Leggi, per la sinistra osservarle è un disvalore

La vicenda della Sea Watch sembra mostrare una nuova tendenza proposta dalla sinistra, quella secondo la quale è un disvalore osservare le leggi quando si tratta di migranti

La vicenda della Sea Watch, che in queste ore sta infiammando la politica italiana, ci sta insegnando molte cose e, tra le tante, sta mettendo in evidenza come il relativismo dilagante, ormai, si sia impadronito non solo della nostra società ma anche della politica che dovrebbe rappresentarla. Un Paese i cui rappresentanti istituzionali non solo appoggiano un personaggio contra legem ma, addirittura, si precipitano al suo fianco salendo a bordo della nave che comanda, incitandone il suo comportamento illegale, fanno sorgere seri dubbi sulla vera capacità di rappresentare i valori della Nazione, in primis quello della legalità e del rispetto delle leggi sui quali la stessa si fonda come ogni Paese civile.

Una sinistra politica quasi interamente schierata  a favore del capitano della Sea Watch, facendone una vera e propria eroina vessillo della disobbedienza nei  confronti di quelle leggi e di quel sistema democratico che gli stessi sono chiamati a rappresentare e tutelare, porta a delle riflessioni di carattere istituzionale che non avremmo mai voluto affrontare; assistiamo sgomenti ad una sinistra che sembra stia contribuendo a minare dalle fondamenta, in nome di una non meglio identificata ideologia del caos e dell’anarchia istituzionale, quella repubblica che la stessa sinistra ha provveduto a fondare e edificare con grande sforzo; una repubblica che sembra non più avere importanza agli occhi di quei membri del Parlamento che contrapponendosi, direttamente o indirettamente, velatamente o espressamente, ad altri organi e soggetti dello Stato calpestano il loro stesso ruolo, quel ruolo che gli stessi rappresentano. Sembra che per essi non contino quelle norme che non siano diretta espressione delle proprie idee, sembra che non abbiano più valore quelle norme nate dalla corretta applicazione di un sistema istituzionale, costituzionale e democratico al quale gli stessi hanno preso parte; un sistema che gli stessi hanno sempre utilizzato applicando quei meccanismi di creazione della norma ma che ora non ha più valore né hanno valore le norme che gli stessi, nel caso di specie, hanno incitato a violare al capitano della Sea Watch.

Le motivazioni addotte, che appaiono essere sempre più  pretestuose che reali, non sono degne di un Paese civile, la lotta alle norme che si assumono ingiuste si porta avanti nelle opportuni sedi istituzionali di confronto e discussione politica, lì dove la norma trova la sua origine e il suo sviluppo, lì dove la norma può essere “impugnata” mediante l’eccezione di incostituzionalità della stessa. Cesare Beccaria auspicava che per prevenire i delitti fosse necessario “che le leggi sian chiare, semplici, e che tutta la forza della nazione sia condensata a difenderle, e nessuna parte di essa sia impiegata a distruggerle.”  Non è ciò che appare accadere in Italia in cui il principio di effettività, che prevede la concreta esecuzione di quanto stabilito dalle norme che fanno parte dell'ordinamento, sembra essere violato nella sua essenza più pura in nome del principio, oggi tanto invocato, della necessitas suprema lex est, secondo quello che era il pensiero di Carl Schmitt che dubito sia conosciuto da coloro che osannano il capitano della Sea Watch.

Oggi più che mai dobbiamo considerare la certezza un elemento costitutivo del concetto stesso di diritto e il diritto base della nostra democrazia; Cicerone sosteneva che “Il buon cittadino è quello che non può tollerare nella sua patria un potere che pretende d'essere superiore alle leggi” e sulla base di questa considerazione dovremmo pensare esclusivamente all'adattamento dei sistemi giuridici interni alle norme internazionali non di certo all’incitamento alla violazione sistematica di norme e leggi da parte di chi, per primo, dovrebbe garantirne il rispetto e l’osservanza.

 

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