Libri, intervista a Fausto Bertinotti, esce “Sempre Daccapo”

L’eleganza del suo stile e il modo di conversare raffinato ne hanno fatto uno dei protagonisti della Seconda Repubblica

L’eleganza del suo stile e il modo di conversare raffinato ne hanno fatto uno dei protagonisti della stagione politica della Seconda Repubblica, Fausto Bertinotti, ex Presidente della Camera dei Deputati del Governo Prodi ed ex segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, è sicuramente uno dei più intellettuali tra i politici del passato. Ritirato da qualche anno dalla politica attiva, ha voluto proporre le sue riflessioni  su questo periodo di crisi e di forti cambiamenti in un libro intitolato “Sempre Daccapo" (ed. Marcianum Press) con la prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi. In questo testo Bertinotti  affronta questioni come le difficoltà dei partiti politici, la religione e la crisi  economica. E quando in esclusiva per Visto gli chiediamo del suo passato politico commenta: “Abbiamo vissuto una stagione irripetibile”. E i suoi occhi azzurri si accendono ancora.

Non tornerebbe in politica?

No, è una stagione finita. Credo che non ci siano uomini per tutte le stagioni: io ne ho vissuta una da protagonista ma deve esserci sempre un naturale ricambio.

Forse anche perché sente di essere stato danneggiato, nella sua immagine di uomo di sinistra, dal fatto di aver frequentato certi anche certi ambienti mondani, pieni di gente ricca e del mondo dello spettacolo?

Le critiche dalla mia parte politica sono avvenute solo a causa della rottura del Governo Prodi, nel 1998. Poi  in alcuni ambienti c’è stato un uso strumentale di certi miei modi di vivere. Ho sottovalutato questo rischio, credendo che la mia origine proletaria non fosse mai messa in discussione. Ma un uomo deve avere il coraggio di vivere con vocazione e con la certezza di avere sempre servito lealmente la propria causa.

A proposito del suo libro: cosa  col titolo “Sempre Daccapo”?

Bisogna ricominciare daccapo perché è in atto una vera e propria crisi sociale fatta di disoccupazione, cassaintegrazione, scoppi di violenze, tutti fenomeni frutto di un autentico declino di civiltà. Ricominciare daccapo vuol dire che le culture, che in passato hanno parlato di uguaglianza, cioè il movimento operaio, il cattolicesimo e la cultura liberale, devono riprendere a dialogare sulle questioni fondamentali. Vale a dire il destino dell’uomo nella società attuale, in cui la finanza la fa da padrone e distrugge la democrazia.

Non viviamo in una democrazia?

Noi viviamo in una Europa che all’apparenza è governata dalla democrazia ma che in realtà è comandata da un governo di pochi uomini potenti e dalle loro politiche economiche: le banche, le grandi multinazionali, i movimenti finanziari. Ci governano producendo povertà e amplificando le disuguaglianze . Basti pensare che un capo di grande azienda  nel passato aveva un reddito che era di trenta-quaranta volte quello dei lavoratori della stessa impresa, mentre oggi è pari a cinquecento volte quello del suo dipendente.

Cosa  pensa della politica del Presidente del Consiglio Matteo Renzi?

Renzi è un uomo politico molto forte, ma non è altro che la conclusione di un ciclo di politica economica che ha un nome: la governabilità. Nel voto prende larghi consensi, ma le politiche che compie sono sottomesse a quella gestione europea e a quel sistema finanziario di cui noi tutti possiamo solo  subire le conseguenze. Renzi chiude il cerchio, e per certi versi,  porta avanti la politica in cui c'è un’ Europa che sceglie per noi. Chi ci governa davvero in questo momento è l’Europa .

Ha senso oggi parlare di comunismo?

Sì, purché non si cada nella trappola di associare il comunismo all’Unione Sovietica e ai partiti comunisti,  storie finite col Novecento. Se per comunismo invece intendiamo tutto quello che nella Storia ha parlato il linguaggio e la necessità degli ultimi di diventare i primi nel mondo, allora il comunismo ha ancora senso.

Quando la politica ha smesso, se ha smesso, di stare in mezzo alla gente?

Negli anni Ottanta, quando i partiti di sinistra e centrosinistra diventano forza di governo pensando di dominare i processi economici, e invece si ritrova ad essere governati da quegli stessi processi . A quel punto si è prodotto  un distacco dalla vita quotidiana delle persone. Non esiste più un conflitto politico tra destra e sinistra, ma tra l’alto e il basso della società. L’alto è rappresentato da poche persone, che sono le nuove aristocrazie.  

Prima di entrare in politica, lei è stato dirigente sindacale della Cgil. Cosa votano gli operai oggi?

Il problema non è il voto, ma la disperazione sociale degli operai: molti non votano affatto. Gli operai stanno male e i loro figli non hanno futuro con la disoccupazione giovanile al 44%, mai così alta dal 1977. Andrebbe approfondito l’elemento di collera e di rabbia della gente, molto prima del discorso sul voto.

Nell'attuale panorama chi sono gli uomini politici che stima ?

Non mi interessa parlare di Grillo, Salvini o Renzi. Invece, mi interessa capire di quali valori siano portatori questi soggetti. Oggi, i politici più forti non sono quelli che fanno una politica di qualità come nel passato, ma sono quelli che prendono i voti. La qualità non  serve a diventare protagonisti nella politica attuale.

*di Mariagloria Fontana  ( intervista già pubblicata sul settimanale Visto n. 50 )

Foto di Adriano Di Benedetto

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