Recensione di “Una vedova.. piuttosto allegra” alle Muse VIDEO

I tre ideatori possono contare su di un nutrito stuolo di menti favorito dal caso, consolidatosi negli anni

La Compagnia ‘Quelli del piano di sopra’ ha messo in scena al Teatro delle Muse di Roma lo spettacolo ‘ Una vedova…piuttosto allegra’, allestimento singolare e frizzante originato da un connubio assolutamente godibile di due generi, commedia musicale e operetta. Si rievocano atmosfere languide e goderecce, frivole e mondane, tra disinvolto orgoglio di romanità, scuola viennese e assurdità di Offenbach, il tutto intriso di Belle Epoque. Insomma, una farsa comicolirica composita e bene orchestrata. Merito di questo mélange ibrido e divertente è il felice incontro fra un autore poliedrico venuto da lontano, come Claudio Natili, e Carlo Giustini e Mariateresa Marotta, responsabili dell’opera.

I tre ideatori possono contare su di un nutrito stuolo di menti favorito dal caso, consolidatosi negli anni e alimentato da sinergia di interessi e disciplina professionale. Un gruppo affiatato di valenti artisti che ha di recente brillantemente prodotto ‘Il carnevale di Meo Patacca’ alle Terrazze dell’Eur. Il primo atto di quest’ultimo lavoro recita degli intrallazzi che precedono il tormentato debutto di ‘Una Vedova allegra’, a rischio a causa dei litigi fra i quattro protagonisti. Liviana(Annalisa Marcone), il soprano assunta dal produttore Osvaldo Tirchietti(Claudio Emiliani) per interpretare Valencienne, viene a sapere che il marito e tenore Massimo(Salvatore Lambiasi), Camille De Rossillon nella finzione, la tradisce con Daniela(Emanuela Digregorio), anche lei soprano che in scena sarà Hanna Glawari, ricca vedova …piuttosto scaltra, di un ricchissimo banchiere del piccolo stato balcanico di Pontevedro. Fabrizio(Rocco Aversano)che avrebbe dovuto sostenere la parte del conte Danilo Danilovich, abbandona la compagnia per poi ripensarci ma dovrà accontentarsi di essere il conte Raoul De Saint Brioche, poco più che un figurante. I punti di vista a volte confliggono e trascendono nei toni.

La baruffa fra Santa(Pina Rossetti) la sarta, e Rita(Daniela Rosci) la costumista, adombra un logorio di nervi e corna fra colleghe insoddisfatte. A complicare i rapporti di comprensione reciproca interviene Felice(Maurizio Melaragni), uno scenografo grezzo e stralunato, sordo a intermittenza che ingarbuglia la matassa e con ‘le mani a concolina’ infiamma la platea. Sarà anche uno spassoso generale Kromow, cieco ancorché sordo nel nuovo profilo con cui apre la seconda parte. Il commendatore Tirchietti e la degna consorte, Tirata di nome e di fatto(Isabella Di Belardino), sono in arretrato da mesi nel pagamento degli attori, che rilanciano e pretendono un aumento di diaria per non entrare in sciopero il giorno del debutto. Il panico investe ovviamente anche il regista borderline Gaston(Alex Lai) che non sa che pesci prendere. Colto dallo sconforto e dalla voglia di riscattare tanta pochezza di presunti artisti esaltati da uno smisurato narcisismo, dà finalmente la sua lectio magistralis intonando ‘L’Adagio di Albinoni’. ‘Un’anima senza cuore’ letteralmente esplosiva! Una voce portentosa. Viene in soccorso interessato Gegé(Armando Giacomozzi)uomo di fatica e di fiuto del traffico e, cento euro per volta, risolve ogni minaccia di rescissione, organizza i provini, propone e impone pressoché da solo gli avvicendamenti.

