Religione, la Santissima Trinità, unità e trinità di Dio

di Il capocordata

La parola di Giovanni (16, 12-15) che la liturgia ci propone in questa celebrazione della Trinità è una delle prime formulazioni trinitarie abbozzate nel N.T. La riflessione cristiana brancolerà ancora a lungo nell’interpretazione delle parole di Gesù, prima di fissarne la formulazione al concilio di Nicea del 325 d.C. Il brano, come sappiamo, appartiene ai “discorsi di addio” che Gesù rivolge agli apostoli nell’ultima cena. Al termine della sua missione terrena, Gesù constata che non ha potuto ancora trasmettere tutto il suo messaggio ai discepoli (v. 12); non solo, i discepoli non hanno neppure compreso quelle parole che Gesù ha rivolto loro e la loro fede in Gesù, Figlio di Dio, è ancora molto debole. Alla vigilia della croce, gli apostoli non sono ancora in grado di “portare” tutto il messaggio di Gesù. La loro fede, già generosa, è però ancora troppo oscura: la constatazione dell’imperfezione della fede dei discepoli fatta in questo momento serve a Gesù per la promessa della venuta dello Spirito santo che li guiderà verso tutta la verità. Gesù intende dare agli apostoli e alla chiesa una guida che prolungherà la sua opera nella conduzione dei discepoli a tutta la verità: per l’evangelista, la verità è la persona di Gesù che viene da Dio.

Durante il lungo periodo passato accanto a Gesù, i discepoli hanno cominciato a intravedere il suo mistero: ma devono penetrarvi più a fondo. E lo potranno fare unicamente sotto la guida dello Spirito: accogliendo la sua luce con fede, impegnandosi generosamente nella carità riflettendo fedelmente sulla tradizione del Vangelo. Così capiranno che Gesù è il tempio distrutto e ricostruito in tre giorni, è il re-messia, è colui che sta in mezzo a loro come servo. Lo Spirito crea un legame vivo con Gesù, così come Gesù lo crea con il Padre. Gesù è la via al Padre e lo Spirito è la via a Gesù. Si trova qui una dinamica trinitaria interessante e attraente: lo Spirito guida i discepoli a Gesù, nella completezza del suo ricco mistero. Gesù è verità del Padre perché chiunque percorra lui come via possa arrivare a colui che lo ha mandato.

Come Gesù, lo Spirito è un inviato: il suo messaggio non lo tira fuori da se stesso, allo stesso modo di Gesù che aveva le sue parole solo da colui che l’aveva mandato (il Padre). Lo Spirito dirà tutto quello che ascolta da Dio, così come Gesù ha detto tutto ciò che ha udito dal Padre. Lo Spirito santo non si limiterà a ricordare ai discepoli l’insegnamento passato del loro Maestro ma “annunzierà le cose future”: si tratta dell’avvenire della chiesa. Le situazioni di incomprensione e di persecuzione che i discepoli stanno vivendo ora nella chiesa trovano luce e senso dalle parole e dagli atti di Gesù, sotto la guida sicura dello Spirito santo. Egli, in tal modo, prolunga l’opera del Maestro portandola verso il suo fine. Come Gesù ha glorificato il Padre portando il suo messaggio, compiendo la sua opera fino alla morte, così lo Spirito santo glorificherà ora Gesù ispirando la predicazione del Vangelo e far conoscere più in profondità il suo mistero.

Le relazioni dello Spirito con il Padre e il Figlio

Il brano evangelico che abbiamo meditato offre parecchi dati sui rapporti dello Spirito con Gesù e con il Padre. Lo Spirito di verità continua l’opera di Gesù riprendendo il suo messaggio e facendolo comprendere in profondità dai suoi discepoli. Egli è l’inviato che proclama quello che ascolta: del Padre, che è la fonte della parola, e anche di Gesù perché questa parola è la sua e il Padre gli ha dato tutto quanto possiede.

Inoltre, lo Spirito santo sarà con i discepoli per sempre, dopo la partenza di Gesù: dimorerà in loro. Per questo Gesù prega il Padre perché mandi un altro “Paraclito”, un altro difensore: è il Padre che lo darà ai discepoli, su preghiera di Gesù. “Lo Spirito di verità procede dal Padre”, come la missione di Gesù, anch’egli uscito dal Padre. L’uno e l’altro sono inviati dal Padre per completare la sua opera di salvezza. In più, sia Gesù che lo Spirito sono misteriosamente uniti al Padre. L’evangelista mostra di volta in volta lo Spirito come inviato dal Padre su preghiera di Gesù e in unione con lui, e poi da Gesù che lo manda da presso il Padre: infatti, il Padre e il Figlio sono una cosa sola.

A differenza dell’A.T., è evidente che Giovanni vede lo Spirito come una persona, poiché lo mette in rapporto e in parallelo con Gesù. Su questa via, Giovanni si è spinto più lontano di tutti gli altri autori del N.T. Ma il “fatto” dello Spirito è così nuovo nella chiesa che l’apostolo non può ancora dargli una formulazione teologica tecnica. Sarà questo il compito della teologia ulteriore. Ma il mistero trinitario è stato dato per intero nel “fatto” dello Spirito, come in quello di Gesù. La chiesa ne ha vissuto fin dalla sua nascita a Pentecoste. E Giovanni è il primo testimone che abbia espresso questo mistero con grande chiarezza.

Testimoniare nella storia di oggi il mistero della Trinità significa impegnarsi affinché l’umanità diventi una grande famiglia dei figli di Dio, dove siamo riconosciuti e rispettati nelle distinte dimensioni della nostra stessa dignità umana: figli e figlie amati da Dio, fratelli e sorelle che si amano “come io vi ho amato”! E’ la missione della chiesa nel mondo: diventare la grande famiglia del Dio-Amore trinitario.                                                                                    

Bibliografia consultata: George, 1973; Corti-Boselli, 2016.

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