Religione, “Con la perseveranza salverete le vostre anime”

di Il capocordata

Il brano evangelico (Lc. 21, 5-19) della liturgia odierna riporta la parte finale del “discorso escatologico” (la fine della storia) che Gesù pronuncia nel tempio di Gerusalemme, nell’imminenza della passione e della morte. Gesù parla della fine, lanciando un ultimo e accorato appello alla conversione.

Lo sfondo apocalittico

A chi ammirava la bellezza del tempio Gesù risponde: “Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta” (v. 6).La reazione di Gesù è evidentemente in netto contrasto con l’affermazione dell’interlocutore. Il vocabolario utilizzato da Gesù è tipicamente apocalittico (rivelatore), non privo di tonalità profetiche. Ricordiamo che i destinatari del Vangelo di Luca hanno avuto già conferma del drammatico evento della distruzione del tempio durante la prima rivolta giudaica (66-70 d.C.).

“Quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?”(v. 7), chiedono a Gesù. La sua risposta è sorprendente, perché abbandona improvvisamente la prospettiva futura per concentrarsi esclusivamente su quella storica. Gesù pertanto non intende soddisfare la ricerca di “segni” premonitori, ma invita tutti i suoi uditori a non aver paura e a non lasciarsi ingannare dai falsi profeti di sventura. Le affermazioni di Gesù sui falsi profeti e sui rumori di guerre, sicuramente rielaborate dall’evangelista sulla base della situazione ecclesiale del suo tempo, riflettono l’atmosfera surriscaldata degli ultimi trent’anni del primo secolo, quando anche la comunità cristiana poteva subire l’influsso delle ideologie che circolavano durante la prima rivolta giudaica.

Una necessaria iniezione di fiducia

Luca prosegue col riferire alcuni insegnamenti di Gesù rivolti in modo particolare alla comunità cristiana perseguitata. L’evangelista ricorda che seguire Gesù comporta inevitabilmente la persecuzione (v. 12). Eppure i cristiani non dovranno avere paura, anzi, paradossalmente la persecuzione permetterà loro di dare al mondo una testimonianza ancora più credibile della fede (v. 13), non però sulla base di chissà quali meriti (v. 14), ma in virtù della forza che riceveranno dal Risorto (v. 15).

La persecuzione potrà divampare anche all’interno dei nuclei familiari, nella misura in cui alcuni accetteranno il Vangelo e altri no: “sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici” (v. 16). Le parole qui divengono particolarmente violente: non si parla solo di “tradimento”, ma anche di “uccisione”. Così, per il fatto di aver aderito al Vangelo e aver tagliato i ponti con la vita precedente, si apre la possibilità di incontrare un rifiuto radicale: “sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (v. 17).

L’invito alla perseveranza

Gesù insiste col ribadire che i discepoli non dovranno aver paura, esortandoli alla fiducia e alla speranza: “ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto” (v. 18). Vigorosa ed eloquente, l’espressione in tutte queste occorrenze si riferisce alla protezione fisica di Dio in questa vita (cfr. Sansone: Giud, 16, 15-31). Luca qui pensa alla protezione divina alla venuta finale del regno, dopo la morte.

“Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” (v. 19): questo sostantivo “perseveranza” era già comparso nella spiegazione della parabola del seminatore, laddove coloro che rappresentano il terreno buono si distinguono da quanti non hanno saputo custodire il dono della Parola a motivo delle prove e a causa delle preoccupazioni, delle ricchezze e dei piaceri della vita.

Implicitamente, Luca invita a far tesoro della parola di Gesù, perché solo grazie alla forza che da essa scaturisce i credenti potranno affrontare vittoriosamente gli avvenimento drammatici cui andranno incontro a motivo della fedeltà al Vangelo. Nella misura in cui i cristiani sapranno custodire la parola del Vangelo, da questa stessa Parola saranno custoditi e potranno superare indenni non solo le persecuzioni violente, ma anche le innumerevoli prove di cui il cammino della fede è inevitabilmente costellato.

Tu sei stato chiaro con noi, Gesù: non ci hai promesso un tragitto trionfale, un’autostrada a quattro corsie da percorrere senza difficoltà alcuna, accompagnati dal plauso di tutti. Ci hai imbarcati su un battello che non procede a vele spiegate, sotto la spinta del vento del consenso. Non è facile la condizione di chi ha scelto di diventare tuo discepolo. Se prende sul serio il tuo Vangelo, se ti rimane fedele anche quando costa, se non cerca il compromesso facile, prima o poi sperimenta il sospetto, la calunnia, l’odio, il tradimento anche da parte di familiari e amici. Deve mettere in conto la solitudine di chi va controcorrente, l’abbandono che conosce chi è considerato di volta in volta un ingenuo o un pazzo, un esaltato o un sognatore, ma anche l’amarezza e lo sconforto di chi si domanda se non ha sbagliato tutto.

Ecco perché tu ci inviti alla fiducia: non dobbiamo sentirci abbandonati quando mettiamo in pratica la tua parola. Ecco perché tu ci chiedi la perseveranza: scegliere te non deve essere un fuoco di paglia, ma una decisione presa con serietà e rinnovata di giorno in giorno quando infuria la persecuzione e quando si rischia di essere sedotti dall’imbonitore di turno.

Bibliografia consultata: Gennari, 2019; Laurita, 2019.

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