Dopo una esibizione cristallina dal ‘Barbiere di Siviglia’ e la strepitosa esecuzione di ‘Un amore così grande’ che segue ad una presentazione poco rassicurante, la decisione di Gaston è inoppugnabile: Al Zaime(Edoardo Guarnera) farà Danilovich e Marisa(Daphne Barillaro) sarà Valencienne, moglie del barone Mirko Zeta. Sotto lo sguardo compiaciuto che sancisce l’approvazione dei coniugi impresari, si compone l’ultimo tassello del gioco a incastro con lo show delle strappon girls(Monia Bucchi e Silvia loreti) e del loro profeta Alvise(Alessandro Loreti) che scimmiotta alla grande il mitico Presley sulle note di ’It’s now or never’. Saranno loro le ballerine del cancan e lui il diplomatico Camille De Rossillon dall’accento romanesco. Il tema da ‘New York New York’ cantato e ballato dai protagonisti annunciati evoca Liza e la chiusura del sipario prelude alle magiche effervescenze del secondo atto. Sarà ’Una vedova allegra’ in pompa magna con il medesimo cast che si rinnova in una esaltante mutazione di genere, preziosa e raffinata. A Francesco Testa spetta il compito di illustrare il prologo dell’operetta musicata da Franz Lehàr e la relativa ambientazione. Si tratta di un intrigo diplomatico provocato, come sempre accade, da forze discordanti che muovono il mondo: la passione e il denaro.

La vicenda è nota. Il barone Mirko Zeta, ambasciatore pontevedrino a Parigi(A.Giacomozzi), è incaricato dal proprio sovrano di mettere in atto il tentativo di far sposare la ricca vedova Hanna Glawari(il soprano Emanuela Digregorio), temporaneamente a Parigi, al conte Danilo Danilovich(il tenore Edoardo Guarnera). Questi è un donnaiolo impenitente già amante della vedova inconsolata e da lui abbandonata su pressione della famiglia a causa delle sue umili origini. Il matrimonio dell’ereditiera con uno straniero provocherebbe la inammissibile fuoriuscita dei milioni di dote della Glawari e il collasso delle casse del regno. Njegus, impiegato di cancelleria(C.Emiliani), più accorto di quanto appare, si rivelerà per l’alto diplomatico lo strumento adatto nel momento propizio in virtù di un provvidenziale scambio di persona. Fa da corollario all’affaire il tradimento trasversale che riguarda Sua Eccellenza e il cui artefice è Camille de Rossillon(A:Loreti) che ne brama la consorte Valencienne(D.Barillaro). Quando tutto sembra compromesso, dopo ripetuti tentativi, saranno galeotte le atmosfere e le danze di ‘Chez Maxim’ che incorniceranno il lieto fine con l’annuncio del fatal matrimonio tra Danilo e la vedova allegra. Bravissimi gli interpreti.

Le arie. ’Io di Parigi ancor non ho’ dalla superba voce della Digregorio. ‘Tu che m’hai preso il cuor con la Barillaro e loreti in un duetto di struggente passione. ‘Vo’ da Maxim allor’ e ‘Come maggio vestire sa i fior’ dal potente timbro vocale di Edoardo Guarnera . ‘La romanza della Vilija’, ‘Luna tu’.E poi i balli delle coppie Danilo – Hanna e Camille – Valencienne, la frenesia del Can can di Offenbach,’Tace il labbro’ fino allo scintillante ‘E’ scabroso le donne studiar’ eseguito con brio e femminilità ammaliante dalle deliziose ballerine Alexia Riccitelli, Eleonora Pedini, Sara Giambenedetti e Ylenia De Angelis perfettamente istruite dalla coreografa Mariateresa Marotta.

La regia di questo ‘Una vedova…piuttosto allegra’ è di Claudio Natili. Maria D’Alessandro è aiuto alla regia; Fabio Massimo Forzato è addetto a fonia e luci; le ricche e a volte opulente scenografie sono di Jacopo De Bonis; Tina De Marco per l’occasione è addetta agli splendidi costumi ma non ha perso la voce; Elena Tomei è l’attenta, scrupolosa assistente di scena. L’organizzazione è ben curata da Gabriella Galli e Rita Pucci. Uno spettacolo mirabile, intrigante e malizioso, che, partendo dalla commedia musicale, ha ripercorso a ritroso i fasti e le atmosfere ovattate di un tempo che fu, da cui sono partiti il teatro di varietà, di rivista, l’avanspettacolo, e a cui ancor oggi il Neoburlesque guarda con malcelata nostalgia e bizzarra irriverenza.

Sebastiano Biancheri

Foto di Adriano Di Benedetto

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