Luca Frusone spiega il dl Imu-Bankitalia

Intervista a Luca Frusone, deputato per il MoVimento 5 Stelle

Del decreto Imu-Bankitalia ne abbiamo parlato con Luca Frusone, deputato per il MoVimento 5 Stelle e tra i protagonisti della protesta messa in atto in Aula alla Camera, nel giorno della fiducia posta dal ministro Franceschini.

"Noi chiediamo che Bankitalia sia pubblica – dichiara Frusone – Le sue quote devono essere riacquistate dallo Stato e dagli enti pubblici. Solo lo Stato deve guadagnare dall’attività di Bankitalia".
E non lo dice solo Frusone, ma anche una legge, la n. 265 del 2005, che 9 anni fa aveva imposto che Bankitalia fosse pubblica.
"La cosa assurda – incalza Frusone – è che il ministro Saccomanni in audizione disse che quella legge è rimasta inapplicata perché era troppo difficile da attuare. Ci rendiamo conto?".

"Con adeguato regolamento – spiega – si può tranquillamente prevedere l'indipendenza dalla politica". A questo proposito, Frusone ha dichiarato di essere convinto che l'unico modo per salvare Bankitalia fosse proprio quello di renderla pubblica a tutti gli effetti, coerentemente con quanto il MoVimento 5 Stelle propone dal giorno della sua nascita ad oggi: la tutela della sovranità nazionale e monetaria.

Ed è per questo che lo scorso 24 dicembre i deputati del MoVimento 5 Stelle hanno inscenato una protesta: alcuni di loro si sono sdraiati a terra, altri hanno esposto degli striscioni con su scritto "Giù le mani dalla banca degli italiani!".
"Di fronte al silenzio assordante dei maggiori giornali riguardo questo scempio – continua Frusone – possiamo attirare l'attenzione solamente con gesti eclatanti. Io ero uno di quelli seduti nell'emiciclo. Ero lì perché per l'ennesima volta il Governo ha posto la fiducia su un decreto omnibus, e quindi in contrasto con la Costituzione e i monti di Napolitano di dicembre. Con la fiducia ha di nuovo tranciato il processo democratico già svilito dall'uso assurdo della decretazione d'urgenza, che poi di urgenza non è. Già senza entrare nel merito del decreto, si possono notare notevoli questioni di incostituzionalità: le leggi le deve fare il parlamento e non il Governo. Se poi entriamo nel merito del decreto, ci accorgiamo che si tratta di un nuovo regalo alle banche, un furto sia economico sia di sovranità ai danni dei cittadini. Avrebbero potuto portare in Aula un decreto con la sola IMU su cui siamo d'accordo, anzi da programma vogliamo abolirla. Poi avremmo potuto parlare di una proposta di legge sulla questione Bankitalia. E invece, ormai il modus operandi sembra sempre lo stesso: vengono accostate cose buone (abolizione dell’Imu) a cose pessime (riforma dell’assetto proprietario di Bankitalia)".

Quando gli chiediamo dove condurranno il Paese questi governi tecnici dato che la fiducia è stata votata con 335 sì e che è stata di fatto resa impossibile la discussione del decreto, Frusone ci risponde che il problema, almeno in parte non sono i governi tecnici. "Il Governo – spiega – è un organo esecutivo ma da molti anni ormai fa le veci del Parlamento. Gli italiani hanno subìto con il tempo un lavaggio di cervello, e credono che il Governo sia l'organo reggente del potere politico in Italia, ma è il Parlamento che deve legiferare. Basti pensare alle elezioni: c'è chi è convinto che si elegga il presidente del Consiglio, ma è il Parlamento l'unico organo eletto direttamente dal Popolo. Restituiamo il suo ruolo al Parlamento e tutti i discorsi sulla governabilità e sui governi tecnici saranno un brutto ricordo".

Entrando nel merito del decreto legge, chiediamo a Luca Frusone quali conseguenze possa portare la previsione del tetto massimo si possesso delle quote nominative al 3%, con la conseguenza che le quote di oggi dovranno essere vendute, a partire da quelle di Intesa e Unicredit, soci di maggioranza di Bankitalia.
Non solo. Inserendo tra i possibili acquirenti anche banche, imprese e associazioni con sede all'interno dell'UE, oltre enti, banche e istituti di previdenza con sedi in Italia, Bankitalia rischia di finire in mano agli stranieri?

"Questi dubbi sono più che fondati – continua Frusone – è possibile che un intermediario finanziario possegga il 3% e che abbia sede legale in Italia, ma sia poi controllato da una società estera. Si pensi al caso di BNL in mano francese. E se una cordata di banche estere comprasse molti pacchetti da 3% di quote? E se facessero patti di sindacato per orientare l'operatività di Bankitalia? Un altro problema, su cui tutti tacciono, è che le quote in eccesso al 3%, saranno ricomprate quasi certamente dalla stessa Bankitalia che quindi spenderà 4mld di euro per riacquistare una cosa sua".

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