Roma, quel pasticciaccio brutto del Circo Massimo

Il monumento abusivo di Visalli passato del tutto inosservato

Roma come il Paese dei Balocchi. Anzi, no. Perché nel Paese dei Balocchi, è vero, si viveva fuori dalle regole, non c’era ordine, però poi Mangiafuoco puniva i bambini cattivi e li trasformava in asini. Come era successo a Pinocchio, e al suo amico Lucignolo. Poi, Pinocchio, la lezione l’aveva imparata. Aveva ritrovato il suo babbo, intrappolato nelle fauci di una grande balena, e aveva deciso che da quel momento in poi, sarebbe stato un bravo bambino. E così, la Fatina gli aveva fatto un regalo: lo aveva trasformato, per sempre, da burattino a bambino. C’è anche da dire che Pinocchio aveva una coscienza, rappresentata dal Grillo Parlante. Che ogni tanto veniva messo a tacere, Pinocchio non gli dava retta. Ma poi, anche con il suo aiuto, tutto è andato per il meglio.

Una lezione che noi tutti abbiamo imparato, sin da piccoli. Alcuni come fiaba, altri hanno visto Pinocchio su una cassetta della Disney. E tutti noi abbiamo capito che non possiamo fare sempre quel che vogliamo, che prima o poi qualcuno ci presenta il conto.

Parlo di Pinocchio, perché mi pare proprio che questa città, a volte, sia il Paese dei Balocchi. Dove però non c’è nessun Mangiafuoco a trasformare in asini quelli che sbagliano, e nessuna coscienza – o nessun grillo parlante – a dare buoni consigli.
E così, se manca qualcuno a sorvegliare, se nessuno ha paura che crescano improvvisamente le orecchie da asino (e ci riferiamo agli organi amministrativi), succede che qualcun altro si permette di issare un monumento di 3×3, 2 tonnellate d’acciaio in tutto, e posizionarlo a ridosso del Circo Massimo. Anche senza permesso, perché nel Paese dei Balocchi senza Mangiafuoco che ti punisce, tutto è concesso.

Il monumento in questione è quello fatto erigere dall’artista romano Francesco Visalli in onore di Mondriaan, pittore olandese.
A lanciare lo scoop, il Corriere della Sera, che racconta: “Siamo nella notte tra il 24 e il 25 novembre 2013, ore 3. Dopo numerosi sopralluoghi (indisturbati anche quelli) l’artista romano Francesco Visalli arriva con un camion, devia il traffico con l’aiuto di collaboratori armati di segnaletica stradale e apposite luci, e pianta nell’aiuola di fronte al Circo Massimo il suo monolite «Place de la Concorde» che si colloca – dice l’autore – in un più vasto progetto «Inside Mondriaan». Il rinvio al grande artista olandese celebre nel mondo dell’arte e della pubblicità per il minimalismo geometrico dei suoi riquadri in cui il bianco si alterna al grigio e ai colori primari, è evidente. Racconta la curatrice dell’artista, Valeria Arnaldi: «Quella notte ridevamo tutti, sembrava una scena di “Amici miei” di Monicelli». Da quel giorno la scultura-installazione resta al suo posto. Nessuna ispezione. Nessun interrogativo”.

Nessun interrogativo da parte degli organi di controllo e degli uffici tecnici. Al contrario, la rivista Artribune, si era chiesta come avesse fatto “Francesco Visalli a installare un’opera permanente laddove ogni artista del mondo sognerebbe di installarla, avendo un curriculum molto distante dagli artisti più grandi del mondo? E per di più in quella stessa città che mette i bastoni tra le ruote ad installazioni pubbliche – il grande intervento sul Lungotevere – di giganti indiscutibili del calibro di William Kentridge?”.

