Processo Elena Aubry, ancora un rinvio. La madre: mia figlia vittima di guerra in tempo di pace

“Credo che un Paese civile non debba permettere questo strazio a delle famiglie e a dei genitori”

Elena Aubry

Elena Aubry

Sono passati quasi 4 anni dalla tragica scomparsa di Elena Aubry, la ragazza 26enne che mentre viaggiava sulla sua Honda Hornet perse il controllo della moto a causa del manto stradale dissestato – provocato da alcune radici mai rimosse – in via Ostiense 25 a Roma. La perdita di equilibrio fece cadere la giovane centaura che si schiantò contro il guard rail. L’impatto fu tremendo e non lasciò scampo ad Elena, che spirò sul posto. Era la mattina del 6 maggio 2018, una domenica mattina.

Otto imputati a processo

Sono otto gli imputati, tra Comune di Roma e ditta, accusati di omicidio stradale dal Pubblico Ministero Laura Condemi. In particolare i funzionari del Municipio X : il direttore dell’ufficio manutenzione e il direttore tecnico, due direttori del dipartimento Sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana (Simu), il responsabile della manutenzione ordinaria del tratto dove Elena ha perso il controllo della moto e il responsabile della manutenzione stradale.

Gli altri due imputati sono il rappresentante legale dell’azienda incaricata della manutenzione di via Ostiense e l’addetto alla sorveglianza.

La prima udienza del processo era stata programmata per il 10 gennaio, poi per il 14 marzo 2022, quando è stata di nuovo rimandata al 4 luglio, con tanto di disappunto della madre di Elena, Graziella Viviano.

La madre di Elena

E’ stato rinviata l’udienza al 4 luglio, perché c’è stata impossibilità a notificare, da parte del tribunale, uno degli imputati. Siccome questa persona ha cambiato ufficio, il Comune di Roma non ha ricevuto la notifica. Sperando che il 4 luglio tutto vada bene, saranno confermati gli otto imputati rinviati a giudizio. Uno di questi ha richiesto il rito abbreviato”, ha detto Graziella al nostro giornale.

“Un Paese che crea vittime di guerra in tempo di pace”

Il processo di Elena parla di ciò che non dovrebbe succedere, la morte in tempo di pace su una strada che sembra uscita da un percorso di guerra. Ci scandalizziamo per le morti di guerra, ma a maggior ragione non consideriamo assurdo che si muoia in tempo di pace. Questo Paese crea vittime di guerra in tempo di pace”.

“Non si perde il controllo del mezzo senza un motivo”

“Oggi erano con me molti motociclisti (il giorno dell’udienza del 14 marzo, ndr) – continua la madre di Elena – loro vengono spontaneamente affianco a me, perché perdono la vita tutti i giorni. Mi mandano messaggi e leggo sui giornali di morti di strada, ma so che non si perde il controllo così, ma perché sulla strada c’è qualcosa che lo fa perdere”, sostiene decisa Graziella Viviano, ricordando quante morti avvengono sull’asfalto sconnesso per queste ragioni.

Una missione da compiere

Graziella è una donna dignitosa, la sua esistenza è segnata da quella tragica data, il 6 maggio 2018, c’è un prima e un dopo nel racconto delle sue giornate, che vive ormai come una missione da compiere. Una madre che lotta ogni giorno affinché il sacrificio della figlia – una bella ragazza dagli occhi verdi, amante della vita – possa salvare vite umane.

La sicurezza stradale deve essere garantita ai cittadini. Spero che il processo faccia giurisprudenza. Nessuno può permettersi di non fare il proprio dovere”, ha affermato Graziella, che fa parte di un gruppo ministeriale al Mit (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) per il Piano nazionale della sicurezza stradale 2021 – 2030.

“Ancora un rinvio, è straziante per un genitore”

Infine l’ultimo pensiero della madre di Elena va alla sua condizione, a quella dei genitori che vivono la perdita di un figlio e vedono un sistema giudiziario che non ha rispetto di quello che si prova.

“Una cosa che vorrei sottolineare è quanto strazio subisce un genitore anche durante un processo di questo genere, un genitore a cui è morto un figlio. Parenti di vittime che non hanno responsabilità. Non critico niente e nessuno, nemmeno lo Stato, il sistema giudiziario, ma credo che un Paese civile non debba permettere questo strazio a delle famiglie e a dei genitori.

E’ troppo prepararsi psicologicamente a un’udienza e poi sentire che questa salta e che bisogna rinviare ancora una volta. E’ inaccettabile, bisogna fare qualcosa“, è il grido sconsolato ma non rassegnato che conclude l’incontro con Graziella Viviano, una donna divenuta simbolicamente la madre di tutte le giovani vittime di incidenti simili a quello accaduto alla figlia Elena.