Cronaca

Roma Due Ponti, uccisa a cena davanti alla famiglia: assassinata da uno sconosciuto

Eleonora Scroppo venne assassinata con due colpi di pistola da uno sconosciuto, rimasto tale, la sera del 9 ottobre 1998 nella sua casa a via dei Due Ponti. Alla scena erano presenti il marito e il più piccolo dei due figli.

Un delitto assurdo, una morte violenta, davanti ai familiari più stretti, un altro cold case. Così li chiamano i delitti irrisolti. Un omicidio avvenuto per una ragione che non s’è mai capita, forse per uno scambio di persona, il che rende ancora più assurda la morte di Eleonora Scroppo, 50 anni; la sera del 9 ottobre 1998; nella sua villetta su via dei Due Ponti, zona Cassia.

La donna stava tranquillamente cenando col marito, Stefano Ciampini e il figlio piccolo, quando un rumore assordante manda in frantumi i vetri della finestra, spaventando la famiglia. La donna reclina il capo, raggiunta da due dei 7 colpi sparati, mentre l’assassino si allontana di corsa nel viottolo davanti casa. A distanza di 25 anni quel delitto è ancora avvolto nel mistero. Chi poteva aver interesse a uccidere Elena?

Interrogativi inquietanti e senza risposta ci lasciano nella paura

Una serie di interrogativi si addensano nella mente degli inquirenti. Un bel rebus. Chi ha sparato conosceva certamente il posto. Voleva sterminare la famiglia o era rivolto solo alla donna? Sapeva che c’era un bambino e che potevano essercene due? Perché ha sparato 7 colpi, 5 dei quali finiti sui mobili e sulle pareti della cucina?  Poteva essere un vicino? Un pretendente rifiutato? Un killer che ha colpito la persona sbagliata? Succede purtroppo, nei delitti su commissione, che si ammazzi colui o colei che non c’entrano niente, una persona innocente. Tutte queste domande lasciano molta inquietudine e la cronaca nera è piena di interrogativi senza risposta.

Non sono pochi i casi di omicidi rimasti senza colpevole. A Roma se ne contano diversi. Come quello di Simonetta Cesaroni, il caso di via Poma, o quello di Antonella Di Veroli, l’omicidio dell’Olgiata, che venne risolto solo anni dopo, scoprendo per caso che era stato il domestico filippino della signora. Ma quello di Eleonora Scroppo è forse il più strano, forse il più vicino alle nostre paure più profonde. Morire a cena nella propria abitazione, con i propri cari in una serata qualunque e senza un perché.

Il momento dell’omicidio mentre si sta tutti a cena insieme

Per ironia macabra della sorte mentre sono a cena, col televisore acceso, c’è il telegiornale che parla dell’omicidio di Marta Russo. La studentessa assassinata nel maggio dell’anno prima a La Sapienza senza un movente. Si brancola nel buio per capire perché si è stroncato una vita. La nostra mente si rifiuta di credere che sia stato un gioco, una maniera per dimostrare che esiste il delitto perfetto. Quale perfezione? Se si ammazza sparando nel mucchio non è un delitto come gli altri, senza una ragione solo un folle può decidere di sparare sulla gente.

Un folle o una mente intrisa di valori insani, come quella di un assassino per caso. I delitti, di regola, non dovrebbero avvenire per caso. Vennero condannati per omicidio colposo l’assistente universitario di filosofia del diritto Giovanni Scattone, che aveva esploso il colpo e, per favoreggiamento, Salvatore Ferrero che lo aveva aiutato a liberarsi dell’arma. Si sono professati innocenti entrambi ma le prove a loro carico c’erano.

Perché togliere la vita a qualcuno, correndo il rischio della punizione, solo per dimostrare che si può uscirne indenni? Sembra tuttavia che quel delitto fosse proprio accaduto per questo.

