stolte, a motivo della loro negligenza, hanno perso una occasione che non si ripeterà più. In quest’ultima scena il protagonista è lo sposo, è lui che giudica e separa le vergini (v. 12). Bisogna essere vigilanti, perché non si conosce né il giorno né l’ora in cui il Figlio dell’uomo verrà (v. 13).

La vigilanza nell’attesa del Signore

Le dieci vergini sono figura della Chiesa incamminata verso il regno definitivo in attesa dello sposo, Cristo Gesù. Le “vergini stolte” non sono tali solo per la loro imprevidenza e distrazione a causa della quale dimenticano l’olio per alimentare le lampade; la loro stoltezza riguarda l’incapacità di comprendere la realtà che vivono: lasciano spegnare le lampade perché manca loro la capacità di intendere e compiere la volontà del Padre. Le “vergini prudenti”, al contrario, sono quelle dotate di un cuore aperto, comprendono la realtà del regno e compiono la volontà del Padre.

Il loro rifiuto a dare olio alle compagne non significa grettezza o mancanza di carità, ma volontà di conservarsi fedeli e disponibili a ogni costo, perché questa è la condizione per essere pronte ad accogliere lo sposo, qualunque sia l’ora della sua venuta. Il “ritardo dello sposo” serve a dare maggiore risalto alla imprevedibilità del suo arrivo, infatti arriva nel cuore della notte, l’ora in cui tutti sono immersi nel sonno.

E’ questa dinamica d’incontro, caratterizzata dalla disponibilità e dalla prontezza, che è importante. La parabola ha come protagoniste le vergini: è infatti il loro atteggiamento nei confronti dello sposo che costituisce il centro del racconto. Tutta l’azione trova unità nella persona dello sposo che è determinante in tutte e tre le scene: la prima lo definisce come “colui che è atteso”, la seconda come “colui che sta arrivando”, la terza “come colui che è arrivato”.

La parabola insega ad attendere Dio come colui che viene quando vuole, e non in un determinato momento che noi pensiamo di conoscere. La comunità cristiana deve vivere il tempo presente come tempo di attesa del ritorno del Signore, lo Sposo; bisogna essere vigilanti perché nessuno conosce il momento del suo ritorno. L’olio delle lampade è simbolo del fare la volontà di Dio, simbolo delle opere buone; proprio per questo le sagge non possono passare il proprio olio alle stolte.

La parabola è stata inserita da Matteo all’interno del discorso sulla “fine” per rispondere a una precisa domanda posta dai discepoli: “Quando verrà la sua venuta finale?” (24, 3). Gesù non dice quando verrà, ma invita a prepararsi a questo evento. Il tempo dell’attesa deve essere tempo operoso, perché l’incontro finale con il Signore, che verrà per invitarci a fare festa con lui, potrà trasformarsi in condanna non per la sua severità, ma per la poca vigilanza e preparazione che avremo dimostrato. Alla venuta del Signore bisogna prepararsi già da ora, perché quando verrà sarà troppo tardi. Le vergini stolte sapevano della venuta dello sposo e l’aspettavano, ma nonostante questo non si erano preparate in modo conveniente.                                  

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Boscolo, 2020.

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