Religione, Non abbiate paura: il Signore è la nostra forza

di Il capocordata

Il testo del vangelo di Matteo (10, 26-33) riguarda l’ultima parte del discorso di Gesù sulla missione e la persecuzione. In esso il Signore usa quattro immagini tratte dal creato: “Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe” (v. 16). Esse servono per indicare le istanze attraverso le quali coloro che egli manda sappiano vivere appieno la missione affidata loro. In modo particolare, nel brano evangelico di questa domenica, viene posta in evidenza l’assistenza dello Spirito Santo e del Padre, unita a quella stessa del Cristo. Proprio per questa vicinanza provvidenziale di Dio scaturisce l’invito a non aver paura, ma a confidare nell’amore del Padre.

Questa fiducia si estende anche nel contesto della persecuzione: viene posto in evidenza l’invito a non avere timore di chi ha il potere di uccidere il corpo, i persecutori dunque, perché di per sé non hanno potere sulla persona, sulla sua libertà, sulla sua salvezza. Questo timore invece va vissuto nei confronti di Dio stesso. In altre parole Gesù invita a confidare pienamente nel Padre, perché solo a Dio spetta il potere di salvare e redimere l’uomo. La persecuzione poi dipende proprio dall’appartenenza a Cristo, in quanto egli stesso è stato per primo chiamato a vivere la persecuzione si di sé per la salvezza dell’uomo.

“Non abbiate paura degli uomini” (v. 26). Gesù ci invita a non avere paura degli uomini, perché anche coloro che si reputano i potenti in questo mondo sono limitati e anche i pensieri più nascosti sono conosciuti a Dio. Interessante notare la chiarezza e la radicalità delle parole di Gesù: tutte le strategie e i compromessi mafiosi o corrotti che spesso sembrano gestire la realtà e l’esistenza del nostro oggi saranno svelati e resi noti e si mostreranno in tutta la loro inconsistenza dinanzi alla storia della salvezza, all’eterno progetto provvidenziale d’amore fondato sulla fedeltà di Dio. Così il fedele in Cristo, mandato proprio in questa realtà a portare la novità del messaggio evangelico, non deve temere, anche se la persecuzione e le fatiche della missione lo possano far apparire come perdente e sconfitto, perché la forza della sua parola e della sua testimonianza viene dal Signore, dalla sua fedeltà e dal suo amore misericordioso.

“Voi valete più di molti passeri!” (v. 31). Come Dio si prende cura del suo creato con un’attenzione amorevole, fedele e puntuale, così farà verso coloro che egli chiama ad essere missionari del suo messaggio. Coloro infatti che lo riconosceranno davanti agli uomini saranno riconosciuti a loro volta dal Signore. In questo modo persecuzione e fiducia nell’amore provvidenziale di Dio si intrecciano a formare il cammino dell’uomo chiamato ad essere testimone del Vangelo. Da una parte abbiamo le sofferenze, le prove e le difficoltà legate alla sequela di Cristo, ma dall’altra viene evidenziato da Gesù l’amore misericordioso con il quale Dio sostiene nelle prove.

Egli non lascia soccombere sotto il peso della sofferenza chi si affida al suo amore e non lo abbandona: come un padre amoroso non si dimentica del suo figlio, ma lo protegge nell’oscurità della prova. Il discepolo di Gesù ha la consapevolezza della condivisione del cammino della croce che però porta alla gloria della risurrezione: come per il Signore, anche il suo testimone è chiamato al dono di sé per amore del Padre, perché possa condividere la stessa corona di gloria. Questo orizzonte della vita del discepolo di Gesù è fonte di fiducia e di serenità anche nel tempo della prova. Colui che decide di essere discepolo del Signore fonda il suo cammino su due realtà fondamentali: da una parte la fedeltà di Dio Padre e dall’altra la solidarietà con il Cristo crocifisso. Esse non sono in contraddizione, ma in piena complementarità, diventano riferimenti imprescindibili nella persecuzione e nella prova.

Per questo motivo il cristiano non può mai vivere nella disperazione, non può mai ritenersi un individuo senza speranza, perché egli è nelle mani del Signore. Dio non si dimentica dei suoi figli: pertanto, anche se le prove della vita possono davvero essere faticose e pesanti, mai possono sconvolgere a tal punto la vita del fedele sino a togliergli la speranza che viene dal sentirsi amato e sostenuto dall’amore misericordioso di Dio.

La vita cristiana di oggi si colloca in un contesto in cui la società ha escluso la fede dalla sfera pubblica e l’individualismo dilagante l’ha esclusa da quella privata. Il risultato è una progressiva insignificanza della fede sulle questioni della vita personale e di quella sociale. Oggi si ha l’impressione che sia più il mondo a convertire i cristiani al suo modo di vedere che non il contrario. Non dobbiamo spaventarci di questo, perché la fede conosce il dubbio e l’incertezza, conosce la fatica di conservarla e di renderla fruttuosa. Il nostro è il tempo della prova, del cammino verso la maturità, non ancora quello della pienezza. Il nostro è un tempo in cui le comunità cristiane conoscono la timidità della fede delle chiese occidentali e la fermezza nelle persecuzioni di altre comunità di recente costituzione.

Occorre vivere la comunione con Gesù per vivere della libera franchezza di chi non ha timore. Nella prova e nella persecuzione Gesù invita a non aver paura, ad avere fiducia. Per questo promette lo Spirito Santo che guida e sostiene: guida nel rendere testimonianza, sostiene perché non si soccomba nella prova e nella persecuzione.                                                          

Bibliografia consultata:Corini, 2017; Colzani, 2017.

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