Da quel 25 novembre, sono passati 2 mesi e 4 giorni, un tempo infinitamente lungo. Se consideriamo che il Circo Massimo non è poi così distante dal Campidoglio, lì, dove l’amministrazione capitolina opera ed esercita. E a pochi passi dal I Municipio, dove nessuno si era accorto di nulla. Nemmeno Nathalie Naim, che in questi giorni, dopo che lo scandalo è venuto fuori, sembra essere ‘caduta dal pero’. Insomma, devono esserci passanti davanti tante volte, ma nessuno si è mai chiesto cosa, come, o perché. Senza considerare che il Circo Massimo, lo scorso 31 dicembre, è stato teatro di uno degli eventi in programma per il Capodanno romano 2014. E, si sa, prima di dare il via libera all’autorizzazione per un evento simile, vengono effettuati altri sopralluoghi. Durante i quali, ancora una volta, l’installazione dell’opera è passata del tutto inosservata.

A denunciare l’assurdità del fatto, lo stesso Visalli, che ha speso 23mila euro per l’opera e che ha lanciato una nota: “Monumento al Circo Massimo all’insaputa del sindaco”, in cui si spiega come quella dell’artista romano non sia una trovata pubblicitaria, ma “un vero e proprio esperimento e, soprattutto, una denuncia”.
Insomma, testare il livello di attenzione da parte dell’amministrazione comunale nei confronti della comunità di cui è a capo, può costare 23mila euro. Se te li puoi permettere. E l’esperimento, bisogna dire, è pienamente riuscito. In 2 mesi e 4 giorni, non è mai stato sollevato alcun interrogativo sulla comparsa improvvisa – e non autorizzata – dell’opera di Visalli. Né, tantomeno, nessuno ha mai pensato di rivolgersi direttamente all’autore dell’opera per indagare.
“La mia intenzione era dissacratoria – dice Visalli – Nel senso che volevo violare uno spazio culturalmente sacro come quello”.

A dare la conferma della mancata autorizzazione, il sottosegretario ai Beni Culturali Ilaria Borletti Buitoni, che in un tweet ha fatto sapere che è stata chiesta ai vigili la rimozione immediata dell’opera.

Da parte sua, l’assessore in Campidoglio alla Cultura Flavia Barca, ha dichiarato che non è stato effettuato mai nessun controllo, perché non c’è mai stata una richiesta formale – udite, udite!
“Nessuno se ne è accorto – ha dichiarato la Barca, come riportato dal Corriere – forse proprio perché Roma è una città straordinariamente ricca di arte e cultura, e può capitare di passare di fronte a un’opera senza chiedersi il perché della collocazione. Vorrei cogliere l’aspetto positivo della provocazione, che è in qualche modo una forma di street art. La accoglieremo come capita anche con altre provocazioni, magari più accese”.

Sì, avete capito bene. E se vi guardate attorno, non troverete nessuna telecamera nascosta. Non siete su Candid Camera: è tutto vero. Persino le dichiarazioni della Barca. La quale, forse, omette di considerare che la street art, è una forma di arte. E non parliamo certo di quelle scritte orribile che appaiono persino sui vagoni delle metro. Parliamo di una forma d’arte come tante, e, in quanto tale, va tutelata, e inserita in un programma preciso di valorizzazione. Che, evidentemente, manca.

Non solo. Le persone che abbiamo sentito sono tutte concordi nel dire che sia uno schifo, però è vero anche che l’oltraggio più evidente sia il bancone del paninaro (che si vede nelle foto, ndr). Pare infatti che questa opera sia stata fatta proprio per mettere in evidenza questo aspetto: se si guarda attraverso le finestre fatte a forma di mirino fotografico, lo sguardo cade proprio sul camion-bar.

Certo, sarebbe cosa buona e giusta, occuparsi anche di questo camion-bar che da anni – già durante l’amministrazione Alemanno – campeggia indisturbato proprio di fronte al monumento abusivo. Ma chissà se mai qualcuno avrà il coraggio di andare a disturbare i poteri forti degli ambulanti romani.

Lascia un commento