La testimonianza del marito e lo schock successivo

La famiglia di assicuratori è a casa a cena. Il figlio grande è ancora con gli amici a una partita di calcetto, mentre il piccolo è a tavola coi genitori. Tra poco l’orologio segnerà le 20.30 ma Eleonora morirà prima. Due spari colpiscono la donna che muore sul colpo, altri si conficcano nei mobili, nelle pareti, nelle sedie della stanza. Lì per lì il marito non si rende conto di cosa sia successo. “Eravamo tranquilli quando all’improvviso è arrivato il primo colpo. Mia moglie ha piegato la testa e si è accasciata. Abbiamo pensato a un malore poi gli altri colpi, uno dopo l’altro in sequenza”. Un proiettile colpisce Eleonora alla scapola, un altro al petto. Uno schock. “Per un istante ho pensato che fosse esplosa la bottiglia d’acqua, poi ho visto mia moglie accasciarsi. Sembrava un film“, disse il marito.

Via Dei Due Ponti, villette a schiera, niente di lusso, residenziali piccolo borghesi

Via dei Due Ponti è una strada stretta, che parte dalla Cassia, all’angolo c’è una pizzeria, poi prosegue tra una fila di auto parcheggiate e muretti bassi che proteggono le aree residenziali. Al 225 un cancello con un acceso color azzurro è l’entrata dell’area dove vivono i Ciampini, marito, moglie e due figli maschi. Villette a schiera, niente di lussuoso, case modeste, di una piccola borghesia benestante. Com’è la Cassia in genere. Nel resto della zona c’è molto verde che circonda le abitazioni e le divide le une dalle altre. È facile nascondersi ma tuttavia non è che ci siano grandi spazi.

Uno sconosciuto armato corre dei rischi ma è buio, le persone sono chiuse nelle loro case, è l’ora di cena. Quante volte ci si rende conto di quell’ora fatidica per l’assenza di persone per strada e un traffico ridotto? Le città sono tutte così. Hanno i loro orari e quello della cena è un rito sacro. Forse l’unico momento del giorno, a parte la sveglia, in cui la famiglia si ritrova insieme. Un momento importante per scambiarsi pareri, novità, preoccupazioni. Quel momento viene infranto dagli spari dell’assassino.

Indagano sulla famiglia e sui vicini, tra cui anche una sorella di Eleonora

I Ciampini vivono da tempo lì e al piano di sopra ci abitano la sorella di Eleonora, Miranda Scroppo col marito e il figlio. La Polizia cerca una pista nella vita privata della vittima e della sua famiglia. Scoprono che Miranda aveva un ex marito, che dopo aver approfittato dei soldi dell’azienda di famiglia, un’agenzia assicurativa in via Flaminia, la Vida Srl, era stato scoperto con l’amante. Solite squallide storie, ma non c’entra niente con l’omicidio. Non emerge nessuna zona d’ombra sulla vita dei familiari, né su quella professionale. La cosa in sé è anche più preoccupante.

Perché? Chi è il cecchino? Il panico prende il sopravvento. Nel 2002 emerge una ipotesi che riguarda un vicino di casa. In particolare uno viene indagato ma non verrà mai rinviato a giudizio. Le liti condominiali a volte possono degenerare. Non sai mai cosa passa per l’animo e la testa della gente. Per cosa uno si possa sentire offeso. È vero, non c’era un buon clima tra vicini di casa, ma quando c’è?

Uno dei vicini non vedeva di buon occhio la famiglia Ciampini, sia perché secondo lui erano troppo rumorosi sia perché, possedendo quattro villette su sei, nel comprensorio, avevano sempre la meglio nelle questioni condominiali.

Si biasima tanto gli Stati e i Presidenti che scatenano guerre ma noi, in piccolo, nei nostri condomini, facciamo lo stesso. Bisognerebbe usare di più la testa e la pazienza e cercare le soluzioni non i conflitti. Forse è nella natura umana eliminare chi ci crea problemi ma non è una base buona per costruire una società di simili e non lascia presagire niente di buono per il futuro.

Un vicino viene sospettato, tutto sembra confermare il suo coinvolgimento

Il vicino, che fa l’attore e la Polizia denomina con L.B. aveva un alibi debole. Dichiara che quella sera era andato a ritirare i soldi al bancomat. Ma lo sportello non ha registrato nessuna operazione con la sua carta di credito. “Avevo dimenticato la tessera e sono tornato a casa” dirà a chi lo interroga in procura. Gli investigatori scoprono però che nei gironi precedenti L.B. avesse cercato di comprare una pistola. Senza pensarci troppo a questo punto il magistrato chiede i tabulati telefonici, scattano le intercettazioni, vengono installate le microspie. Proseguono gli interrogatori che durano ore.

