Cronaca

Omicidio Vannini, l’analisi del tecnico sull’arma del delitto

“Non sono bastati 44 mesi per avere giustizia di mio figlio”. Queste le parole della madre di Marco Vannini. E’un dramma pieno di dubbi quello accaduto nel 2015 a casa del suocero di Marco, Antonio Ciontoli. Molti dubbi restano ancora da chiarire su quello che è effettivamente accaduto quella maledetta giornata. Ciontoli, militare di carriera e in forza ai servizi d’informazione, (segreti. N.d.R.) mostrò la pistola al giovane fidanzato di sua figlia e, per errore, partì un colpo. Una dinamica molto difficile da accettare per la famiglia di Marco ma non solo per loro. La pistola, una Beretta 84 F calibro 9 corto, è conosciuta nel mondo per essere una delle pistola più sicure in produzione; in pratica un’arma a “prova di stupido”, come viene definita nel mondo degli appassionati. Ciononostante la Beretta ha sparato e ha colpito il povero ragazzo all’ascella destra, lesionando, pesantemente, i polmoni e il cuore. Lascia basiti con quanta leggerezza Ciontoli tirò fuori l’arma in presenza del genero, con il caricatore pieno e il colpo in canna. Lui militare di carriera, con un curriculum di agente segreto, addestrato e abilitato al porto delle armi d’ordinanza e non solo, si sarebbe trovato a maneggiare un’arma carica mentre il giovane era intento a lavarsi nella vasca da bagno padronale. La Beretta era riposta in un armadietto. Secondo la dinamica il militare avrebbe estratto l’arma dal cassetto e mentre tentava di scaricarla sarebbe partito un colpo. Una ricostruzione nebulosa e, sinceramente, carente delle principali norme di addestramento, ma anche di buonsenso, sulla custodia di una pistola, imprudentemente maneggiata alla presenza di estranei, in un luogo d’accesso obbligato, notoriamente pericoloso per le armi, stante la propensione delle mattonelle a procurare pericolosi rimbalzi alle pallottole. In qualsiasi manuale d’addestramento alle armi corte, si trova la raccomandazione di non maneggiare una pistola all’interno di una abitazione, alla presenza di estranei, tantomeno in luoghi con rivestimenti murari in mattonelle o affini. Troppi gli errori e le omissioni, troppa la leggerezza del militare di carriera, ma soprattutto assurdo il comportamento di tutta la famiglia Ciontoli dopo il fatto di sangue.

* Massimiliano Burri, perito balistico del Tribunale Penale di Roma.

Redazione

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