Pronto soccorso: chiudono gli Ambmed

Dopo un anno di sperimentazione chiudono gli ambulatori gestiti dai medici di base

Chiudono gli Ambmed dopo un anno di sperimentazione.
11 strutture in tutto, distribuite negli ospedali di Roma e del Lazio, che hanno rappresentato un’alternativa alle lungaggini del Pronto Soccorso.
A Roma oltre Pertini e Tor Vergata, anche San Camillo, San Giovanni e Sant’Andrea sono stati coinvolti nel progetto sperimentale.

Si tratta di ambulatori, situati all’interno del Pronto Soccorso, gestiti da medici di base che seguono le procedure mediche per i codici bianchi e verdi.
Nei casi in cui il paziente non accusi una patologia molto grave, l’infermiere del Pronto Soccorso, in corso di analisi, può decidere di indirizzare i casi meno gravi in ambulatorio, apportando vantaggi alla gestione dei Codici ospedalieri, spada di Damocle per la sanità laziale.

Il progetto però è giunto a termine: si è concluso l’anno di sperimentazione e quindi gli Ambmed chiuderanno, a partire da oggi.
Primi tra tutti verranno chiusi quelli di Tor Vergata e del Pertini, poi, nei mesi a seguire, tutti gli altri.

I dati preliminari, in attesa di risultati definitivi, riferiscono che, nell’anno che è trascorso, queste 11 strutture ambulatoriali hanno curato circa 34.000 pazienti.

Pierluigi Bartoletti, segretario regionale della Fimmg (Federazione Italiana Medici di Familia), ha dichiarato che quella degli Ambmed “probabilmente non è la soluzione a tutti i mali, però i dati emersi dall’anno di sperimentazione devono farci riflettere. Azzerare tutto, senza prevedere niente in alternativa rischia di essere un grave errore. Certo, noi siamo i primi a dire che l’esempio da seguire è quello del poliambulatorio di piazza Istria. I modelli sono gli ambulatori di zona, ma pensiamo che in questa fase siano l’unica soluzione. Chiudere gli Ambmed senza offrire altro, è un errore, anche perché danno risposte anche di sabato e domenica, quando gli studi medici sono chiusi”.

Quindi, secondo i medici di famiglia, in attesa di un progetto di più ampio respiro che coinvolga la sanità territoriale, sarebbe giusto prorogare la chiusura degli Ambmed.

“I dati preliminari – ha scritto Bartoletti in una lettera al 'Quotidiano Sanità' – ci fanno vedere come 34mila persone, nonostante una scarsa informazione e, diciamolo, molti ostacoli in fase di realizzazione e di esercizio, hanno avuto una risposta da un servizio aperto tutti i giorni 12 ore al giorno in 14 strutture Ospedaliere del Lazio.
Parlando di dati, senza polemiche, possiamo dire che un servizio diverso dal Pronto Soccorso è stato reso. A costi inferiori e con attese minori.
Non è questa la soluzione? E allora, qual è?”.

Il progetto ha fatto spendere agli ospedali circa 2milioni di euro.
Secondo Bartoletti, considerando che una visita negli Ambmed costa in media 40 euro contro i 240 euro che spenderebbero i Pronto Soccorso per la stessa visita, “se i 34mila pazienti fossero finiti tutti nei Pronto Soccorso, sarebbero stati spesi circa 2milioni di euro in più”.

“Nella nostra regione – si legge ancora nella lettera di Bartoletti – è un fatto che siamo in questa situazione di dissesto perché in modo dissennato nel corso degli anni e delle giunte che si sono susseguite si è creato un sistema di offerta Ospedaliera assolutamente sovradimensionato. Di come tale sistema di offerta sia ancora, aldilà delle chiacchiere, improntato sull’Ospedale, basti guardare come le prestazioni ambulatoriali specialistiche rese dagli Ospedali siano aumentate dal 2010 del 12 percento, di come abbiamo il record nazionale di unità operative complesse con altrettanti ruoli da primario (1600), 118 centri dedicati all’assistenza per ricoveri, un tasso di degenza media del 10% al disopra della media nazionale per un surplus di 470mila giorni nelle strutture mediche e di 1300 posti letto (dati dell’articolo Panorama della Sanità della Regione Lazio a firma di Edoardo Petti, pubblicato su “linkiesta").

Se andiamo a vedere le idee sbagliate e gli sprechi fatti, che ci hanno portato al dissesto economico e finanziario, non è certo sul territorio che dobbiamo andare a guardare, quanto alla politica Ospedalocentrica che ha succhiato tutte le risorse disponibili.
Non difendo gli AmbMed, perché non c’è da difendere un progetto sperimentale di un anno che nel bene o nel male ha conseguito dei risultati positivi. Neanche lo magnifico, mi limito a leggere i risultati. Se a qualcuno possono non piacere non è un mio problema. Me ne farò una ragione.
Ciò di cui però non mi faccio una ragione è la circostanza che si continui a ragionare su schemi pregiudiziali, privi di un minimo di autocritica, ma pieni di pregiudizi e giudizi critici nei confronti di una categoria, i medici di famiglia ed in generale i medici del territorio, che in questa Regione sono sempre stati penalizzati sull’altare dell’Ospedalocentrismo.

Gli AmbMed chiudono? Viva gli AmbMed chiusi.
Adesso voltiamo pagina e vorrei avere il piacere di leggere, con la stessa veemenza della critica agli AmbMed, proposte sulla chiusura o ridefinizione di ciò che non va nel sistema di offerta Ospedaliera.
Aspetto fiducioso”.

Sono dichiarazioni forti quelle sostenute dal segretario regionale della Fimmg, che dipendono da una situazione divenuta ormai ingestibile all’interno degli ospedali pubblici, soprattutto della Capitale.
I Pronto Soccorso, così come lamenta da tempo il Codici, non riescono ad offrire un servizio adeguato alle necessità dei pazienti a causa della mancanza di un sistema informatizzato, di una scarsa gestione dei posti letto e della scarsa trasparenza riguardo i ricoveri di elezione.

Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale del Codici, ha infatti affermato che “la chiusura degli ambulatori sembra una scelta del tutto azzardata, visto il perdurante problema del sovraffollamento delle strutture di primo soccorso e della mancanza dei posti letto. Tra le problematiche non dobbiamo neanche dimenticare gli spazi per l’assistenza, spesso insufficienti rispetto al numero di pazienti; la presenza di strutture inutilizzate o di sotterranei fatiscenti; il fatto che nelle lunghe attese (anche di giorni) di un posto letto, i pazienti siano spesso abbandonati in pessime condizioni”.

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