Il caso sembra avviato alla conclusione: addirittura sembra che L. B. quella sera sia tornato a casa chiudendosi in uno strano silenzio. Tanto più che la dinamica dell’omicidio fa pensare che il cecchino sia una persona che conosceva l’ambiente nel quale si muoveva. La villetta infatti è all’interno di un comprensorio dal quale si entra da un cancello solitamente chiuso. Un intruso però avrebbe potuto calarsi dal tetto di una villa del comprensorio confinante, il 227 ma questa era solo un’ipotesi. Una donna dopo gli spari si è era affacciata ma non aveva visto nessuno, dunque il killer era fuggito immediatamente sapendo dove andare. Potrebbe essere rimasto nel comprensorio se era un vicino. Tutto giocava contro L. B.

Dopo 5 anni ci sarebbe un movente ma non ci sono prove

È vero, L.B. aveva dei risentimenti contro i Ciampini ma non risultano prove effettive che possano condannarlo e i sospetti cadono uno dopo l’altro, come frutta matura. Ci sarebbe il movente ma mancano le prove. Passano 5 anni e il Pubblico Ministero decide di fermarsi, ci sono solo delle possibilità, troppo poco per condannare una persona di un delitto. Caso archiviato. Non ci sono reperti utili, tracce evidenti, prove inconfutabili che L.B. fosse quella sera, arma alla mano, davanti alla finestra di cucina dei Ciampini. Non una testimonianza, non un indizio verificabile.

Allora chi ha assassinato Eleonora Scroppo, quella sera di ottobre del ’98? Chi ha avuto la forza di introdursi in un condominio, uccidere e dileguarsi senza lasciare tracce? Non lo sappiamo. Anche se non è detto che non lo possiamo sapere in futuro. La giustizia non si ferma mai.

Casi non approfonditi seriamente e rimasti senza un colpevole

Qualche tempo fa il giornalista del Corriere della Sera Fabrizio Peronaci si è occupato di questo e di altri cold case avvenuti a Roma nel libro Morte di un detective a Ostiense e altri delitti (edizioni Typimedia), dove passa al setaccio 13 omicidi rimasti irrisolti.

Due di questi, l’omicidio della Scroppo e il caso del giudice Paolo Adinolfi, uscito dal suo ufficio in Via della Farnesina e vittima della lupara bianca, accaduti entrambi negli anni ’90, restano due grandi gialli irrisolti di Roma Nord.

Secondo il giornalista il caso della Scroppo non è mai stato approfondito seriamente. È come se, sia a livello giudiziario che a livello mediatico ci fosse stata una scarsa attenzione: “Lo scorso anno sono tornato sul luogo del delitto e ho fatto una lunga chiacchierata con il marito della vittima; il signor Ciampini, che oggi non vive più lì, è ancora molto arrabbiato, si sente tradito dalla giustizia, teme che siano state fatte scelte sbagliate. Stefano crede fermamente che un colpevole esista ma che non abbia mai pagato per la morte della moglie.”

L’unica speranza è che chi sa prima o poi parli

Peronaci, come anche il marito della vittima, è convinto che si sarebbero dovute approfondire alcune piste, come quella dei rapporti della famiglia con il vicinato e pensa fermamente che qualcuno, come nella maggior parte dei casi di cronaca nera irrisolti, non abbia detto la verità. Va detto che anche L.B., il maggior indiziato, già abbastanza anziano all’epoca (ora avrebbe più di 90 anni), non vive più lì, essendosi trasferito all’estero.

L’unico appiglio che potrebbe convincere i magistrati a riprendere in mano il fascicolo è che qualcuno parli. Sarebbe necessario un testimone che si faccia avanti, qualcuno che ha visto o sentito qualcosa. Per 25 anni non sono usciti elementi che abbiano mai portato a prove concrete, a un movente certo. Quello che emerge dopo tutto questo tempo è che la verità storica non è stata scritta ma pare molto vicina mentre quella giudiziaria in mancanza di prove certe e inequivocabili deve fare un passo indietro”.

Carlo Raspollini

Autore e regista televisivo, responsabile marketing, consulente gastronomo e dello spettacolo, viaggiatore.

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