Roma, “Nessuno sindaco” rivendica raid contro Pd e Pdl

Gli alti e bassi della campagna elettorale romana

Un binario fatto di alti e bassi, quello su cui viaggia la campagna elettorale Capitolina che porterà alle elezioni del nuovo sindaco di Roma il 26 e il 27 maggio prossimi.

Oltre ai giochi politici da salotto, tra batti e ribatti e rimpiattini, il clima politico è inasprito dalla rabbia di alcuni cittadini, che non fanno sconti a nessuno. I comitati elettorali e i gazebo di Alemanno, Marino e Marchini, infatti, sono stati vittime di atti vandalici.

In Corso Francia è stata bloccata la porta del comitato di Alfio Marchini con dei chiodi, e i manifesti sono stati strappati.
A piazza Bologna, invece, il Comitato elettorale ‘Nessuno Sindaco’, ha occupato i gazebo degli altri due candidati, Alemanno e Marino. Erano circa una decina, tutti col volto coperto. L’azione a piazza Bologna è stata pubblicizzata anche sul blog Militant-blog.org.

In una nota, il Comitato spiega che “Nessuno Sindaco ha incontrato la cittadinanza e ha spiegato i punti del suo ‘non-programma elettorale’: Nessuno requisirà gli appartamenti sfitti, trasformandoli in case popolari e studentati, e garantirà il diritto all’abitare per tutti; Nessuno difende i lavoratori, per questo Nessuno abolirà la precarietà e garantirà la piena occupazione; Nessuno istituirà trasporti pubblici gratuiti ed efficienti e innoverà lo smaltimento dei rifiuti con un nuovo sistema alternativo ed ecologico”.

“Alle prossime elezioni comunali del 26 e 27 maggio – spiegano i promotori – abbiamo scelto di presentare l’unico candidato che ci sembra adatto a rappresentarci in questa fase: Nessuno. Il conflitto, prima di essere portato all’interno delle istituzioni, deve essere prodotto nella società: per questo è necessario ripartire dalle lotte per riprenderci quello che ci spetta”.

Dietro il Comitato, come si apprende da un militante a volto coperto, ci sono i collettivi di ispirazione comunista, composti di lavoratori precari e studenti tra i 18 e i 40 anni.

La loro è stata un’azione di protesta: occupare i gazebo di chi, con quei gazebo, ha invaso Roma.
I militanti del Comitato, precisano inoltre che, contrariamente a quanto dichiarato da Pd e Pdl, non ci sono state violenze fisiche.
“È stata un’azione pacifica. Al gazebo di Alemanno l’hanno presa pure a ridere, quelli di Marino erano più infastiditi. È il lancio della nostra campagna, volevamo ‘bucare’ sui media. Ci saranno altre iniziative, non necessariamente di questo tipo”.

Un tempo, Pasolini avrebbe avuto un gran bel da raccontare.
Ma siamo nel 2013, non negli anni ’70. Anche se sembra.
Sì, il clima non è lo stesso, ma l’Italia conosce bene episodi simili.
Esistono tattiche che mirano a dividere, manipolare, controllare, veicolare, distorcere la pubblica opinione, tramite il mezzo della paura, della propaganda, della guerra psicologica.

Negli anni’70 scoppiavano le bombe e le pistole sparavano. Oggi, per fortuna no. O almeno non sempre. O almeno non lo fanno sembrare.
La strategia della tensione, però, aveva una matrice politica, non civile.
Anche se il tramite della politica erano le azioni dei gruppi terroristici italiani allora in attività. Perché si sa che la politica non si sporca le mani, ma le fa sporcare ad altri disposti a farlo per loro.

E non si può certo avere l’assurda pretesa di condannare gli atti del Comitato Nessuno Sindaco ascrivendoli a strategie simili.
Quando accadono episodi simili, non si può far altro che aspettare che la verità storica venga ricostruita e fare la parte di quelli che sanno sempre tutto, ma il giorno dopo.

