(Adnkronos) – "I documenti me li sono sempre procurati da me. A Roma c'è una strada in cui vanno tutti perché sono quelli che forniscono a tutti. Mi spiego? Quando mi hanno interrogato loro, uno non è che può pensare tutto, però io dicevo… e ho detto cosa c'era in questo appartamento. Nel mentre, loro li avevano già trovati, tranne i soldi, c'erano 5 mila euro? Tranne i soldi, ma poi il resto, hanno trovato tutto. Però dimenticai a dire loro che c'erano anche delle tessere, delle tessere, carte di identità, vuote; "vuote" significa senza neanche il numero…Sì, sì… è giusto? Credo che fossero 20, 15, non lo so quante, io le ho sempre avute a quantità". E' il 7 luglio del 2023 e il boss mafioso Matteo Messina Denaro viene interrogato per l'ultima volta, prima della sua morte, dal Procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido. E' lui a rivelare ai magistrati che le carte di identità usate per nascondere la sua vera identità non sono state realizzate, a suo dire, al Comune di Campobello di Mazara, come emerse dal verbale di perquisizione dopo il suo arresto. "Un documento romano lei non lo ha mai usato?", gli chiede il magistrato. E Messina Denaro: "Romano in che senso, scusi?". "Di uno di Roma". "Sono molti i documenti, però c'è una cosa: c'è da vedere com'erano, perché se hanno il numero di matricola è un conto, non servono a niente… i documenti, la carta di identità. Certo, certo… se c'è numero di matricola, che ne deve fare? I documenti devono essere senza il numero di matricola, cioè quando partono da là; il momento in cui arrivano in Prefettura, dove deve andare col numero di matricola? Questo volevo dire. Quindi, magari…", dice il boss. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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