Religione, Tu hai parole di vita eterna

di Il capocordata

La discussione tra Gesù e i Giudei nella sinagoga di Cafarnao si avvia alla conclusione. Per la settima volta i suoi interlocutori parlano, non direttamente a lui, ma tra loro: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” (v. 60). Un gruppo si staglia chiaramente, sono “molti dei discepoli di Gesù”, i quali non riescono a sopportare quanto sembra loro di capire nelle parole del Maestro. Dicono il suo discorso “duro”, impossibile da accettare.

L’agire autonomo del Maestro

Gesù “sa dentro di sé” (v. 61) che i discepoli mormorano tra loro. Anche prima della moltiplicazione dei pani Gesù sapeva quello che stava per compiere (v. 6). Da questa duplice nota emerge il sovrano distacco con cui Gesù agisce: egli percepisce le reazioni negative di molti discepoli, ma non ne è scosso o turbato. Egli si muove rivolto al Padre suo, senza dipendere dalle risposte di coloro che gli stanno attorno. Del resto un buon discepolo dovrebbe mettere sempre in conto l’eventualità che il Maestro dica cose per lui assolutamente nuove e sorprendenti, e non decida da sé cosa accettare e cosa respingere, prima di aver di nuovo chiesto a lui la soluzione ai propri dubbi. Altrimenti non è un buon discepolo, ritorna a essere uno che cerca il Maestro perché può usarlo, mangiare gratis i suoi pani.

La risposta di Gesù apparentemente non mira a risolvere il dissidio, anzi sembra lo renda più acuto, soprattutto all’inizio. Infatti dice che la ragione per cui si stanno scandalizzando è piccola in confronto alle prossime rivelazioni: “E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima?” (v. 62). Con questo egli intende forse la croce, occasione di scandalo ancora maggiore; oppure la glorificazione della risurrezione, che ai Giudei appare come una menzogna peggiore del precedente annuncio della risurrezione da parte di Gesù.

Egli prosegue poi con una affermazione che suona come invito: se lo Spirito dà vita e le mie parole sono spirito e vita, allora accoglietele nel loro senso spirituale, come pane che il Figlio dell’uomo vi sta dando, un pane che viene da lui e in lui mostra la sua verità.  “Ma tra voi vi sono alcuni che non credono” (v. 64). I discepoli sanno affidarsi solo a quanto essi, da soli, decidono sia giusto e vero, senza rendersi conto che così facendo credono secondo la carne. Credono e accolgono come veri dei principi che ritengono propri, senza rendersi conto che sono a loro esterni più di quanto lo siano le parole di Cristo.

La volontà del Padre e il giudizio del mondo

La conoscenza che Gesù ha di coloro che “non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito” (v. 65) non spegne in lui l’impegno a giocarsi la partita con tutte le sue forze, per vivere fino in fondo la volontà del Padre e mostrare così in se stesso e attraverso se stesso l’amore del Padre verso tutti gli uomini.

Anzi, egli vede in tutte le risposte degli uomini il dono che il Padre gli fa. In questo si nota il modo in cui l’evangelista Giovanni presenta lo scontro tra luce e tenebre: si avvicinano, si sfiorano, la luce rimane intatta e splende, e questa è la sua vittoria. “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (v. 44).

Si vede la reale importanza del farsi vicino di Cristo e dell’essere incontrati da lui. Non c’è ineluttabilità, c’è possibilità e occasione offerta: qui si riceve vita e la vera libertà. Alla domanda che Gesù fa ai Dodici (“Volete andarvene anche voi?” v. 67), Pietro risponde riconoscendo che le parole del Signore sono davvero quel pane vivo che lui dà, e che coincidono con lui: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (vv. 68-69).

Ascoltarle e accoglierle è credere in lui, è mangiare la sua carne e bere il suo sangue, in particolare quando si materializzeranno nel pane e nel vino eucaristici. E conclude riconoscendo in Gesù il Santo di Dio, per aver creduto e conosciuto (senza fede non c’è conoscenza) quanto Gesù ha rivelato di sé. E’ comunque sorprendente che la via per accogliere l’estrema materializzazione della rivelazione (la carne e il sangue di Cristo, da lui dati per essere mangiati), sia quella di riconoscere il lui il “Santo”, cioè il “Separato”, l’ “Ineffabile”, il “Trascendente”, colui che sta oltre ogni immaginare umano.

Un linguaggio duro

Che cosa ha di così duro e insopportabile il discorso pronunciato da Gesù sul pane di vita? Perché ha provocato questa reazione proprio tra i discepoli? Essi hanno capito le parole di Gesù, e in molti lo abbandonano proprio per questo. Egli aveva fatto chiaramente comprendere che mangiare la sua carne avrebbe portato con sé indissolubilmente il lasciarsi trasformare da Gesù fino a far diventare la propria vita un dono. Questo per molti ascoltatori diventa troppo: non se la sentono e lo abbandonano. La domanda provocatoria di Gesù agli apostoli “Volete andarvene anche voi?” (v. 67) conosce una risposta altrettanto forte e decisa di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (v. 68).

La parola di Dio che risuona per tutti richiede però una risposta personale alla quale non possiamo sottrarci. Non possiamo far finta di non aver sentito. Qui la distrazione non è solo mancanza di educazione, è già implicita risposta negativa: non mi interessa, il Signore non sta parlando a me, ma per gli altri. Lo sguardo del Signore invece si restringe a me.                                

Bibliografia consultata: Tosolini, 2018; Lameri, 2018.

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