La notizia è di quelle che fanno ben sperare. L’Associazione Giapponese Zoo e Acquari (JAZA) ha dichiarato che non acquisterà più delfini derivanti dalla tristemente nota baia di Taiji, in Giappone. La baia, teatro della macabra mattanza dei tursiopi che si svolge da decenni, aveva attirato su di se l’attenzione internazionale dopo l’uscita del film-denuncia, premio Oscar, The Cove. La pellicola, infatti, aveva portato sugli schermi di tutto il mondo, Giappone compreso, la realtà della caccia ai delfini dove, tra la stragrande maggioranza destinata alla macellazione, vengono tuttora scelti individui idonei per entrare a far parte degli spettacoli di delfinari e acquari cui vengono venduti a peso d’oro.
Le stime evidenziano che circa il 40% dei delfini catturati ogni anno a Taiji sono stati acquistati, finora, da delfinari e acquari del Sol Levante che aderiscono alla JAZA. Va da sé che la storica decisione presa dall’associazione si traduce in un colpo durissimo per i pescatori responsabili del “tradizionale” massacro anche in considerazione del fatto che un solo esemplare si poteva riuscire a vendere anche a cifre vicine ai 100.000 dollari.
Una decisione, quella di JAZA, storica, dicevamo. Non del tutto indipendente, però, visto che ha fatto seguito alla notizia che aveva riguardato la più importante associazione mondiale che racchiude zoo e acquari, la WAZA, che si era schierata contro la caccia nella baia di Taiji ed ha imposto la scelta all’ente giapponese.
Milioni di persone in tutto il mondo che, ancora oggi, lottano per la fine della mattanza dei delfini in Giappone, e non solo, possono tirare un piccolo sospiro di sollievo per la vittoria ottenuta. Un sospiro sperato e inaspettato, come quello di un piccolo delfino che sfugge alla mattanza e, di corsa, riprende il largo.
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