Agguato Nettuno: figlio del boss in coma, volevano colpire anche il minore

Paura a Nettuno tra gli abitanti della città: c’è sgomento per il tentato omicidio del boss e del figlio sedicenne

Entrata dell'ospedale Gemelli di Roma

Policlinico Universitario Gemelli di Roma

Nella giornata di martedì 3 marzo, a Nettuno (Roma), una delle località balneari più frequentate del litorale laziale, un ragazzo di 16 anni e il padre di 46 anni, sono rimasti gravemente feriti da colpi di arma da fuoco in un agguato mafioso.

Nettuno, agguato a casa del boss

I due si trovavano all’interno della propria abitazione. Secondo una prima ricostruzione, intorno alle ore 12:00, un gruppo di persone si sarebbe presentato davanti all’appartamento. Bussato alla porta avrebbe aperto il ragazzo sedicenne e subito sarebbero partiti dei colpi d’arma da fuoco verso il giovane, colpito alla testa e al torace.

In rapida sequenza i malviventi si sono poi diretti verso il padre del ferito, un pregiudicato agli arresti domiciliari, raggiunto anche lui da colpi di arma da fuoco. E’ stata un’amica della vittima la prima a soccorrere il padre e il figlio in una pozza di sangue.

Il 16enne è stato trasportato in elisoccorso e in gravi condizioni all’ospedale Gemelli di Roma e il padre all’ospedale di Anzio. Sul posto sono intervenuti i poliziotti del commissariato di Anzio. 

16enne ricoverato in condizioni drammatiche

E’ ancora in condizioni drammatiche il minorenne colpito da colpi di pistola a casa del padre, un boss mafioso, ai domiciliari. Il ragazzo ha cercato di difendersi dai sicari chiudendosi in bagno ma lo hanno raggiunto alla testa e al torace. E’ in coma farmacologico al Gemelli di Roma dopo due interventi per estrarre i proiettili. Secondo gli inquirenti il minore non è una vittima collaterale dell’agguato ma il momento e il luogo sarebbero stati scelti proprio per colpire entrambi.

I cittadini di Nettuno sono preoccupati e spaventati per l’accaduto, c’è sgomento e rabbia per le condizioni di insicurezza a causa della malavita locale.

Secondo gli investigatori i sicari si sarebbero spacciati per carabinieri, mentre in realtà alla loro porta di casa c’era una cellula della mafia foggiana insediata da tempo nel litorale romano.