“E’ provato che Valerio Del Grosso e Paolo Pirino agirono all’unisono la sera del 23 ottobre” 2019 quando, secondo i giudici della prima corte d’assise di Roma, uccisero il 24enne Luca Sacchi durante una compravendita di droga nel quartiere Colli Albani a Roma. Lo si legge nelle motivazioni alla sentenza con la quale il 30 marzo, la corte d’assise ha condannato a 27 anni di carcere Del Grosso, a 25 anni Pirino e Marcello De Propris, a tre anni Anastasiya Kylemnyk, fidanzata della vittima e ritenuta coinvolta nella compravendita della droga, assolvendo Armando De Propris. Quella sera Del Grosso e Pirino avrebbero dovuto consegnare 15 chili di marijuana “riscuotendo” circa 70mial euro da Giovanni Princi, condannato in un processo stralcio a 5 anni, amico di Sacchi e che, secondo l’accusa e i giudici, aveva coinvolto nella “partita” Anastasiya.
Del Grosso e Pirino, però, trasformarono la vendita della droga, prima in una rapina e poi in omicidio. Arrivarono nei pressi del pub John Cabot armati: Pirino di una mazza da baseball con cui colpì prima la ragazza e poi Sacchi intervenuto in difesa della fidanzata, mentre Del Grosso impugnava la pistola datagli, secondo i giudici, da Marcello De Propris per “portarglieli via tutti e 70” mila, come emerse da intercettazioni telefoniche. Quella sera i due non portarono via i soldi ma la vita di Luca sacchi, raggiunto alla testa da un unico colpo sparato a pochi metri di distanza.
Per questo “Valerio Del Grosso –scrivono i giudici- ha agito con la chiara previsione e volizione della morte o del grave ferimento della vittima, indifferente al risultato perché, sul momento, era preso solo dalla foga di portare a termine la rapina”.
Marcello De Propris non era fisicamente sul posto quando Sacchi è stato ucciso, ciò nonostante “è indubbio –scrivono i giudici per motivare la condanna a 25 anni- il contributo morale, in termini di rafforzamento del proposito delittuoso, e materiale prestato alla commissione dell’omicidio oltre che della rapina, quale fornitore dell’arma carica e pronta all’uso in un contesto fattuale che rendeva altamente probabile il suo effettivo utilizzo”.
La posizione di Anastasiya è legata non all’omicidio del fidanzato ma alla compravendita della droga e, “al disegno criminoso non è venuta meno dopo la consumazione della rapina e dell’azione omicidiaria nei confronti di Luca, che giaceva a terra esanime fra le sue braccia, e neppure alla sua morte, perché l’imputata ha taciuto circostanze fondamentali per la ricostruzione della dinamica dei fatti e dei suoi autori, contribuendo altresì nell’immediatezza alla messa in sicurezza della somma di denaro che custodiva nella sua auto dando le chiavi a Princi”.
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