Piercamillo Davigo accusa la politica

Dopo la tragedia c’è il rischio della farsa

Riceviamo e Pubblichiamo:

A distanza di venticinque anni, Davigo infiamma di nuovo il confronto-rapporto, tra la classe politica e la magistratura. Perché? Certo la corruzione, che è il cancro della nostra società, è molto diffusa e pervicace. Della corruzione, Davigo, accusa i politici e li accusa in modo generico e indistinto, facendo questo tipo di accusa mostra un atteggiamento giustizialista, tra l’altro nemmeno tanto respinto.

Davigo è stato un  esponente importante del pool di ‘mani pulite’, quel gruppo di magistrati che agli inizi degli anni ‘90 aprirono una stagione di indagini che portarono a galla un malcostume tangentaro e corruttivo, insopportabile. Sotto le indagini incalzanti, propagate dalla stampa e dalle televisioni, si evidenziarono gli aspetti corruttivi, squallidi e decadenti della ‘prima repubblica’ e di tutto il sistema dei partiti che per cinquantanni aveva guidato il Paese.

Tale sistema, nei decenni aveva smarrito la capacità di guida e aveva perso il senso morale e valoriale originario dei loro partiti usciti dalla resistenza, che ne legittimava il potere. Questo scivolamento nel potere con poco rispetto dei valori costituzionali, i radicali e Pannella la chiamarono partitocrazia, in quanto tale era pertanto destinata a perire. Il ‘pool’ svolse questo ruolo e i cittadini, certamente la maggioranza, gliene furono grati.

Mani pulite, è ormai storia e se ne conoscono i pregi, un forte slancio verso la ricerca della verità, senza il timore reverenziale per i politici importanti, e i difetti, un uso della carcerazione preventiva eccessiva, con conseguenze anche tragiche. Oggi  Davigo, la fine mente del pool, viene eletto presidente dell’ANM e comincia un fuoco di fila di interviste televisive, nei giornali, interventi in convegni dove, tra battute rapide e sapide accusa la politica di essere corrotta, senza distinzioni come lo farebbe un qualunquista qualsiasi davanti al bar, e con battute del tipo “rubano come prima solo che non si vergognano più” sembra voler creare un terreno di scontro con la politica per regolare qualche conto in sospeso.

Come dice Ainis, sul Corriere, di tutto c’è bisogno tranne che di un clima da guerra continua tra i poteri dello Stato, ciò  vuol dire che certamente un confronto forte sia a volte necessario e utile, ma accusare indistintamente tutta la politica finisce per lasciare macerie fumanti i cui effetti poi pesano sulla collettività.

Ho l’impressione, che Davigo svolga la sua funzione sindacale di rappresentanza degli interessi dei magistrati, con impeto e impronta corporativa, della magistratura ne veda solo le positività, e non ne veda i limiti e debolezze. Non si è accorto che la fiducia nei magistrati nel tempo è diminuita di molto punti percentuali, le esperienze di molti magistrati in politica, mi sembra sempre infruttuose e anonime, hanno fatto capire all’opinione pubblica che le bacchette magiche in politica non esistono. Certamente, si può e si deve governare e rappresentare i cittadini meglio! Le battute ad effetto di Davigo danno l’impressione di un magistrato che di dubbi ne abbia molto pochi, eppure Kant diceva “Abbi dubbi”, ma il presidente dell’ANM sembra smanioso di confrontarsi in duello verbale con la politica, quando dice ‘la politica’ ho la percezione che il suo bersaglio sia il presidente del consiglio Renzi.

Difficilmente, questa classe politica al governo e a capo del PD possa essere accusata di corruzione, non fosse altro che, per aver avuto poco tempo per fare danni, eppure Davigo lascia intendere altro. Qualcosa si sta agitando nella palude italiana, quella palude che non vuol cambiare mai, perché è posizionata su paradigmi concettuali quasi epistemici, alludo a quell’insieme di forze, gruppi, movimenti, corpi intermedi della società che sono stati messi in difficoltà dall’entrata in scena di Renzi e del suo modo di procedere: semplice, chiaro, deciso, a volte irriguardoso. Quello che si sta profilando all’orizzonte è un confronto-scontro sulla riforma costituzionale che ormai ha fatto tutti i passaggi in parlamento e in autunno verrà sottoposta a referendum popolare, un referendum, dove Renzi si gioca molto del suo destino politico, molte volte lo ha detto, e gli avversari si stanno mobilitando.