Ma qualcosa da sapere anche oggi, c’è.
C’è che quella di Nessuno Sindaco, o di quanti vogliano compiere gesti simili, non è una tattica vincente.
C’è che è vero che la crisi, nel nostro Paese, non è solo economica, ma è prima di tutto etica e morale. E, da questo punto di vista, siamo in crisi da un’eternità.
C’è che è vero che la ‘politica’ non è più ‘Politica’.
C’è che è vero, siamo uno stato palesemente commissariato, anche se si ostinano a farci credere che non sia così.
C’è che è vero che non c’è nessuno in grado di rappresentarci, ma soprattutto che non siamo liberi di scegliere chi debba e possa rappresentarci.
Ma c’è anche che le crisi che oggi viviamo, quella economica e quella morale, sono state determinate da ‘leggi’ che hanno fallito. Hanno fallito le leggi del mercato, hanno fallito le leggi della piazza.

Ed è proprio in questi momenti che si deve fare attenzione, perché la disperazione (a volte troppo esasperata da chi tenta di veicolare le nostre opinioni) trasforma le vittime in carnefici, e i carnefici in boia. Non si otterrà un sovvertimento del sistema in questo modo; è, anzi, molto più probabile che il gioco del pescatore con le reti diventi un gioco al massacro tra pescecani.

E non si può pretendere di ristabilire in questo modo delle regole che non sono mai esistite. Bisogna prima decidere quali sono le regole giuste, e poi combattere per il bene, di tutti. Perché non “sono tutti uguali”: è molto più facile abbandonarsi a ragionamenti qualunquisti e non costruttivi.

In nome di cosa qualcuno decide che è giusto combattere così, per il bene di tutti? Ma tutti chi? Siamo sicuri che noi tutti saremo contenti e soddisfatti quando vedremo gli spargimenti di sangue? Siamo sicuri che noi tutti siamo contenti quando vediamo dei politici insultati al ristorante?
Siamo sicuri che noi tutti siamo contenti quando sentiamo dire che ‘quel giorno lì, bisognava sparare ai politici non ai Carabinieri’? Siamo sicuri che noi tutti, quando questo Paese fallirà del tutto, saremo contenti?

Quando non ci sarà più nessuno con cui prendersela, inizieremo a mangiarci l’uno con l’altro, fino a vedere se è vero che Darwin aveva ragione e che solo i migliori sopravvivranno. O se forse, invece, sopravvivrà chi, quel giorno, si è alzato e ha deciso quale era il modo migliore per combattere questo sistema.
E chi si alza un giorno e decide per tutti, lo fa perché può farlo, e ne ha i mezzi.

E non è detto che sia il migliore. Magari è solo uno che ha avuto fortuna.
E sopravvivrà lui, a dispetto di chi si ritrova senza mezzi e divorato dai vicini. Quei vicini che un tempo, al bar dello sport, si lamentavano con lui.
Perché quei vicini, che si mostrano arrabbiati e delusi, e poi decidono qual è il modo migliore per combattere questo sistema marcio, se sanno come combatterlo è perché, quasi sicuramente, lo conoscono, ne fanno parte. Se non direttamente, almeno indirettamente.

Quando si dice che la storia deve insegnare, bisogna guardare alla storia (di un tempo) proiettandola verso il presente e il futuro più prossimo. Quello che noi scriviamo ogni giorno con le nostre mani. Quando si dice che la storia deve insegnare, vuol dire che noi tutti abbiamo il dovere di interpretare il passato e non sbagliare nel presente. Quando celebriamo, ad esempio, il 25 aprile, noi abbiamo la libertà di scegliere se commemorare un giorno solo o imparare ogni giorno. E noi italiani, tra le due, abbiamo scelto la prima mossa: commemorare e basta. Come se la storia fosse un capitolo archiviato.

E invece, a voler guardare indietro nel tempo, tanti hanno voluto insegnarci molto. Perché non si impara solo dagli eventi spiacevoli.
E così, tra gli altri, qualcuno, una volta, disse che alla pars destruens bisogna far conseguire una pars costruens. Questo qualcuno era Renato Cartesio, ritenuto il fondatore della matematica moderna.

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