Religione, siamo di Cristo se amiamo come lui

di Il capocordata

Gli ultimi inviti del Maestro (Mt. 5, 38-48) in queste “antitesi” (“avete inteso che fu detto…ma io vi dico”) che vogliono riprendere l’immutabile legge data a Mosè, più che a cose da fare aprono cuore, mente e forze a un incontro col Dio vero, annunciato, testimoniato e vissuto nell’esperienza del Figlio di Dio. E’ come se Gesù ci dicesse: “Vivete della stessa linfa che circola nelle mie vene e nelle vene della Chiesa”.

La perfezione è un cammino di ascesi

Gesù ci invita a “essere” più che a fare. Non siamo “obbligati” a compiere i comandamenti. Ci vengono aperti cuore e mente perché possiamo entrare in una logica differente. La “perfezione” ha bisogno di “conversione”, fin dall’inizio del Vangelo. E questo è il difficile. Amare senza obblighi, al di là di ciò che l’altro può darmi o meno, imparare l’alfabeto della gratuità e provare a spenderlo con tutti, addirittura anche coi nemici o con quelli che ci odiano e non ci salutano. (v. 47).

Essere “credenti”, diversi dai “pagani”, significa assumere, lentamente e inesorabilmente, un’altra logica, quella di Dio. La santità autentica sta tutta nel considerare, assaporare, entrare nella diversità di Dio, che sa amare oltre ogni regola e non smette di proporsi all’uomo con il suo volto di misericordia. A questa rivoluzione della tenerezza dobbiamo convertirci. Entrare in questo cammino di conversione che non è fatto di norme e precetti soltanto, ma di vita, di esempi, di esperienza dell’amore. Se ci atteniamo solamente a ciò che si addice, siamo completamente fuori dalla vera e unica norma di Gesù, cioè “amare senza misura”, per dirla con sant’Agostino.

Perché è l’amore la perfezione a cui il Maestro chiama i discepoli di sempre. E non ci salverà né scusarci che “non toccava a noi”, né pensare che altri, in un modo o in un altro, rimedieranno trovando una soluzione alla situazione che ci chiamava personalmente in causa. Gesù chiede di impegnarsi in prima persona.

A partire proprio dalla legge del taglione (“Occhio per occhio e dente per dente” v. 38): essa era nata per una semplice questione di giustizia. Se un uomo aveva rubato una capra a un altro, non ci si doveva vendicare ammazzando il figlio ma, semplicemente, prendendo una capra come restituzione. Quello che Gesù sta dicendo è che possiamo rimediare in altro modo rispetto all’antica Legge. La vita cristiana non è uno scambio alla pari e neppure un lasciar perdere o dimenticare. E’ un perdonare addirittura chi ci ha fatto del male e pregare per chi mette il bastone tra le ruote alla nostra felicità e ci perseguita (v. 44).

Sono comandamenti difficili, ma Gesù vuole farci entrare dentro la vita del Padre. Il cammino verso la perfezione è questo: amare come il Padre ama, comprende e porta sulle spalle questa umanità ferita e immersa nel peccato. Non la giudica, la salva. Non manda a riscuotere ciò che non si è pagato a suo tempo: il “nome di Dio” è misericordia, la sua caratteristica principale. Essere giusti è ancora troppo poco, soltanto umano. Dio pensa “oltre” quella giustizia e per questo appare sempre creativo, in ogni circostanza. Non è un Dio che punisce, ma perdona: sa dimenticare la colpa e perdonare il peccato. Chiede semplicemente che la stessa logica animi la nostra vita: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (V. 48). E’ un incoraggiamento per vivere: chiede di essere autentici, trasparenti, capaci di mostrare con i fatti ciò in cui crediamo.

Gesù, esempio di perfezione

Dio non ripaga “occhio per occhio” e “dente per dente”, ma usa una misura differente e a noi chiede di accorgerci. Per questo il “non vendicarsi” (v. 39) e “l’amore al fratello” (v. 44), di ogni tipo, razza e religione sono comandamenti seri che chiedono impegno e conversione, partono dal fatto che Gesù abbia agito in quel modo. Se il Maestro ha vissuto così, il discepolo non può essere distante da questa vita. La sua scelta diventa fondamento delle nostre. E’ lui che non ha annichilito i suoi uccisori, non è sceso dalla croce, mostrando il suo potere; ha pregato per i suoi persecutori, ha accolto coloro che lo avevano tradito e rinnegato. Lui è il “perfetto”, Colui che non ha mai smesso, nella sua vita, di essere discepolo della sapienza del Padre, a costo di apparire stolto per gli uomini. Perché, diversamente, i nostri litigi rimarranno tali e le nostre divisioni ci renderanno ancora più distanti.

Se dobbiamo trovare l’origine dell’amore, del perdono e della misericordia dobbiamo alzare gli occhi verso il Padre. E per conoscerlo dobbiamo riabbassare gli occhi per meditare quello che Gesù ha fatto. Se vogliamo crescere nella fede siamo invitati a essere “devoti di una controtendenza” che Gesù è venuto a iniettare nella storia dell’uomo. Quella perfezione che Gesù chiede non è un desiderio del Maestro da lasciare incompiuto: è la verità di come la nostra vita, se aderisce al Cristo, possa cambiare. E noi, se vogliamo, possiamo cambiare. In questo amore straordinario, in questo eccezionale perdono, proviamo l’ebbrezza di essere come Dio, “Perfetti” come lui: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (v. 48). Gesù chiede che il nostro cuore sia più generoso e, se riceve il male, sia capace di restituire non il dovuto, ma semplicemente amore. La grandezza d’animo sta nell’amare semplicemente, gratuitamente: questa è la vera ricchezza, sentirsi amati da Dio e amare come Dio.                            

Bibliografia consultata: D’Agostino, 2020.

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