Lo Stadio Flaminio, custode della morte del disperato senza dimora

La morte del disperato senza dimora dentro il cadavere dello Stadio Flaminio è l’immagine oggi di Roma Capitale

La situazione di degrado dell'impianto Flaminio

Il degrado dello stadio Flaminio di Roma

La morte del disperato senza dimora dentro il cadavere dello Stadio Flaminio è l'immagine oggi di Roma Capitale, città splendida, lo sappiamo, e con un enorme potenziale, per lo più ancora assurdamente inespresso, che la potrebbe trasformare nel vero centro cardine strategico per l'Europa, culturalmente e non solo. Ma Roma Capitale ormai, per lo più, risalta sulle cronache quotidiane solo quando un suo "cittadino" emigrato dal mare, un gabbiano, divora un topo sul tetto di un'auto o quando un maiale banchetta tra i cassonetti o un cinghiale galoppa furioso verso il quartiere Prati. Qualcuno ha definito Roma un bioparco.

Eppure il Flaminio è una struttura storica, un'opera forgiata con arte e perizia e con un passato altisonante. E' nel centro di Roma, per cui non si può in questo caso neppure parlare di "degrado delle periferie" concetto tanto di moda oggi tra sociologi e intellettuali nelle loro analisi simili ad autopsie piuttosto che a interpretazioni o esegesi del territorio. Progettato dall'architetto Antonio Nervi in collaborazione col padre Pier Luigi – il Flaminio venne dato alla luce nel 1959 come un piccolo gioiello, non tanto piccolo a dire il vero se inizialmente conteneva fino a 40.000 spettatori. Nel corso degli anni è stato usato per varie attività. Fino a diventare stadio di Serie A di Roma e Lazio verso gli anni novanta. Poi rugby e altro, fino allo screzio con la città, l'abbandono, il dissesto. Oggi il Flaminio è un luogo sinistro, un cumulo di cemento e terriccio che fa gola solo a disgraziati per ripararsi dal gelo o magari a palazzinari con la bava alla bocca e senza scrupoli.

Immaginate quanti appartamenti potrebbero essere costruiti e venduti! 

Eppure oggi ci voleva la tragedia di un uomo trovato morto tra le tribune o meglio dire le viscere dello stadio – anche questa volta un dramma – per doverne parlare e cercare una soluzione. Forse sì. In Italia siamo Campioni del Mondo di Commissioni Parlamentari e non – post questo e post quello. Studiamo spesso appositamente e diligentemente per cercare soluzioni solo dopo un avvenuto disastro. Che sia un terremoto, un cataclisma ferroviario, come pure tanto per ampliare il panorama – il dramma di questi giorni di ragazzini accoltellati da parte di babygang venute fuori dal nulla. Ma non complichiamoci la vita, restiamo coi piedi sul cemento.

Troppo complesso organizzare, prevenire, evitare morte.

Così, ancora una volta, lasciamoci pure andare al dolce cullare di quest'ennesima Giunta – che solo poco tempo fa si proclamava attenta alla situazione del Flaminio e delle giuste lamentele dei suoi inascoltati e dimenticati abitanti di Roma Nord. Un Comune incolpevole per essersi trovato innanzi a questo scempio abbandonato dalle precedenti amministrazioni, tutte: destra e sinistra, senza un progetto riqualificatore (come si dice bene a parole). Un Comune incline e fiducioso a trasformare il Flaminio in un moderno centro polivalente sportivo – naturalmente gratuito – per i ragazzi della nostra città. "Un garage mai, per carita'! Il Flaminio merita ben altro"!, mi rispose  poco tempo fa l'Assessore allo Sport di Roma quando gli chiesi: "Perche' non sincronizzare risorse pubbliche e private come Londra per esempio e avere uno splendido stadio cittadino?". Un Comune, o un Paese direi, per non scontentare nessuno in periodi di campagna elettorale, oggi ancora complice e soprattutto spettatore di uno spettacolo orribile dove un uomo viene portato via dai cancelli di uno stadio dentro una busta nera.

Domani, domani Roma e il Flaminio toneranno a vivere di quella vera splendida, luce propria. Domani.

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