Questo credo, sia il terreno dove lo scontro, produrrà effetti duraturi per la vita politica e sociale del nostro paese, sul referendum costituzionale si troveranno insieme quelle forze, che in modo a volte diverso, alla fine trovano un collante contro chiunque voglia provare a portare avanti un cambiamento costituzionale per rendere il sistema Italia, più efficiente. Davigo, sottovaluta gli anni passati, sottovaluta che nuove generazioni di magistrati e politici sono in scena, e i modi di rispondere alle sue accuse o provocazioni non sono da riflesso condizionato come lo erano per il periodo berlusconiano, gli stessi magistrati più conosciuti, hanno preso le distanze dalle sue esternazioni.  Il tempo, quando esprimere opinioni diverse dal ‘pool’ veniva bollato e demonizzato mediaticamente è certamente finito, perché le storie non si ripetono allo stesso modo con figuranti che impersonano gli stessi personaggi, come sembrerebbero  far pensare le interviste e dichiarazioni di questi giorni.

Eugenio Scalfari ha ricordato dalla Gruber, che sottoporre al carcere preventivo gli indagati per farli parlare non va bene, e a suo tempo, in un incontro richiestogli da F. S. Borrelli – allora  a capo del pool mani pulite, gli altri componenti: D’ambrosio, Colombo, Davigo, Di Pietro, erano presenti all’incontro- fece presente l’uso inappropriato di tale metodo. Ricorda Scalfari che, mentre parlava si rivolgeva a Borrelli e non guardava gli altri presenti -posso pensare, per rendere visibile la sua contrarietà a chi riteneva responsabile dell’uso di tali metodi, ma questo non l’ha detto- alla fine dell’incontro Borrelli rivolgendosi ai suoi collaboratori disse di tener presente le cose dette e gli appunti fatti, rimarcandolo. Vedere la società, gli imprenditori, i politici come tutti corrotti, è come vedere di notte le vacche tutte grigie, è un modo pericoloso di guardare la realtà, perché sviati da un insano senso di giustizia, ci si carica di una missione da compiere quasi religiosa, e non invece applicare con determinazione e serietà, ma laicamente, le leggi.

Un confronto laico e serio sarebbe necessario tra politica e magistratura, per verificare la bontà delle leggi fatte, controllarne gli effetti a volte indesiderati e provvedere a correggerli, insomma una continua relazione allo scopo di rendere la giustizia un ‘bene comune’ per i cittadini, sia come tempi che come qualità complessiva.

Davigo, se difende sempre e comunque in modo corporativo la magistratura, e non ne vede i limiti e lacune, rischia di non essere credibile, come gli ha fatto notare Paolo Mieli in un confronto televisivo di qualche giorno fa.

Dall’altra parte, la politica sia attenta a che i rappresentanti siano persone degne e serie, faccia al suo interno quel lavoro di selezione della classe dirigente che si può fare, ma si deve volerlo fare. E non sempre dà l’impressione di farlo. Non siamo all’anno zero, non tutto è marcio, pensarlo sarebbe suicida, ma un gran lavoro di ricostruzione morale e civile oltre che economico va fatto e bene. Renzi, su queste cose,  deve dimostrare di essere all’altezza, deve saper selezionare una classe dirigente del PD con una visione lunga e una moralità solida, questa è la sfida, giusta, che gli avversari gli pongono, eluderla, sarebbe un errore per chi, come Renzi e il PD, vuol portare l’Italia verso nuove opportunità ed essere leader in Europa.

 

Renato Centofanti renatocentofanti@libero.it

 

Lascia un commento