“Sono passati più di 6 anni. Probabilmente, era uno dei momenti più duri: ogni giorno un attacco, un’accusa infondata, un tentativo di spallata e colpi bassi da chi diceva di essere amico. Sembrava che tutto fosse lecito. Si poteva scrivere qualsiasi cosa sul mio conto, senza avere alcun riscontro. Ma quel giorno si è passato il limite. ‘Libero’ titolava ‘Patata bollente’ e pubblicava un articolo con evidenti allusioni sessuali. Era il 10 febbraio 2017.
Ho denunciato per diffamazione aggravata Vittorio Feltri, autore del pezzo, e Pietro Senaldi, direttore responsabile e ben due gradi di giudizio mi hanno dato ragione. Ma non è una vittoria soltanto mia: è una vittoria di ogni donna che si è sentita offesa e di ogni padre, fratello, figlio o marito che si è indignato. Quell’articolo era un coacervo di falsità, condite da luoghi comuni, pregiudizi, offese gratuite, sessiste, maschiliste e squallide.
Purtroppo quel che tante donne sono costrette a subire ancora troppo spesso da persone che forse vivono su un altro pianeta. Ho denunciato, perché la critica giornalistica è altro e va ribadito, sempre. Perché il mestiere di giornalista, se fatto con onestà e rigore, è in grado di aiutarci a capire il mondo ed essere più consapevoli.
Venerdì è arrivata la sentenza di appello che ha confermato, ancora una volta, che avevo ragione e ha confermato la condanna per Vittorio Feltri e Pietro Senaldi. Siamo donne, non per questo siamo disponibili”. Lo scrive in un post Virginia Raggi, consigliera capitolina del M5S e all’epoca dei fatti sindaca di Roma. (Red/ Dire)
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